lunedì 30 marzo 2015

Pillola dei cinque giorni: un aborto senza la ricetta di R. Puccetti e P. Uroda, 29-03-2015, http://www.lanuovabq.it/


La pillola dei cinque giorni dopo
Il fatto: l'Aifa, l'ente nazionale italiano per il controllo sui farmaci, ha stabilito di seguire la decisione presa dall'Emea, l'omologo europeo, di dare il via libera alla dispensazione dell'ulipristal acetato (molecola nota al pubblico come pillola dei cinque giorni dopo) come prodotto da banco. Solo per le minorenni continuerà a servire la ricetta medica. Decade l'obbligo del test di gravidanza. 

Contro il cambiamento si erano espressi già il professor Boscia a nome dei medici cattolici italiani, il dottor Piero Uroda per i farmacisti cattolici, la ginecologa Emanuela Lulli, del direttivo di Scienza & Vita e il cardinale Sgreccia, già presidente della Pontificia Accademia per la Vita e fondatore del centro di bioetica dell'Università Cattolica. A ben vedere gli operatori sanitari cattolici avrebbero tutto da guadagnare a livello personale da una decisione del genere. Almeno per le maggiorenni, che costituiscono intorno alla metà delle richieste, svanisce la necessità per il medico obiettore di dovere spiegare le ragioni del rifiuto della prescrizione e il rischio conseguente di vedersi trascinato in spiacevoli conflitti mediatici e legali. Il farmacista vede allentarsi la pressione alla dispensazione a causa dell'assenza di prescrizione. Se ragionassimo in termini egoistici ci sarebbe da rallegrarsi. 

Ma noi non siamo quel genere di persone, siamo operatori sanitari obiettori sapendo i costi che la nostra scelta comporta, a partire dall'impopolarità, l'ostracismo e la denigrazione che dobbiamo sopportare in una società intossicata di presunti diritti. È proprio perché abbiamo la certezza di essere stati guardati e salvati nonostante le nostre miserie umane che ci sforziamo di guardare e salvare l'altro e per questo genere di cose non vi è necessità di ricorrere ad altro che alla buona scienza ed al buon uso della ragione. Abbiamo dato una scorsa ad alcuni commenti e, ci sia consentito, alcuni ci hanno lasciato basiti. Taluno ha tirato in ballo l'adeguamento dell'Italia a quanto già reso disponibile alle donne europee, quasi che si trattasse d'importare un oggetto di tendenza, una moda e non piuttosto di analizzare in modo serio proprio le esperienze delle altre nazioni. Forse che esiste un solo Paese dove la diffusione come prodotti Sop (senza obbligo di ricetta) dei preparati post-coitali abbia ridotto le gravidanze indesiderate e gli aborti? Lasciamo che si esprimano i membri Gruppo di lavoro Capri della Società Europea della Riproduzione (Eshre) che in un articolo sul prossimo numero di aprile della rivista Human Reproduction scrivono «Non è stato ancora possibile mostrare un beneficio a livello di salute pubblica della contraccezione d'emergenza in termini di riduzione dei tassi di gravidanze indesiderate». Quasi vent'anni di pillolandia e sono sempre al «non ancora dimostrato». In realtà qualcosa di dimostrato comincia ad esserci. 

La professoressa Karen Mulligan ha appena pubblicato la valutazione dell'impatto della liberalizzazione della vendita dei preparati ormonali post-coitali negli Stati Uniti rilevando che, contrariamente alle rassicuranti valutazioni precedenti condotte con un follow-up non superiore a un anno, ha condotto a un incremento dei rapporti sessuali a rischio e al conseguente aumento dell'incidenza d'infezioni a trasmissione sessuale senza alcuna riduzione del tasso di abortività. Un illustre professore ha affermato che l'ulipristal «agisce attraverso il rallentamento della liberazione del follicolo -come meccanismo principale- e perciò non può essere considerato un agente abortigeno sulla base delle attuali conoscenze». A parte il fatto che l'ovulazione non consiste nella liberazione del follicolo, ma della cellula uovo da parte del follicolo ovarico (quasi certamente un errore del giornalista), ci pare che l'affermazione sia almeno contraddittoria: se esiste un meccanismo principale, non vuole forse dire che non si escludono meccanismi secondari? E questo è esattamente ciò che riporta la scheda tecnica del farmaco, il documento avente valore legale: «Si ritiene che il meccanismo d'azione primario consista nell'inibire o ritardare l'ovulazione, ma alterazioni dell'endometrio possono altresì contribuire all'efficacia del farmaco». 

Per i non addetti ai lavori le alterazioni dell'endometrio sono quelle che possono impedire l'annidamento di un embrione eventualmente concepito. È dimostrato che quando l'ormone luteinizzante raggiunge il suo picco, l'efficacia dell'ulipristal come antiovulatorio decade ai livelli del placebo (Brache, 2010). Quando cioè le probabilità di concepimento sono maggiori, la molecola perde la sua efficacia antiovulatoria e tuttavia l'efficacia complessiva nell'impedire la gravidanza clinica si mantiene costante per assunzioni fino a cinque giorni dopo il rapporto. Tanto per dimostrare che chi scrive segue molto attentamente la letteratura scientifica, si segnala l'ultimo studio del gruppo del Karolinska Institutet volto a sostenere che l'ulipristal non agisce come abortivo. La differenza rilevata in vitro nella probabilità di impianto di embrioni umani su una matrice tridimensionale di endometrio è risultata del 70% quando veniva usato il placebo e del 50% quando i preparati erano incubati con ulipristal. Poiché la differenza era statisticamente non significativa, gli autori hanno formulato una sbalorditiva affermazione: la molecola «non influisce sulla vitalità embrionale e sul processo d'impianto dell'embrione». 

Cavolo, come faceva a risultare statisticamente significativa una differenza del 20% con un campione di solo 10 elementi per braccio sperimentale, vale a dire con una potenza statistica pari a solo un decimo di quella necessaria e incapace di evidenziare una differenza statistica per qualsiasi risultato? È come se si affermasse che non esistono batteri nel pus, perché non ne abbiamo visti usando il binocolo. È questo genere di pubblicazioni e d'interpretazione dei risultati che sono stati utilizzati per celare gli effetti abortivi. Siamo a livelli che in qualsiasi altro campo della medicina verrebbero rigettati come inaccettabili, ma che per magia vengono accolti come schiaccianti evidenze scientifiche quando si tratta di materia copulatoria. Lo hanno ammesso candidamente i protagonisti scientifici in un articolo di solo un anno e mezzo fa quando hanno esortato i colleghi ad «astenersi dall'esaltare i meccanismo d'azione pre-fecondativi per legittimare l'esistenza dei contraccettivi esistenti» (Raymond, 2013). 

È la seriale applicazione del doppio standard: i prodotti post-coitali agiscono anche dopo la fecondazione quando si tratta di esaltarne l'efficacia, ma agiscono con meccanismo solo anti-ovulatorio quando si tratta di renderli accettabili da chi ha problemi morali con l'aborto. Agiscono per 5 giorni quando si tratta di convincere della superiore efficacia prescrittori e utilizzatrici, ma devono essere assunti nel più breve tempo possibile quando si vuole pressare il farmacista a violare la propria coscienza. Lo abbiamo scritto già in passato ed oggi lo ripetiamo: non cederemo mai, in scienza e coscienza.

lunedì 23 marzo 2015

«W l'amore». Ecco il modello Emilia-Romagna per la rieducazione dei bambini al gender di Andrea Zambrano, 23-03-2015, http://www.lanuovabq.it/

Lezione a scuola

L'ideologia gender prosegue la sua marcia inarrestabile nella formazione di una nuova antropologia. E lo fa con i soldi pubblici e con il cavallo di Troia dello spauracchio delle malattie sessualmente trasmissibili. La paura di contrarre l'Aids è il concetto cardine attraverso il quale le scuole statali iniziano ad anticipare gender theory, omofobia, aborto e preservativo già dalle scuole medie, abbassando l'asticella dell'informazione sessuale dalle Superiori alle Medie. Peccato che anche in questo caso i genitori siano completamente impotenti. Anche perché a proporre una rivoluzione antropologica a suon di omofobia sono addirittura le Asl, che grazie all'autorevolezza scientifica di cui godono possono essere utilizzate dalle lobby gay per introdurre tra i banchi l'ideologia relativista secondo cui l'amore non è altro che un coacervo di sentimenti ed emozioni che vanno assecondati a seconda delle sensazioni.

È il caso dell'opuscolo “Viva l'amore”, un libretto che la Regione Emilia Romagna ha promosso all'interno del XV Programma per la prevenzione e la lotta all'Aids. E poco importa se nelle oltre 150 pagine del libretto in uso ai docenti e rivolto ai ragazzi, di Aids si parli in poche sole pagine. Tutto deve servire a portare acqua al mulino della gender strategy. Come?

Presentando i cambiamenti adolescenziali come assolutamente neutri. E sottoponendo i giovani alle sperimentazioni. Il tutto mentre Papa Francesco ribadisce che «con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio, gli orrori delle dittature li abbiamo visti nelle grandi dittature genocide del '900 e costringono i ragazzi a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico».

Qui non ci sono esperimenti scientifici a fare da corollario a idee genocide, ma teorie che la Scienza non ha mai fatto sue sulla natura dell'uomo che a seconda del contesto può sentirsi maschio o femmina. La sperimentazione parte dalla rossa Emilia, che gode di un blocco ideologico forte che va dalla politica, attraverso la Regione, la quale sceglie i vertici e quindi le indicazioni sanitarie alle scuole complici e distratte.

Attualmente le Asl coinvolte nel progetto e che hanno adottato l'opuscolo sono tre: Forlì, Reggio Emilia e Bologna. Presto si aggiungerà Modena. Ma durante il corrente anno scolastico 2014-2015 a “godere” dell'educazione sessuale di “Viva l'amore” sono circa 800 studenti delle Medie. E a Reggio è stato sperimentato alla Media Leonardo da Vinci mentre lo scorso anno è stata la volta della Media Fermi, che però non ha rinnovato il progetto non essendo rimasta soddisfatta. Qualche genitore ha protestato perché la sessualità viene presentata come un qualcosa di cui approfittare. L’iniziativa era stata presentata come gratuita a differenza delle altre proposte. Per forza, è stata finanziata coi soldi della Regione. Ed è anche per questo che il vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca ha benedetto la nascita in diocesi del primo Osservatorio sul gender a scuola, gestito dal Forumfamiglie e dall'Age per monitorare e denunciare il pericolo di indottrinamento delle masse giovanili.

Alcuni genitori hanno informato la Nuova BQ. I loro nomi non sono pubblicabili perché identificherebbero i figli minori, costringendo i ragazzi ad essere nel mirino di ritorsioni e vendette. Quindi ci facciamo carico noi di questa protesta, denunciando un sistema che, se la sperimentazione dovesse avere buoni frutti (chissà con quali criteri verrà effettuata la valutazione?), potrebbe diffondersi già dal prossimo anno a macchia d'olio. Con un ulteriore dispendio di soldi pubblici, cioè nostri.

L'opuscolo è stato tradotto da un'equipe di professionisti delle Asl dall'originale edito nei Paesi Bassi Soa Aids Nederland e Rutgers Wpf ed è promosso dalla Regione Emilia Romagna dove tra i banchi della Maggioranza siedono anche parecchi cattolici in quota Pd.

La sessualità? «Esprime l'aspetto fondamentale dell'essere umano e comprende il sesso, le identità, l'orientamento sessuale e i ruoli di genere. Viene sperimentata ed espressa in pensieri, fantasie, desideri, scelte, convinzioni, atteggiamenti, valori, pratiche e relazioni». Che cosa manca? Il protagonista del titolo, cioè l'amore. Che evidentemente non è funzionale.

La masturbazione? «È uno dei modi per conoscere il proprio corpo e provare piacere». Completamente assenti le ricadute psicologiche in termini di autostima per i ragazzi mentre la mano che illustra il capitolo fa capire che l'obiettivo è quello di presentare una sessualità sganciata dalla relazione, un ripiegamento fine a se stesso, per il piacere. Come la Nutella, che però non crea problemi di autostima.

E se rimani incinta? Nessun problema, c'è l'aborto, si legge a pagina 131 dove è evidente che la vera malattia da cui ci si deve difendere non è l'Hiv, ma la gravidanza. 

Molto, moltissimo spazio è dedicato ai contraccettivi. Si scopre che il vantaggio della pillola è la sua comodità, mentre l'unico svantaggio è che «potresti dimenticarti di prenderla tutti i giorni», ovviamente tralasciando le conseguenze sul corpo della donna per l'uso prolungato della pillola. Poi ci sono l'anello e il cerotto, che ha come vantaggio il fatto che ci devi pensare solo una volta alla settimana, ma ahimè ha come controindicazione il fatto che sia antiestetico dato che «può essere visibile». 

Tralasciamo le pagine in cui si spiega come si infila un preservativo. Giova solo ricordare che il saggio educatore prevede che esso però possa rompersi. E allora che si fa? «In questo caso si può ricorrere alla pillola del giorno dopo, cioè ad un contraccettivo d'emergenza».

Inutile aggiungere che la gran parte delle pagine è rivolta all'orientamento sessuale. Che cosa c'entra con la lotta all'Aids promessa nell'incipit? Non si sa, però è chiaro che il libello sa bene che cosa vuole far capire ai bambini, i quali a quell'età di solito fanno a gara per avere la figurina di Tevez doppia per poterla scambiare con dieci giocatori del Genoa. «Spesso ci vuole un po' di tempo per capire se si è attratti dai ragazzi o dalle ragazze o da entrambi». Già, giusto il tempo che serve perché qualcuno si presenti in classe con “Viva l'amore”. E ancora: «Si calcola che la popolazione non eterosessuale nel mondo sia compresa tra il 5 e il 10%. Non in tutti i Paesi si può esprimere o vivere apertamente l'omosessualità». Primo messaggio politico al futuro elettore. Quand'ecco che zac! «In Italia non è possibile né il matrimonio né l'adozione per le coppie omosessuali». Secondo messaggio occulto. Il bambino capirà, non appena avrà staccato dalla cameretta il poster di Cr7.

Emerge un essere umano in balia di sé, succube delle emozioni e in preda ai pensieri estemporanei sganciati dal dato biologico. Un uomo in formazione al quale viene detto che l'amore non è altro che un «provare un sentimento forte per una persona e desiderare di stare sempre con lei», ben sapendo che il modo più trendy per farlo è la bisessualità presentata come variante assolutamente neutrale. 

La vita che nasce da una gravidanza? Un problema da evitare. E se qualcosa va storto? Ma quali genitori! Cercate un operatore esperto di cui fidarsi. L'amore come incontro nella diversità tra uomo e donna che sprigiona un potenziale generativo? Vintagerie del passato. Adesso ci sono gli stereotipi di genere, spiegati magistralmente a pagina 27: «Rappresentazioni di come dovrebbero essere i maschi e le femmine. Cosa non può fare una donna? Cosa non può fare un uomo? Cosa fa meglio una donna e cosa fa meglio un uomo?». Tutto questo adesso va abbattuto. Perché non è vero che le ragazze sono più brave a scuola, ma non capiscono la matematica. Però è vero, e dimostrateci il contrario se ci riuscite, che in sala parto l'uomo è sempre quell'essere inutile, che il più delle volte mette agitazione e ansia. Salvo poi piangere come un pulcino appena la vita si presenta visibile all'appuntamento.

Benvenuti nella nuova era della rieducazione forzata garantita dal protocollo sanitario e pagata coi nostri soldi.

lunedì 16 marzo 2015

«Nozze gay diritto umano», Giovanni Maria Del Re, 13 marzo 2015, avvenire.it




È stata approvato ieri a larghissima maggioranza, con 390 sì, 151 no e 97 astensioni, durante la plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo il “Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo 2013 e la politica Ue in materia” preparato dall’eurodeputato del Pd Antonio Panzeri, incluse le sue parti relative all’aborto e alle unioni omosessuali che avevano suscitato le dure proteste del network del movimento della vita. Il rapporto – che peraltro ha parti molto positive, con la dura condanna della persecuzioni delle minoranze religiose e in particolare di quelle cristiane nel Medio Oriente – è stato approvato completo del paragrafo 136, che invano i Popolari avevano cercato di stralciare. Un paragrafo in cui si parla esplicitamente del «diritto all’aborto», diritto che peraltro non è contemplato in alcuna Carta o convenzione internazionale, né europea né Onu. 


Non basta, il rapporto – destinato a occuparsi della situazione dei diritti umani fuori dall’Ue – contiene anche un altro paragrafo, il 162, nel quale si «incoraggiano le istituzioni Ue e gli Stati membri a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento dei matrimoni omosessuali e delle unioni dello stesso sesso come questione politica, sociale e di diritti umani e civili». Materie, quelle dell’aborto e del diritto di famiglia, che in realtà è di stretta competenza degli stati nazionali, come ha rilevato l’eurodeputato del Pd di area cattolica Luigi Morgano: «Ancora una volta, ideologicamente – ha tuonato – si è voluto utilizzare questo importante appuntamento annuale, che peraltro contiene una serie di punti positivi, per “forzare” i Trattati e suggerire, o meglio affermare, a livello europeo l’aborto come diritto umano, nonostante il principio di sussidiarietà stabilisca che più materie, come il diritto di famiglia, siano di competenza nazionale». L’area cattolica del Pd ha votato contro questi due paragrafi, tuttavia alla fine, sull’intero rapporto gli unici a votare contro sono stati lo stesso Morgano e Damiano Zoffoli, per il resto il Pd ha votato sì.

Per parte loro i Popolari hanno ottenuto almeno una piccola vittoria simbolica: e cioè la soppressione di un altro paragrafo (con il pieno sostegno del gruppo dei Socialisti e democratici), in cui si esprimeva una netta condanna per il referendum svoltosi in Croazia, che limita l’istituto del matrimonio alla sola unione di uomo e donna, così come a analoga consultazione (però fallita) in Slovacchia. A fare fuoco e fiamme sono stati eurodeputati croati di vari schieramenti, non solo popolari, che sono riusciti a ottenere così anche il sostegno del gruppo dei Socialisti e democratici. L’emendamento è infatti passato con 388 sì e 229 no. 

Come da indicazione data prima del voto, comunque, visto che non è passato l’emendamento che avrebbe cassato il riferimento al diritto all’aborto, i popolari hanno votato compatti «no» all’intero rapporto Panzeri. Nessun sì, questa volta, le uniche “defezioni” sono state le astensioni di Barbara Matera (Forza Italia) e dell’altoatesino Herbert Dorfmann (Südtiroler Volkspartei). 

Val la pena ricordare, comunque, che il rapporto votato ieri, al pari di quello di Marc Tarabella (con analogo riferimento al “diritto all’aborto”) votato in aula martedì, sono testi che non hanno alcun valore giuridico, vincolante. Le indicazioni e le “raccomandazioni” agli Stati sono puri inviti che i paesi non sono in alcun modo tenuti a seguire. Né questi testi spianano la strada a direttive o regolamenti Ue.
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Il Parlamento UE e i diritti dei bambini, Un triste giorno per i diritti dei bambini, al Parlamento europeo, 13/03/2015, http://www.notizieprovita.it/

UE_bambini_famiglia
Ieri, 12 marzo era la Giornata dei diritti del fanciullo.

I bambini hanno diritto a speciali cure ed assistenza in base alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: il “migliore interesse dei bambini” deve essere la base di partenza e il fine “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi”, secondo la Convenzione sui diritti del fanciullo.

Tuttavia, il Parlamento europeo ha adottato la sua relazione annuale sui diritti umani nel mondo di oggi, la cosiddetta relazione Panzeri, che minaccia il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre.

La risoluzione  ”incoraggia le istituzioni dell’UE e gli Stati membri a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso come questione di diritti politici, sociali, umani e civili” (punto 162 del progetto di relazione ).

Anche se la questione della filiazione, dell’adozione e della maternità surrogata non sono presenti nel testo attuale, l’evoluzione della normativa in diversi Stati membri mostra chiaramente che c’è una profonda confusione sociale e giuridica per quanto riguarda il legame necessario tra un bambino e  suo padre e sua madre.

Il testo adottato promuove anche il “diritto all’aborto”, tra i diritti inalienabili delle donne e delle ragazze,  mentre la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione stabilisce che “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata” e che “Ogni individuo ha diritto alla vita”.

I diritti umani sono universali, ma il Parlamento europeo ha dimostrato incoerenza su ciò che è la dignità umana.

L’Ue approva il “rapporto Tarabella”: «Ora che l’aborto è un diritto, è a rischio l’obiezione di coscienza», Marzo 12, 2015 Benedetta Frigerio, http://www.tempi.it/

Manifestazione donne No-Tav a Torino
E oggi sarà votato il “rapporto Panzeri” per annoverare il matrimonio omosessuale tra i nuovi diritti. Intervista a Tommaso Scandroglio, docente di etica e bioetica a Roma
Manifestazione donne No-Tav a TorinoLe donne avranno «il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto». Così il Parlamento europeo ha fatto martedì dell’aborto un «diritto fondamentale delle donne sul proprio corpo». Senza dimenticare che oggi sarà votato anche il “rapporto Panzeri” per annoverare anche il matrimonio omosessuale tra i nuovi diritti*, Tommaso Scandroglio, docente di etica e bioetica all’Università Europea di Roma, spiega a tempi.it le conseguenze dell’approvazione del “Rapporto sull’eguaglianza tra donne e uomini nell’Ue-2013”, noto anche come “rapporto Tarabella”, dal cognome dell’eurodeputato belga che lo ha presentato. 
Cosa succederà ora che il parlamento europeo ha votato una risoluzione in cui l’aborto è considerato un diritto?
Che il Parlamento europeo dovrà dotarsi degli strumenti per rendere effettivi i contenuti del rapporto, spingendo se stesso a legiferare o ad adottare un altro strumento normativo per intervenire concretamente in materia.
Cosa accadrà in Italia e negli altri Stati europei?
L’ala contraria all’approvazione del “rapporto Tarabella” è riuscita a far passare un emendamento che ribadisce le ragioni per cui il provvedimento precedente e simile, il “rapporto Estrela”, venne bocciato: in materie legate alla vita, al matrimonio e alla famiglia in generale, la competenza legislativa è solo degli Stati. Anche se resta preoccupante il fatto che l’Europa sia in possesso di uno strumento legislativo e amministrativo con cui può fare pressione in questo senso sugli Stati.
Cosa intende?
Al di là di quello che succederà, normativamente parlando, è la prima volta che l’aborto in Europa viene definito formalmente e in modo così esplicito come un diritto. Così come scrive anche il “Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo 2013 e la politica Ue in materia”, che proposto dall’eurodeputato italiano Pier Antonio Panzeri sarà votato oggi. Quarant’anni fa l’aborto era un reato, poi, nella coscienza collettiva, venne tollerato come una condotta illecita ma che non doveva essere sanzionato. Si è poi passati alla totale indifferenza, per cui non veniva neppure percepito come un male. Finché ieri è diventato un diritto.
Cosa accadrà all’obiezione di coscienza?
La nostra legislazione abortista parla del dovere di fornire l’aborto a chi lo richieda, di fatto sancendo un diritto ma prevedendo anche l’obiezione di coscienza. Dunque, se l’aborto diventa un diritto, dal punto di vista giuridico, non dovrebbe cambiare nulla, ma politicamente parlando le conseguenze sono enormi. Se poi, come si legge anche nel rapporto Panzeri, l’aborto diventasse addirittura un diritto fondamentale, l’obiezione di coscienza non sarebbe più ammissibile. Mi spiego con un esempio: il diritto alla vita è un diritto fondamentale, motivo per cui in caso di pericolo della stessa un medico ha il dovere di intervenire per tutelarla. E mai ci si potrebbe astenere dal compimento di questo dovere eccependo l’obiezione di coscienza. Per l’aborto accadrebbe lo stesso: se fosse considerato un diritto fondamentale dovrebbe essere garantito sempre, senza eccezioni.
Cosa aggiunge “il rapporto Panzeri” a quello appena approvato?
Nel “rapporto Panzeri” l’aborto, oltre ad essere presentato come diritto fondamentale, viene chiamato in causa come panacea di tutti i mali, persino del «femminicidio». Inoltre, si parla del “matrimonio” fra persone dello stesso sesso e delle unioni civili addirittura come di diritti «umani». Il rapporto, poi, tira la giacchetta alla Croazia per aver approvato il divieto costituzionale al matrimonio omosessuale, così come alla Slovacchia che ha provato a fare lo stesso e alla Macedonia dove è in itinere un disegno di legge simile. Si dice che un tale divieto sia discriminatorio e offensivo nei confronti delle persone con tendenze omosessuali. Un giudizio molto grave, che, sul piano giuridico, travalica la competenza degli Stati.
Nel giro di poco più di un anno si è passati dalla bocciatura del “rapporto Estrela” all’approvazione del Tarabella con ben 441 favorevoli, 205 contrari e 52 astenuti.
Non solo, l’Italia ha fatto l’en plein con il 77 per cento degli eurodeputati favorevoli che hanno superato la media europea (63 per cento). In totale, su 73 italiani, i favorevoli sono stai 54, i contrari 13, gli astenuti 3 e sempre 3 i non votanti. Persino i cattolici del Pd hanno votato a favore della risoluzione nel suo insieme mentre ad astenersi sono stati solo Morgano e Zoffoli. Ma anche il Ppe si è spaccato malgrado l’indicazione contraria.
Com’è potuto passare un rapporto che va contro le stesse norme europee sulle materie di competenza legislativa dell’Ue?
La logica purtroppo si ferma dove comincia l’ideologia. Hanno capito che basta insistere. Poco importa se il Rapporto Estrela fu bocciato, chi porta avanti queste battaglie non si demoralizza, ma alza l’asticella, sapendo che prima o poi vincerà: prima fanno pressing, poi cambiano il linguaggio, poi introducono piccoli provvedimenti. Così, un passo alla volta, si sono presi tutto il terreno. Fino a procedere a una velocità che è sotto gli occhi di tutti. 
@frigeriobenedet
* Aggiornamento: L’Europarlamento ha votato a favore del riconoscimento delle unioni civili e del matrimonio tra persone dello stesso sesso considerandolo come un diritto umano.  L’Unione europea – si legge in una relazione approvata con oltre 390 voti a favore, 151 no e 97 astensioni – incoraggia le istituzioni e i governi a contribuire ulteriormente alla riflessione su questo tema.

martedì 10 marzo 2015

Eterologa, così diventeremo una "bio-colonia" di Luigi Santambrogio, 08-03-2015, http://www.lanuovabq.it/

Il mercato della vita sulla fecondazione assistitaA dieci mesi dalla sentenza della Corte costituzionale che decise la fecondazione assistita gratis e senza limiti per tutti, che resta di quella che per la neo sinistra gender sembrava addirittura un’emergenza nazionale? Quante coppie hanno potuto sperimentare lo scambio di gameti e ovociti graziosamente offerti da donatori e donatrici di fertilità e felicità? Le cifre sono impietose e dovrebbero pesare come pietre sulla cattiva coscienza di politici e governatori regionali che l’estate scorsa, tranne Roberto Maroni in Lombardia, hanno fatto a gara a chi la sparava più grossa. Mentivano sapendo di mentire quando promettevano alle coppie interventi immediati ed esenti da ticket. Regioni ribelli pronte al loro federalismo bioetico, centri medici privati a offrire assistenza alle coppie anche in clandestinità, ministri che prima annunciano una legge e poi lo ritirano.  Alla fine, nessun ospedale pubblico italiano, salvo in un solo caso, ha cominciato il trattamento: i soldi per garantire gratis l’eterologa non ci sono mai stati e non tutte le donne che ne hanno fatto richiesta potranno mai accedervi, nemmeno a pagamento.

Nel settore della fecondazione eterologa il gioco della domanda e dell’offerta risulta sballato: la prima c’è, ed è grande, l’altra manca del tutto. Dunque, dicevano giudici e politici, bisogna intervenire per ristabilire le regole, eliminare le storture dello scambio ineguale e ristabilire le priorità dei diritti e dei desideri. Il problema è l’assenza di donatrici, ma non è l’unico. Per trovare donne disposte a donare i propri ovuli (sottoponendosi a pesanti trattamenti ormonali e a un intervento chirurgico per il prelievo), bisognerebbe riconoscere loro un premio in denaro. Senza lo stipendio alle donatrici, non restano che i centri di riproduzione esteri, una soluzione che va per la maggiore, anche tra i privati. Ma questa è sola l’altra faccia di una medaglia già del tutto svalutata. Chi, infatti, in tale deregulation del bio-mercato controllerà che non vengano commesse mostruosità etiche e giuridiche o che sia messa in pericolo la vita di donne e nascituri? E che non dilaghi una nuova forma di sfruttamento biologico delle donne più deboli e indigenti? Nessuno, tantomeno la magistratura che ha innescato la prima onda dello tsumani legislativo, sancendo il diritto del figlio a ogni costo.  

Così l’Italia rischia davvero di diventare una “bio-colonia” per società estere e centri specializzati di fecondazione assistita che decidono di aprire filiali anche nel nostro Paese. Facendo concorrenza ai già numerosi centri privati che già la praticano per non meno di quattro-seimila euro. A Milano ha appena aperto un ambulatorio spagnolo: l’Institut Marquès, estensione dell’omologa clinica di Barcellona, alla quale si rivolgono duemila coppie italiane all’anno. L’istituto, informa il Corriere della Sera,  «offre un programma chiamato Just for transfer che prevede lo svolgimento in città delle visite mediche, delle ecografie di controllo e soprattutto del congelamento del campione di seme che viene spedito al laboratorio di Barcellona, dove sarà poi fecondato con gli ovociti donati dalle spagnole». Così le pazienti dovranno recarsi a Barcellona, solo per poche ore, per il trasferimento degli embrioni. Il sito invita l’aspirante mamma a considerare la convenienza dell’offerta: «Considera che se esegui il trattamento nella nostra clinica di Milano puoi viaggiare e tornare da Barcellona il giorno del transfer e non c’è bisogno di passare la notte in un hotel», si legge. «Secondo i nostri ultimi studi, il riposo dopo il transfer non è necessario né aumenta le possibilità di gravidanza. Per questo, puoi volare al mattino da Milano o qualunque altra città e tornare comodamente a casa la sera, con voli diretti a meno di 100 euro». Facile immaginare che altre cliniche estere vorranno seguire l’iniziativa spagnola. La libera circolazione europea degli ovuli è appena iniziata. 

Non solo. Tra gli effetti “nefasti” della sentenza della Corte è il diffondersi di tecniche riproduttive, strampalate, eticamente inaccettabili e comunque pericolose che hanno già avuto il loro esordio all’estero.  Come l'egg freezing, la maternità ritardata attraverso il congelamento degli ovociti: una volta prelevati, congelati e custoditi in appositi contenitori refrigerati, mantengono intatte le rispettive proprietà e restano “giovani”, disponibili per essere scongelati, fecondati, e trasferiti nell’utero come embrioni. Oppure il social egg freezing a titolo solidale. É una tecnica di crioconservazione degli ovociti che permette il congelamento dei gameti femminili prelevati in età fertile, in attesa che le condizioni, sociali, economiche oppure di salute le consentano di progettare una gravidanza “sostenibile”. É quello che ha proposto la Apple alle sue dipendenti come benefit aziendale. Conservare gli ovuli in freezer costa dai 3 ai 5mila euro, ma il congelamento verrebbe regalato a quelle giovani donne disponibili a donarne la metà alle coppie infertili. A Milano il San Raffaele s’è detto già pronto allo scambio solidale, mentre la Regione Toscana sta studiando attentamente la pratica.  Altre possibilità: il gametes crossing, l’incrocio di gameti donati gratuitamente e in modo anonimo, o anche l’egg sharing: la condivisione degli ovociti, come si fa con le macchine per risparmiare benzina e abbattere lo smog. 

Ecco, se per gli ermellini della Corte, la fecondazione assistita, eterologa o no, doveva essere un diritto, quel che ne è sortito di conseguenza è  solo uno sgangherato supermarket della vita in provetta, con scambi di spermatozoi e ovuli senza nessuna garanzia sulla sicurezza e tracciabilità della procedura e senza regole per donatori e riceventi. Le invocate discriminazioni sono solo maschere e pretesti: sotto c’è l’arroganza di una minoranza sociale di elevare a diritto universale ciò che non lo è, come non sono diritti il matrimonio omosessuale, l’abolizione delle differenze sessuali e le altre pretese della fantasia arcobaleno e dell’ideologia gender. Ma lo sapevano fin dall’inizio che sarebbe finita in malo modo, eppure hanno giocato in modo irresponsabile sul dramma di tante coppie, mentendo solo per coltivare gli interessi della loro botteguccia politica. Certo, l’educazione alla consapevolezza che la genitorialità è svincolata dal concepimento e che l’impossibilità ad avere figli non è una malattia, sono cose troppo grandi per pretenderle dalla politica o dalla magistratura. Ma che almeno la smettano di truccare cinicamente le carte. 

lunedì 9 marzo 2015

Il ragazzo curato a ormoni per diventare ragazza Ecco a quali inferni arriva l'ossessione gender di Roberto Marchesini, 09-03-2015, http://www.lanuovabq.it/

Ritratto di un ragazzo diventato ragazza di Sara  Whong“Così aiutiamo nostro figlio 15enne diventare una ragazza” è titolo di un articolo comparso qualche giorno fa sul Corriere della Sera. Racconta l’odissea di due genitori, Massimo e Rita, davanti alla confessione del figlio tredicenne che quando aveva otto anni si sente una ragazza nel corpo di un ragazzo. «Non ce la faccio più», scrive il ragazzo, «a sognare ogni notte al femminile e poi a svegliarmi non essendolo». Ecco fino dove può arrivare l’ideologia di genere. 

Non amo commentare vicende che non mi riguardano, soprattutto quando non conosco bene le persone coinvolte e sono delicate come questa. Ci sono però altre osservazioni che si possono fare a proposito di questo articolo. Partiamo dal titolo, e chiediamoci: davvero è possibile che un ragazzo diventi una ragazza? No, non è possibile. Il nostro sesso è determinato fin dal momento del concepimento: se il papà lascia il cromosoma Y siamo maschi, altrimenti siamo femmine, che ci piaccia o no. Non importa se ci sono due cromosomi Y, o un cromosoma Y e due X: se c'è il cromosoma Y siamo maschi, punto. E non è questione di organi genitali: siamo maschi o femmine in tutto il nostro corpo, perché ogni cellula del nostro corpo ha quel benedetto cromosoma. Possiamo mutilarci, possiamo aggiungerci appendici siliconiche in ogni parte del corpo, depilarci, limarci la mascella e sottoporci a qualsiasi altra tortura, ma resteremo maschi. Senza genitali, magari, con protesi sul petto, ma sempre maschi. Quindi non è possibile che questo ragazzo diventi una ragazza. Qualcuno ha mentito ai genitori e a lui. Ma ovviamente le conseguenze del loro progetto saranno tutte esclusivamente di questa famiglia, nessuno le dividerà con loro. Quali conseguenze? Consiglio di leggere il libro di Walt Heyer (ex transessuale) intitolato Paper genders. Il mito del cambiamento di sesso (Sugarco 2013) per averne una idea; oppure la vicenda di Nancy Verhelst (clicca qui); o anche la (definitiva) opinione del dottor McHug (clicca qui)  

Passiamo ora ad una seconda questione. Questo ragazzo (“Irene”) verrà sottoposto a trattamenti molto violenti perché afferma di essere una ragazza in un corpo di un ragazzo. Ok, fermiamoci un istante. Irene ha i genitali maschili e una conformazione fisica maschile; quindi, alla vista, appare un maschio. La medicina afferma che è un maschio. Ma afferma di essere una ragazza in un corpo di ragazzo. Può dimostrare di avere un'anima femminile? No. C'è modo di vedere quale sia il sesso della sua anima? No. Immaginiamo (mi è accaduto realmente) che incontri un uomo che afferma di avere un'anima angelica in un corpo umano. Nessuno può vederlo, ma egli è un arcangelo imprigionato in un corpo umano. Cosa penseremmo? Gli crederemmo? Prenderemmo seriamente le sue parole, al punto da impiantargli un paio d'ali? Il suo dramma finirebbe sul blog del Corriere della Sera? Eppure egli afferma le stesse cose che afferma “Irene”, con la differenza che “Irene” è un ragazzino, mentre l'altro un uomo adulto, che lavora ed è inserito in parrocchia. Dunque: perché “Irene” sarà sottoposta a quei trattamenti?

Semplice: a causa dell'ideologia di genere. É l'ideologia di genere che ci fa credere una cosa assurda, cioè che sia possibile “cambiare sesso”. Si chiama ideologia proprio per questo. È l'ideologia di genere che ci fa credere che un ragazzino di quindici anni sia qualcosa di diverso da quello che tutti possono vedere (e la scienza può dimostrare). È l'ideologia di genere che mette queste storie sul blog del principale quotidiano nazionale. È a causa dell'ideologia di genere che “Irene” verrà sottoposta a trattamenti degni del dottor Mengele. Tra l'altro: non ci hanno insegnato ad inorridire e a sdegnarci quando leggiamo che nel secolo scorso dei luminari della medicina sottoponevano le persone con tendenze omosessuali a trattamenti ormonali? Nel loro caso è una tortura, nel caso di un ragazzino quindicenne è una bella cosa? Sarebbe più facile credere a Michael Jackson rapito dagli alieni, piuttosto che ad un ragazzino il quale dice di essere una cosa diversa da quello che tutti vedono, non può dimostrarlo, ma tutti gli credono ugualmente.

Sembra un incubo, vero? Ma come è possibile? Non dimentichiamo l'alleato più forte dell'ideologia di genere, l'alleato migliore di qualsiasi ideologia: il conformismo. Nel 1956 lo psicologo Solomon Asch condusse un celebre esperimento. Il protocollo prevedeva che si radunassero in una stanza 8 soggetti, dei quali 7 erano complici dello sperimentatore. Al gruppo veniva mostrato un cartoncino con tre linee di altezza decrescente, accanto ad una linea solitaria alta quanto la prima delle tre linee. Veniva loro chiesto di indicare quale linea del gruppo di tre avesse una lunghezza uguale a quella solitaria. I sette complici rispondevano sempre in maniera errata; così come il vero soggetto, che rispondeva (quasi) sempre adeguandosi al gruppo. Oggi tutti credono ad un angelo senza ali per adeguarsi ai complici dello sperimentatore. “Irene” non è l'unica vittima dell'ideologia di genere; lo è anche la nostra intelligenza, la nostra dignità, e il destino della nostra società.

mercoledì 4 marzo 2015

Gender, omosessuali, omosessualismo: chiariamoci le idee, 3.3.2015, http://www.notizieprovita.it/

gender
Una gentile lettrice ci invia il seguente commento :

“Teoria del gender” è il nome che avete dato a un nemico immaginario. Usate il tipico “argomento dell’uomo di paglia”, ben noto in logica informale e in retorica: fornire una rappresentazione falsa e deformata delle idee dell’avversario per poterle confutare meglio. In nessuna scuola italiana, infatti, si tengono corsi dai contenuti istericamente descritti dalla madre nel video. La vostra è una strategia argomentativa disonesta, un po’ come quando si diceva che i comunisti mangiavano i bambini. Ma è una tecnica che vi si sta ritorcendo contro, perché la gente (almeno, la maggior parte) non è stupida e riconosce le manipolazioni. È inoltre riduttivo dire che il video ha fatto infuriare “il mondo LGBT”. Io non sono LGBT, e nemmeno la maggior parte delle persone che trovano questo video disonesto e grottesco.” (Lettera firmata)  


Ringraziamo questa signora perché ci dà l’opportunità di chiarire questi dubbi, convinti come siamo della sua buonafede.

Ebbene, l’origine della “teoria del genere” (gender) risale agli inizi del 1900, quando Magnus Hirschfeld, un medico berlinese, pubblica il libro “Die Trasvestiten” inaugurando la categoria del travestitismo, ipotizzando già di sostituire la “fittizia” divisione binaria dei sessi con un continuum cambiabile. La prima operazione di cambiamento di sesso venne svolta proprio sotto gli occhi di Hirschfeld .

Si trattava di un pittore olandese trasformato in donna (da Einar Mogens Wegener a Elbe) dopo cinque operazioni in 2 anni. Il quinto intervento si concluse con una crisi di rigetto e la morte del paziente. D’altronde sappiamo, da fonti transessualiste, che i suicidi delle persone che cambiano sesso arriva al 50%.

Nel 1949 Simone de Beauvoir scrive “Donna non si nasce ma si diventa”, nel “Deuxième sexe”, dove afferma che il genere viene costruito socialmente dalla cultura, a prescindere dal dato sessuale.

Nel 1953 Harry Benjamin pubblica “Transvestitism and Transsexualism”, inaugurando quella che sarebbe diventata una nuova categoria clinica. Infatti, il transessualismo è definito come disturbo dell’ identità di genere (Gender Identity Disorder), dall’ultima revisione del DSM V (dell’American Psychology Association). Negli stessi anni, l’entomologo, Alfred Kinsey, considerato il padre della sessuologia moderna, pubblica due libri sul comportamento sessuale dell’uomo e della donna, teorizzando che ogni orientamento sessuale (non solo la trans e omosessualità ma anche la pedofilia e la zoofilia) non fosse perversione ma variante normale della sessualità umana e creando “I generi Kinsey” (Lesbian, Gay, Bisexual e Transgender). Al riguardo, consigliamo a tutti la lettura del testo di Mario Mieli, primo ideologo omosessualista italiano, “Elementi di critica omosessuale”. 

Ora continuiamo la storia della “teoria del gender”: un discepolo di Kinsey, l’endocrinologo John Money, tristemente noto per la storia di Bruce/Brenda/David Reimer, suicidatosi come il fratello gemello Brian, fondò nel 1965 la Gender Identity Clinic nel John Hopkins Hospital. Il suo libro “Uomo, donna, ragazzo e ragazza” diventa testo universitario sebbene in seguito la sua teoria si sia rivelata scientificamente errata e la clinica venne chiusa anche perché Money falsifica i rapporti sul successo delle sue operazioni.  Blu-Dental

Poco dopo lo psichiatra e psicoanalista Robert Stoller nel suo “Sex and gender – the development of Mascunility and Feminility” (1968) teorizza la differenza fra sesso e genere e nasce così il concetto d’identità di genere.

Nel 1972, Ann Oakley pubblica “Sex, Gender and Society” che rappresenta la ripresa della teoria Gender da parte del femminismo americano e, poco a poco, i ”Women Studies” diventano “Gender Studies” nelle università.

Nel 1986, la leader femminista Joan W. Scott scrive in “Le genre : une categorie utile de l’analyse historique” che il genere “è un elemento costitutivo delle relazioni sociali basate sulle differenze percepite tra i sessi”.

Nel 1990 un’altra leader femminista Judith Butler scrive “Gender Trouble” dove inaugura un nuovo pensiero : il queer, un “paradigma” dove l’individuo può autorappresentarsi attraverso una serie di maschere e artifici, a volte lesbica, altre volte drag, altre transgender, ecc,.. Insomma, il genere  è performativo e precede il sesso.

Vi sono numerosi altri testi che andrebbero letti per rendersi conto che l’attuale  rivoluzione del gender è la più radicale, la più pericolosa rivoluzione antropologica che il mondo abbia mai visto. Consigliamo la lettura di Alice Domurat Dreger “Hermaphrodites and the medical invention of sex” (1998); i principi di Joyakarta riguardo all’identità di genere;  gli scritti di Donna Haraway secondo cui oggi – per la prima volta nell’umanità – la tecnologia può consentire agli esseri umani di prescindere dal proprio corpo e molti altri testi.

Spero quindi che la signora che ci ha scritto si renda conto che l’ideologia del gender non l’abbiamo esattamente inventata noi.

Riguardo all’affermazione che “In nessuna scuola italiana, infatti, si tengono corsi dai contenuti istericamente descritti dalla madre nel video” , ricordiamo chel’ideologia del genere è entrata in numerosissimi asili nido e scuole a nel Lazio, in Piemonte, Lombardia, Veneto, Umbria, Emilia Romagna ed altre regioni ed è sufficiente fare una breve ricerca sul web. Le denunce dei genitori fioccano. Comunque stiamo preparando una lista dei casi principali per una prossima pubblicazione. Tutte queste iniziative pro-LGBT e pro-gender sono attuate con milioni di Euro dei contribuenti dalle autorità comunali, provinciali e regionali della rete RE.A.DY, ed altri Comuni indipendenti dalla stessa come Brescia e Siena.  Solo a titolo di esempio: i 425.000 EURO del MIUR e i 120.000 EURO erogati da Zingaretti, presidente della regione Lazio.

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E i libretti della casa editrice “Stampatello” dove si dice insegna che è bello, è normale, comprare un figlio dopo aver affittato un utero di una schiava? (Il che tra l’altro è ancora reato, in Italia). O che mentiscono sapendo di mentire quando dicono che due mamme (o due papà) hanno “messo al mondo” il bambino? (ancora, nonostante tanti “progressi”, per fare un bambino ci vuole 1 ovulo e 1 spermatozoo). E’ giusto insegnare falsità fin dagli asili?

Tutte le suddette iniziative non sono ancora direttive del Governo, ma se passa il disegno di legge Fedeli che vuole erogare 200 milioni di EURO per introdurre “l’educazione al genere” nelle scuole e nelle università, diverranno obbligatorie ed è proprio per questo che abbiamo pubblicato il nostro video per avvertire gli Italiani di cosa ci riserva il futuro se non blocchiamo questa tragica e dannosa ideologia.

Inoltre ci permettiamo di chiedere se sia giusto che si spendano milioni di EURO per propagare l’ ideologia del gender nelle scuole mentre le stesse cadono a pezzi ed i nostri figli devono spesso portarsi la carta igienica da casa.

Un’ ultima osservazione: come mai i grandi media e la maggior parte dei politici sostengono questa teoria del gender e l’ideologia omosessualista ad essa contigua? L’unica risposta logica che possiamo offrire è che dietro all’ideologia del gender ed alla sessualizzazione precoce dei nostri bambini vi sono gli interessi finanziari enormi delle industrie interessate a veri e propri business (fecondazione artificiale, condom, uteri in affitto, cambiamento di sesso, aborto). Miliardi di profitti, spesso prodotti con soldi dei contribuenti e mediante cliniche private, e fatti letteralmente sulla pelle ed il sangue di milioni di uomini, donne e bambini!  Si tratta solo di business e consumismo.

Oggi, infatti, tutti noi, omosessuali o eterosessuali, siamo soggetti al marketing delle multinazionali e dei grandi brand che continuamente creano – attraverso la pubblicità – dei bisogni non necessari. Non mi stupisce che lei non sia omosessuale: non tutti gli omosessuali sono omosessualisti e non tutti gli omosessualisti sono omosessuali. Anzi. E sono una netta minoranza le persone LGBT che “pensano” di “volere figli” e sono vittime di questa propaganda consumistica.

La maggior parte degli omosessuali concorda con noi che un figlio ha diritto ad avere un padre ed una madre.

Lei non ci crederà. Ma noi non siamo affatto omofobi, se per omofobia si intendesse letteralmente “odio (o paura) per gli omosessuali”. Non abbiamo proprio niente contro le persone LGBT.  Il guaio è che oggi sono considerati omofobi tutti quelli che cercano di tutelare e difendere gli interessi e i diritti dei bambini. E sicuramente, questa nostra gentile lettrice li ha a cuore quanto noi.

Antonio Brandi

L’eresia antropologica del totalitarismo “gender”, marzo 4, 2015 Benedetta Frigerio, http://www.tempi.it/

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Rimpiazza l’ideologia marxista ed è altrettanto distruttiva e totalitaria, fondata su una pseudo-uguaglianza e la rivendicazione cieca degli “orientamenti sessuali” per organizzare la società. È lo scopo ultimo della teoria del genere, spiega a Tempi Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista, che vive a Parigi, dove insegna alla libera Facoltà di filosofia e di psicologia di Parigi e al Collège des Bernardins. Consultore del Pontificio consiglio per la famiglia e del Pontificio consiglio per la salute, ha pubblicato molte opere tra cui La teoria del “gender” e l’origine dell’omosessualità (San Paolo 2012) e Il regno di Narciso (San Paolo 2014).


Prof. Anatrella, da tempo lei parla della teoria del gender come di una ideologia totalitaria e ha scritto che, come il marxismo nel secolo scorso, il gender sarebbe diventato il campo di battaglia di questo secolo. Non è eccessivo?
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Anzitutto non bisogna confondere gli studi di genere che analizzano le relazioni fra gli uomini e le donne nella società nelle diverse aree culturali al fine di pervenire a un migliore rispetto della loro dignità, uguaglianza e vocazione rispettiva, con la teoria del genere, ispirata a diverse correnti di pensiero. Ma anche lo studio sociologico, che di per sé è semplicemente un metodo di osservazione, diventa un’ideologia quando afferma una “parità totale” fra uomo e donna, poiché la “parità” non è l’“uguaglianza”. Si vorrebbe far credere, in base a una visione puramente contabile della relazione, che i due sono intercambiabili. Ora, se è vero che a parità di competenze un uomo e una donna possono esercitare le stesse responsabilità, il problema è che si vuole far credere che psicologicamente e socialmente l’uomo e la donna sono identici. Eppure uomo e donna non possono assumere sistematicamente gli stessi compiti, né gli stessi simbolici, a cominciare da quelli della maternità e della paternità. Questa prospettiva egualitarista ha falsato e complicato le relazioni fra i due sessi e spiega in parte – anche se non è l’unica ragione – perché le relazioni all’interno della coppia sono diventate difficili e perché molti non vogliano più sposarsi o abbiano paura del matrimonio. Sociologicamente si è sempre constatato un fenomeno ricorrente nella storia: quando le donne entrano in massa in un settore di attività, gli uomini se ne vanno. Così l’insegnamento, la medicina e la giustizia si femminilizzano sempre più, mentre gli uomini si orientano verso altri mestieri. Ma l’ideologia di genere si spinge ancora più in là, affermando che il corpo sessuato non ha alcuna importanza nello sviluppo psicologico. In realtà la psicologia di ciascuno di noi si sviluppa nella misura in cui avviene l’interiorizzazione del suo corpo sessuato. I diversi autori che condividono l’ideologia del gender sostengono anche che bisogna pensare diversamente la sessualità e l’organizzazione della società: non bisogna più definire la sessualità a partire dalle due sole identità sessuali che esistono, quelle dell’uomo e della donna, perché secondo loro ciò è iniquo, ma a partire dagli orientamenti sessuali come l’eterosessualità, l’omosessualità, la bisessualità, la transessualità, ecc. In questo modo tutti si troverebbero in condizioni di uguaglianza, mentre se ci si riferisce unicamente all’identità di uomo e donna si escludono altre “forme” di sessualità. Come si fa a non vedere che questa prospettiva è contraria al dato di realtà? Nella realtà, l’identità sessuale riguarda l’essere della persona, mentre gli orientamenti sessuali riguardano le pulsioni sessuali. Se tutto va per il verso giusto queste ultime si elaborano e si integrano nella personalità a partire dall’identità oggettiva del soggetto, mentre le pulsioni ricercate per se stesse attraverso un tipo di orientamento si isolano dalla personalità e la mantengono nell’immaturità affettiva e in una relativa impulsività mai soddisfatte. Ciò sfocia in personalità non unificate e instabili. Detto in altre parole, prendere in considerazione gli orientamenti sessuali per definire la sessualità, cioè pensare che la differenza delle sessualità deve sostituire la differenza sessuale, che si fonda sull’uomo e sulla donna, è distruttivo come lo era il marxismo. Per settant’anni le società sono state dominate dalla cecità di fronte a questa ideologia fondata su una pseudo-uguaglianza e sulla convinzione che l’essere umano è il prodotto di una cultura: la stessa cosa che la teoria del gender sostiene a sua volta riguardo all’identità sessuale. Se la persona è semplicemente il prodotto di una cultura, egli diventa un automa e scompare la sua singolarità. Il gender diventa totalitario nella misura in cui le società occidentali vogliono riorganizzare politicamente la società a partire dalla visione irrealistica degli orientamenti sessuali, come nel caso del “matrimonio” fra persone dello stesso sesso. Eppure l’omosessualità non può essere all’origine né della coppia coniugale, né della famiglia, poiché questa forma di sessualità fra due persone dello stesso sesso non possiede – sul piano psicologico, corporeo e fisiologico – le stesse caratteristiche di quella fondata sull’alterità sessuale, che è condivisa soltanto nel rapporto uomo-donna. E siccome la coppia e la famiglia cosiddette “omosessuali” in senso proprio non esistono, si tratta soprattutto di un artificio e di una corruzione del linguaggio. Con le parole è sempre facile ingannare, dando nomi alla realtà più in funzione dei propri fantasmi che del reale. Ma l’omosessualità è diventata una questione politica per riorganizzare la società a partire da essa. Progressivamente si costituisce in numerosi paesi europei un sistema repressivo sul piano giudiziario per fare ammettere questo nuovo principio. Ciò che è in discussione non sono le persone omosessuali, che devono essere rispettate come tutti i cittadini, ma una volontà militante e politica di fare dell’“omosessualità” una norma che partecipa dell’ordine della coppia e della famiglia. I militanti stessi che si battono per questa causa affermano molto chiaramente che bisogna «aprire il matrimonio a tutti» per meglio distruggerlo, allo scopo di pervenire all’uguaglianza di tutti nelle differenti forme di relazione. Ritroviamo la stessa idea nell’applicazione iniziale del marxismo nei paesi comunisti.


Nei suoi libri lei non teme di affermare che l’omosessualità è una carenza psichica. Può spiegare cosa intende e perché questa sua convinzione non dovrebbe essere ritenuta omofoba?

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Nel momento in cui qualcuno si interroga sull’omosessualità e sulla volontà politica di iscriverla nella legge consacrata alle condizioni del matrimonio e della famiglia riservata esclusivamente all’uomo e alla donna, subito viene accusato di tutti i mali, a cominciare dal cliché dell’omofobia. È un modo di imbavagliare l’intelligenza e il discorso, nel momento stesso in cui si afferma continuamente che la libertà di espressione è un “valore” delle società democratiche. Il liberalismo condizionato dal “relativismo etico” è repressivo nelle sue leggi sempre più restrittive tanto quanto lo erano quelle dei paesi totalitari. Si mettono alla gogna certi autori come capri espiatori e si isolano aspetti della vita che è vietato criticare. E tuttavia occorre spiegare da dove viene l’omosessualità. Da quasi due secoli la letteratura psichiatrica e la psicanalisi si interrogano sulle origini dell’omosessualità e sul tipo di psicologia che ne deriva, ma da qualche anno questa riflessione è diventata tabù ed è vietata. Non dovremmo più cercare di capire che cosa sia l’omosessualità e a cosa corrispondano queste pratiche affettive e sessuali, ovvero anche su quali meccanismi e su quali processi psichici riposino. Ma perché non dovremmo studiare questa particolarità della sessualità se non per giustificarla in qualunque modo, mentre osiamo esaminare analiticamente la maggior parte dei comportamenti umani? Quando si impedisce agli specialisti di approfondire una questione siamo in presenza di un riflesso irrazionale che sconfina nell’ideologia totalitaria. Da 40 anni studio questo fenomeno e ho pubblicato numerosi libri e articoli sulla questione. Ho esaminato le differenti ipotesi neurologiche, ormonali e genetiche, che non risultano conclusive, e sono giunto alle origini psichiche. Effettivamente, le pulsioni sessuali all’inizio della vita psichica sono sparpagliate sul corpo del bambino; esse non sono ancora finalizzate se non cercando la propria soddisfazione per se stesse. Progressivamente il soggetto le lavorerà psicologicamente sulla base delle esperienze che vive a partire dal suo corpo, poiché tutto parte dal corpo, per quanto riguarda lo sviluppo della sua vita psichica. A partire da queste pulsioni, elaborerà un sistema di rappresentazioni psichiche che permetterà di integrarle attraverso diverse tappe al fine di pervenire progressivamente all’alterità sessuale. È grazie, fra le altre cose, alla bisessualità psichica (una nozione spesso mal compresa) che il bambino prima e l’adolescente poi interiorizzeranno la persona dell’altro sesso, cosa che gli permette l’accettazione dell’altro sesso e l’accesso ad esso. Persone che si fissano in pratiche bisessuali hanno spesso fallito, in parte o completamente, questo passaggio. Nello stesso modo in cui persone transessuali s’immaginano, a volte con molte sofferenze, che la natura si è sbagliata dando loro un corpo nel quale esse non si riconoscono. Non è la natura che si è sbagliata, cosa che presupporrebbe una visione dualista dove il corpo è opposto allo spirito, ma è soprattutto il soggetto che non è riuscito ad accettare e a interiorizzare il suo proprio corpo in seguito a problemi di identificazione inconscia. Questo significa che, a differenza del mondo animale, le pulsioni sessuali umane presentano una relativa plasticità e che possono essere elaborate e armonizzate nella vita psichica più o meno bene. In conclusione, le pulsioni sono l’oggetto di un lavoro interno che, se tutto va per il meglio, si articola nella personalità con l’accettazione intima dell’altro sesso e una reale attrazione verso di esso. Allorché il soggetto si fissa su una pulsione sessuale come quella della curiosità nei riguardi del suo proprio sesso (stadio fallico) o su di una identificazione primaria alla persona identica a lui, si verifica il rischio di indirizzarsi verso l’omosessualità. Si osserva tuttavia anche il caso di persone che hanno vissuto nel corso della loro esistenza una tappa di pratiche omosessuali, finalizzate a confortare la loro identità, per indirizzarsi in seguito verso l’attrazione per le persone del sesso opposto. Possono esserci origini psichiche diverse e varie dell’omosessualità, che dipendono dalle rappresentazioni pulsionali del soggetto. È vero che le condizioni ambientali della società odierna sono molto narcisistiche, perciò la cultura attuale non sempre facilita le operazioni necessarie alla maturazione affettiva che permette di iscriversi nell’alterità sessuale. Quanto alla questione dell’omofobia, sulla quale torneremo, non è un argomento serio! È uno slogan inventato dai militanti per intimidire e colpevolizzare gli altri rimproverando loro di avere paura dell’omosessualità. Che idea! Chi ne ha paura? Questo modo di maneggiare l’isterizzazione della paura incollando il termine “fobia” a diverse parole per designare un nemico potenziale è certamente un sintomo paranoico di un disturbo identitario. Siamo in piena identificazione proiettiva quando dei militanti attribuiscono agli altri quella che non è altro che la loro propria paura delle persone dell’altro sesso. È una forma di terrorismo intellettuale che vuole impedirci di riflettere su che cosa sia l’omosessualità e sulle conseguenze di voler organizzare la società in funzione di essa. Ancora peggio, si creano una polizia del pensiero e una censura per obbligare tutti a pensare come vogliono i gruppi di militanti. Sotto questo aspetto il liberalismo va a braccetto col marxismo, nel momento in cui come esso vuole instaurare una repressione quasi giudiziaria sul pensiero e sulla sua espressione. Ci vogliono imporre delle nuove norme che sono più oppressive e limitative della libertà che non la nostra riflessione antropologica e i nostri riferimenti morali. I quali invece risvegliano e rispettano la libertà della persona.


A quelli che sostengono che la legalizzazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso danneggerebbe la società, viene risposto che 1) l’Antica Grecia permetteva l’omosessualità e la pedofilia nella vita privata, e questo non causava danni alla società; 2) non fa nessun male alla società istituire il matrimonio fra persone dello stesso sesso, come dimostra il fatto che le legislazioni sono già evolute in questa direzione in molti paesi, dall’Europa del Nord all’America. Lei cosa risponde?

Non ha senso il raffronto con la Grecia antica, perché i contesti sono diversi. L’omosessualità è sempre esistita ed esisterà sempre. Nella storia ha assunto forme diverse e riguarda la vita privata. Non ha senso creare delle istituzioni a partire da essa come si vuole fare oggi con la coppia, il matrimonio e la famiglia. In questo modo si crea un disturbo dannoso per la società, facendola entrare nella confusione dei sessi e della filiazione, e nella negazione della differenza sessuale. È falso sostenere che la Grecia antica permetteva l’omosessualità e la pedofilia nel senso in cui le intendiamo noi oggi. L’una e l’altra erano relative a certe condizioni. È tuttavia dimostrato che le nozioni di “eterosessuale” e di “omosessuale” non esistevano all’epoca, soltanto erano riconosciute le qualità: la bellezza della persona che si desiderava e l’attrazione nei suoi confronti. In tal senso potevano svilupparsi relazioni di questo tipo, in particolare fra uomini che pure erano sposati e padri di famiglia. Ma non se ne faceva un principio né un’esigenza sociale iscritta nella legge civile, che regolava solamente la coppia formata da un uomo e da una donna.
Nell’Antichità greco-romana il “matrimonio” omosessuale e l’adozione di figli non sono mai stati oggetto di rivendicazione. Nella letteratura vengono solamente descritti riti di passaggio di giovani guerrieri, in particolare presso i galli e presso i greci, sotto la direzione di adulti maschi allo scopo di creare dei buoni soldati (vedi Marrou/Rouche, Histoire de l’éducation). Così Plutarco nella sua Vita di Pelopida non ha mancato di esaltare il coraggio fisico della legione tebana, composta da 300 amanti omosessuali che perirono tutti nella battaglia di Cheronea (338 a.C.) per non apparire indegni ciascuno del suo amante. Ma nessuno di loro, ripeto, pretendeva il matrimonio e l’adozione di bambini, per la semplice ragione che attraverso i riti di iniziazione avevano generato degli uomini e dei guerrieri, una cosa di cui le donne non erano capaci. Questa omosessualità rituale era un modo di regolazione della vita adulta per formare degli uomini che venivano aperti alla loro mascolinità, fino al punto di avere delle relazioni intime con loro. E la pedofilia, in quanto istituzione pedagogica, era una fase provvisoria prima e durante la pubertà che iniziava il ragazzo alla sua virilità ed era un modo di farlo uscire dal mondo delle donne. Ma questa fase era transitoria e non doveva durare. Se essa continuava, le leggi di Atene tolleravano, ma a volte anche sanzionavano la pedofilia e l’omosessualità, ed è per questo che Socrate è stato condannato. La riprovazione generale, che si esprimeva anche attraverso il disprezzo e l’irrisione, era a volte sanzionata con una condanna legale. A Roma l’omosessualità era relativamente tollerata nella relazione schiavo-padrone, poiché si trattava di una relazione di dominazione che non era accettata fra cittadini romani. Ma anche in questo caso, Seneca e il suo atleta di servizio erano ridicolizzati, una volta trascorso il tempo dell’iniziazione del giovane adulto. In realtà queste pratiche erano, anche là, talvolta represse e tal altra tollerate. Siamo passati da una forma di omosessualità e di pedofilia che erano dei riti di iniziazione per liberare il ragazzo e a volta la ragazza dall’universo materno, a una rivendicazione sociale che vuole iscriverla nella legge e formare una «coppia» e una «famiglia». Ciò che era impensabile e che lo rimane.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, non è perché qualche paese autorizza il matrimonio e l’adozione da parte di persone omosessuali che ciò non fa più problema. Al contrario, il fatto di stravolgere il senso del matrimonio è una negazione della differenza sessuale e una grossa trasgressione che altera il legame sociale. Ciò ha per conseguenza di rendere la legge civile meno credibile e meno rispettabile, e i responsabili politici meno stimabili perché la legge non si fonda più su delle realtà oggettive ma su delle esigenze soggettive; cosa che accentua la violenza nella società. Non bisogna trascurare il fatto che il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso è una vera aggressione, per non dire uno stupro, di ciò che il matrimonio rappresenta. È un modo di disprezzare i cittadini e il bene comune dell’umanità riguardo all’alleanza fra un uomo e una donna.
Secondo studi seri effettuati negli Usa su una larga platea di soggetti, e non di natura militante come quelli realizzati da associazioni gay, i risultati indicano che i figli che vivono con degli adulti omosessuali presentano diversi disturbi psichici come l’ansietà, difficoltà relazionali coi loro pari, problemi di concentrazione e soprattutto soffrono una contraddizione fra l’esercizio della sessualità di questi adulti e l’origine del loro concepimento e della loro nascita. A lungo termine, essi provano un profondo malessere perché manca loro sia la dimensione materna, sia la dimensione paterna, il che rappresenta un costo psichico decisivo rispetto alla necessità di unificarsi e trovare la coerenza del proprio sé. Non basta nascondere questi problemi attraverso l’idea puramente sentimentale che «l’importante è amare e sapersi amati». Qui si tratta di un amore che non è della stessa natura di quello che c’è fra un padre e una madre. Il bambino ha bisogno di essere collocato nelle condizioni relazionali che sono quelle del rapporto fra un uomo e una donna, il che non avviene nel caso dell’omosessualità. La relazione in forma specchiata fra il sé e il simile non ha niente in comune con una relazione fondata sull’alterità sessuale. La società sbaglia strada imboccando questa direzione per quanto riguarda questi bambini che saranno vittime della ricerca di gratificazione di adulti che vogliono apparire uguali agli altri, mentre non si trovano nelle condizioni di essere veri genitori. È solo un modo per sentirsi accettati dagli altri, nel momento in cui alcuni di loro non riescono ad accettarsi veramente. La società gioca all’apprendista stregone sulle spalle dei bambini e delle generazioni future, aprendo loro un avvenire fatto di oscurità e di incoerenza. D’altra parte è per queste ragioni che le offerte di adozioni nel mondo crollano, poiché la maggior parte dei paesi che offrivano questa possibilità a uomini e donne sposati, rifiutano attualmente di affidare dei bambini a cittadini provenienti da paesi che hanno legalizzato il matrimonio fra persone dello stesso sesso.

Lei definisce la nostra una “democrazia emotiva”? Quali evoluzioni prevede per essa?

Effettivamente ci troviamo in una “democrazia emotiva” caratterizzata dalla manipolazione della comunicazione politica, che può condizionare le folle tanto più facilmente in quanto le nostre società mancano di radicamento culturale e morale. L’identificazione delle masse coi messaggi dei mass-media è impressionante e non manca di diventare inquietante: certi media come la televisione sono diventati dei cervelli ausiliari che prendono il potere sullo spirito della gente. Ciascuno reagisce emotivamente ripetendo gli stessi clichés sviluppati dai media senza mai dimostrarsi capace di pensieri personali.
Va aggiunto che le rivendicazioni dei cittadini diventano sempre più soggettive in nome dei “diritti individuali” e degli interessi particolari. Al punto che i responsabili politici si ispirano sempre più ai costumi vigenti, ai fantasmi individuali e a quelli sessuali per legiferare, mentre non lo fanno più in funzione del bene comune e delle necessità oggettive. Ora, un fantasma riflette sempre una rappresentazione e un desiderio illusori, che rinviano alle complessità dell’inconscio e non ad un bisogno reale. Noi ci troviamo in un sistema che risponde alle emozioni primarie spesso tradotte attraverso dei sondaggi e dei movimenti di massa che ci estraniano dalla ragione delle cose. Più la democrazia diventa emotiva (soprattutto grazie all’aiuto della televisione che modella le immagini mentali) e più essa diventa totalitaria, ovvero lo spazio della libertà di pensare e di agire si riduce. Così una rappresentazione teatrale o un film, che non sono altro che produzioni immaginarie senza un rapporto autentico col reale, possono provocare sommovimenti in una società. L’arte della manipolazione raggiunge qui il suo culmine. È interessante vedere come, a partire dal dramma dell’Aids, si è voluto per anni dare un’immagine sempre più idealizzata dell’omosessualità, attraverso diverse sceneggiature messe in scena a teatro, al cinema, nelle serie televisive e nei romanzi. Il nemico della democrazia è l’emozione senza riflessione razionale. La democrazia si dà le apparenze della libertà di espressione, oggi da tutti rivendicata, ma lo fa per meglio metterle la museruola sulla base del pensiero dominante. Siamo liberi per giustificare e diffondere le idee che corrispondono allo spirito del tempo, ma il primo che assume un atteggiamento critico è sistematicamente privato della parola. Per esempio il dibattito sull’omosessualità diventa sempre più difficile, perché molto spesso vengono esclusi dalla discussione tutti coloro che non pensano secondo i clichés dominanti. Ci sono specialisti che non osano più esprimersi su queste questioni per paura del linciaggio mediatico, del processo per reato d’opinione e delle voci calunniose. A causa di ciò scambi più autentici hanno talvolta luogo dentro a universi catacombali come le conferenze pubbliche e le reti sociali, dove la censura non si impone e al di fuori dei media tradizionali, che filtrano e sceneggiano gli avvenimenti. Allo stesso modo diventa sempre più malsano avere dei rappresentanti politici che, per mantenersi al potere, finiscono per rinunciare alle loro convinzioni e diventano dipendenti dai costumi e dalle ideologie alla moda, senza esercitare il minimo discernimento intellettuale e morale. Essi navigano sulle idee del momento senza disporre di un sapere solido e di una vera colonna vertebrale del pensiero. A causa di ciò, prima dicono una cosa e qualche anno dopo affermano il contrario. Le nostre democrazie dovrebbero fondarsi di più su eletti della società civile che hanno una visione chiara del bene comune, e non su dei professionisti della politica che navigano a vista per legiferare come fanno oggi, secondo i costumi in voga. Bisognerebbe senz’altro non concedere più di due mandati quinquennali a ciascun eletto.

Nel suo ultimo libro lei scrive che «le personalità contemporanee sono povere e prive di risorse a causa di una carenza nell’educazione». Ma sostiene anche che non basta educare bensì occorre opporsi alle leggi ingiuste come hanno fatto i sostenitori della Manif Pour Tous in Francia. Perché?
Le personalità contemporanee sono marchiate da una crisi dell’interiorità e della trasmissione. Noi produciamo dei soggetti relativamente impulsivi che non hanno radicamento nella storia e li illudiamo che noi non sappiamo niente, che non abbiamo imparato niente e che bisogna ripartire da zero. Li rendiamo fragili e li facciamo regredire facendo loro credere, nella visione dell’onnipotenza narcisistica, che si può creare tutto, compreso il sesso che sarebbe lasciato alla libera scelta di ciascuno. Ora, l’identità sessuale non si crea: si riceve. Essa deve essere accettata e integrata nella propria vita psichica, non si può immaginare che la si possa costruire o che ci si possa dare un’altra identità secondo dei desideri immaginari. Nello stesso modo, l’educazione che lascia il ragazzo abbandonato a se stesso per scoprire i saperi attraverso i mezzi tecnologici contemporanei non lo aiuta a imparare sviluppando la sua memoria. Gli adulti talvolta fanno fatica a presentarsi come adulti di fronte a dei bambini e a degli adolescenti e ad esercitare l’autorità per iniziarli al senso delle cose e dare loro il senso dei limiti che permettono lo sviluppo della libertà. L’alcolizzazione dei giovani, l’uso di droghe e le dipendenze di tutti i tipi, a cominciare dai telefoni cellulari e internet, sono il sintomo di personalità che non sono psicologicamente autonome e che mancano di risorse interiori. Non educate al discernimento, esse funzionano in base al ritmo delle emozioni e dei clichés, in particolare sui problemi della società come quelli del rifiuto del matrimonio, della banalizzazione del divorzio e dell’omosessualità. Sono stato uno dei primi a dirlo negli anni Novanta e nel primo decennio del nuovo secolo, e ho constatato che i miei studi e i miei concetti sono stati ripresi largamente dai membri della Manif pour tous. Sì, bisogna opporsi alle leggi ingiuste perché esse sono contrarie al bene comune. Così per esempio voler sposare due persone dello stesso sesso è una corruzione del senso del matrimonio. Quest’ultimo è anzitutto il quadro dell’alleanza fra l’uomo e la donna in base all’alleanza dei sessi. Non si tratta anzitutto di una questione religiosa, ma di una questione antropologica che non è nella disponibilità del legislatore, poiché la coppia coniugale e la famiglia precedono lo Stato. Il matrimonio è riservato all’uomo e alla donna perché permette di associare e di riconoscere giuridicamente l’alleanza che si contrae fra due persone di sesso differente. Il matrimonio non è il riconoscimento dei sentimenti fra due persone, altrimenti ci si potrebbe sposare in qualunque condizione, ma la constatazione e la registrazione della volontà di un uomo e di una donna di fondare una comunità di vita e una famiglia. Non c’è alcuna dimensione coniugale e familiare nell’omosessualità. Assistiamo al furto degli attributi e dei simboli che appartengono all’unione di un uomo e di una donna per estenderli a un duo di persone dello stesso sesso, cosa che è inappropriata e che rappresenta un’illusione nel senso psicanalitico del termine.

Pare di capire che lei consideri un errore accettare leggi “di compromesso” come le unioni civili, che in Francia si chiamano Pacs. Perché?

I Pacs sono un’ipocrisia e un errore nel senso che si tratta di un matrimonio di serie B dotato della maggior parte dei benefici del matrimonio, eccetto il riconoscimento automatico della filiazione e dell’adozione. L’opinione pubblica è stata convinta ad accettare i Pacs come un male minore, mentre essi implicavano l’avvento prossimo del matrimonio fra due persone dello stesso sesso. Per contro, si sarebbe potuto prevedere nella legge un “Contratto di associazione di beni” aperto a tutti i cittadini senza distinzione, con certi vantaggi fiscali; soprattutto in materia di possesso di beni e di eredità.
Coi Pacs si è cominciato a confondere la realtà del matrimonio, cosa che ci ha portato oggi alla confusione e alla svalutazione del matrimonio fondato sulla differenza dei sessi. I Pacs sono fatti su misura per l’instabilità relazionale e per l’immaturità affettiva dell’epoca attuale. Si può anche ipotizzare che a partire dal momento in cui il matrimonio è aperto a persone omosessuali, si rischia che la gente non voglia più sposarsi perché l’immagine del matrimonio è così confusa e contraddittoria. Di più, è interessante notare che nella maggior parte dei paesi che hanno permesso il matrimonio fra persone dello stesso sesso, questi matrimoni diminuiscono anno dopo anno, fino a diventare inesistenti.
Detto in altre parole, abbiamo sconvolto il codice civile per far scomparire i termini uomo e donna, sposo e sposa, padre e madre, snaturando il matrimonio nell’interesse di un’infima minoranza di persone ed ecco che in questo campo di rovine della bella realtà del matrimonio ci troviamo nella confusione dei sentimenti e delle identità che hanno delle ripercussioni sulla vita affettiva e sessuale delle giovani generazioni. Da una parte fanno fatica ad accedere al senso dell’impegno matrimoniale, dall’altra sviluppano una vita affettiva e sessuale frammentata, sempre più dipendente da pulsioni sparse, in nome del primato degli orientamenti sessuali. È anche il caso della pornografia: anziché includere la vita sessuale nella dimensione relazionale della vita affettiva, si persegue un condizionamento pavloviano molto inquietante, nel quale l’erotismo personale scompare e bisogna semplicemente ripetere quello che si è visto, dimostrando un’attitudine mimetica primitiva. Per esempio il film “Cinquanta sfumature di grigio” incita le giovani donne a tornare a casa e a ripetere le stesse scene pornografiche (è quello che alcune dicono all’uscita dal cinema). Allo stesso modo, i Pacs e il matrimonio fra persone dello stesso sesso hanno un impatto sulla rappresentazione sociale della sessualità.

Cosa possiamo fare per i bambini, ai quali in Occidente si vuole imporre la teoria del gender sin dalla più tenera età? Cioè l’accettazione dell’indifferenza sessuale e del fatto che al posto di un padre e di una madre possano esserci due padri o due madri, e che tutto questo debba essere considerato giusto, democratico ed egalitario? Cosa si può fare, considerato che ovunque si sta cercando di istituire delle pene per quanti rifiutano questa ideologia? In Germania si rischia la prigione se non si mandano i figli ai corsi di educazione sessuale centrati sulla teoria del gender, in Italia sta per essere approvata una legge che punirà, in nome della lotta contro l’omofobia, tutti coloro che si esprimono pubblicamente in base alla terminologia della famiglia tradizionale e in base alle categorie della differenza dei sessi.

Bisogna proteggere i bambini e rifiutare che vengano sottoposti a un condizionamento, perché non esistono la famiglia tradizionale e la famiglia moderna o nuova, ma soltanto la famiglia costruita attorno a un padre e a una madre. Altrimenti smarriamo la razionalità e il senso della realtà. Effettivamente a partire dalla scuola materna si insegna ai bambini che esistono varie forme di famiglia. È successo che una bambina di tre anni, uscendo dalla scuola, abbia chiesto a sua madre perché lei non convivesse con una donna, perché aveva appena sentito dire che si possono avere due padri o due madri. Una cosa che è una menzogna sociale e un errore strutturale e antropologico. Un sistema ideologico nel quale si confonde ciò che è una famiglia fondata da un uomo e da una donna con diverse situazioni particolari che non partecipano alla definizione di famiglia. Ma che si vorrebbero trasformare in realtà normate alla pari delle altre. Questo è uno degli effetti della teoria del gender che vuole mettere tutti su di un piano di uguaglianza in nome dell’identità di genere che ciascuno si dà da sé e degli orientamenti sessuali. Qui ci troviamo al cuore di un totalitarismo che si manifesta sempre con lo stesso metodo, come nel caso del marxismo:

Si comincia col sottrarre i bambini all’influenza dei genitori per inculcare loro una visione nuova della sessualità e della famiglia.
Li si costringe a pensare al di fuori dalla realtà prevalente (la grande maggioranza delle persone vivono e si organizzano nella differenza sessuale e attorno alla differenza sessuale).
Si introducono delle leggi col pretesto di proteggere delle minoranze.
Si approfitta di fatti veri o inesistenti per istituire una legislazione repressiva.
Si applica una repressione giudiziaria che corrisponde a una vera polizia del pensiero.
Si crea così la paura e si ottiene che i cittadini pensino sulla base di “buone” idee e agiscono sulla base di “buone” pratiche. Altrimenti vanno in prigione.
Queste idee cominciano ad essere interiorizzate da cristiani che non capiscono la posta in gioco. Quando si sveglieranno, sarà troppo tardi. Abbiamo sperimentato questo errore di valutazione col marxismo, che ha influenzato certi membri della Chiesa, adesso rifacciamo lo stesso errore con l’ideologia del gender e con l’omosessualità.
In realtà ciò che in questione non è la persona dell’omosessuale, che deve essere sempre rispettata, ma il fatto di voler fare dell’omosessualità un principio politico a partire dal quale si ridefinisce la società attraverso la coppia, il matrimonio e la famiglia. Questa è una contraddizione, poiché l’omosessualità non è alla base di queste realtà e non può essere all’origine di istituzioni di cui la società ha bisogno per durare nella storia.
Bisogna porsi la domanda in modo realistico: a partire da quale tipo di sessualità la società si fonda, si organizza, dura nel tempo e contribuisce alla sua storia?
In occasione del suo viaggio apostolico in Asia, papa Francesco ha detto il 16 gennaio 2015, in occasione dell’incontro con le famiglie a Manila: «C’è un colonialismo ideologico che cerca di distruggere la famiglia. Ogni minaccia contro la famiglia è una minaccia contro la società». In tal modo ha messo in discussione i concetti di genere che mirano all’indistinzione sessuale e il matrimonio fra persone dello stesso sesso, che non ha niente a che fare col senso della vita coniugale e familiare. È per questo che non si può trattare la questione dell’omosessualità nello stesso modo sul piano individuale e su quello sociale, imponendo a partire da essa delle istituzioni sociali di cui essa non può essere all’origine, come la vita coniugale e familiare.

@frigeriobenedet

Traduzione di Rodolfo Casadei – Una parte di questa intervista è stata pubblicata sul numero 9/2015 del settimanale Tempi

Ci vorrebbe un marito (o una moglie). Ora lo dicono gli economisti, di Luciano Capone | 03 Marzo 2015 http://www.ilfoglio.it/

“Per le coppie che lo desiderano e per il paese il matrimonio è fondamentale. Il matrimonio genera famiglie e rafforza i legami sociali, produce ricchezza ed è quasi certamente l’istituzione che più promuove la nascita di figli”. Così dice l’appello per la “Marriage Opportunity”, che negli Stati Uniti raccoglie le adesioni trasversali di cristiani e non credenti, tradizionalisti e favorevoli alle nozze gay, sulla base di un approccio utilitaristico del matrimonio: sposarsi fa bene a sé stessi e alla società, produce ricchezza e benessere. “I beni prodotti dalla famiglia sono numerosi – scriveva nel 1973 nella sua “Teoria del matrimonio” il premio Nobel di Chicago Gary Becker, l’economista che per primo ha esteso l’analisi economica alle relazioni e ai fenomeni sociali – e includono la qualità dei cibi, la qualità e la quantità dei figli, il prestigio, la compagnia gradevole, l’amore, lo stato di salute. Di conseguenza, queste non possono essere identificate con il consumo o con gli output come sono tradizionalmente misurati: queste merci coprono una gamma molto più vasta delle attività e degli scopi umani”.

Recenti studi empirici mostrano altri benefici positivi del matrimonio. Ad esempio uno studio di Guner, Kulikova e Llull dell’Università autonoma di Barcellona mostra come il matrimonio faccia bene alla salute. Gli economisti hanno analizzato i dati degli americani tra i 20 e i 64 anni e hanno scoperto che esiste un divario nello stato di salute tra single e sposati che raggiunge il picco di 12 punti a favore delle persone che hanno contratto un matrimonio. Scremando i dati dalle condizioni di salute innate e dalle differenze di reddito, razza ed età, gli studiosi hanno notato che se al di sotto dei 39 anni questo gap è molto ridotto, è invece con l’aumentare dell’età che lo stato di salute delle persone sposate tende a essere notevolmente migliore dei single e la spiegazione è dovuta a quello che chiamano “effetto protettivo” del matrimonio: le persone si prendono più cura di sé stesse e del proprio partner. Ad esempio chi è sposato tende a smettere di fumare più dei single e la stragrande maggioranza dei single che smette di fumare lo fa dopo essersi sposato. L’effetto protettivo è poi evidente sul fronte della prevenzione. Le persone sposate sono molto più portate a sottoscrivere un’assicurazione sanitaria e a effettuare controlli sanitari al colesterolo o alla prostata rispetto ai single.

Ma il matrimonio non fa solo bene alla salute, rende anche più felici. È la conclusione a cui giunge un altro recente studio di Grover e Helliwell per il National Bureau of Economic Research. Secondo le evidenze raccolte dai ricercatori le persone sposate sono più soddisfatte della propria vita degli scapoli e delle zitelle e inoltre, contrariamente a ciò che  si è generalmente portati a pensare, il benessere della vita matrimoniale persiste anche nel lungo termine. Ma, anche se il picco di benessere e felicità c’è immediatamente appena dopo sposati, il matrimonio serve di più negli anni successivi, quando tutti entrano in quel periodo grigio definito come “crisi di mezza età”. Il matrimonio fa bene sempre, ma diventa più importante quando le cose vanno male e c’è bisogno di un supporto. Ed è per questo che il matrimonio funziona meglio se il partner è anche un amico, l’effetto benefico è in media due volte maggiore per le coppie che sono anche “migliori amici”, che sommano l’amicizia all’amore. Insomma per vivere meglio, in salute e più felici ci vorrebbe un marito (o una moglie).