lunedì 9 febbraio 2015

E' persino troppo banale smentire l'ideologia gender di Rino Cammilleri, 09-02-2015, http://www.lanuovabq.it/

Il Paradosso Norvegese
Le cose sono andate suppergiù così. C’è uno che vive nel Paese più avanzato del mondo e da poco una nuova scoperta sta invadendo i media e le scuole: la terra è piatta. Il tizio allora si mette in viaggio verso Ovest, per vedere quand’è che cadrà di sotto. Invece, viaggia che ti viaggia, si ritrova al punto di partenza. Così, pensa: ma come, qui ci insegnano la gran novità della terra piatta, e che l’idea che sia tonda, come si è sempre creduto fin dai tempi di Eratostene, ci viene in realtà inculcata fin dall’infanzia; ma allora com’è che viaggiando sempre a Ovest sono arrivato a Est?

Ebbene, una cosa del genere è accaduta in Norvegia, il posto in cui la parità tra i sessi è massima. Il comico Harald Meldal Eia, star televisiva locale, si è incuriosito quando ha visto le statistiche nazionali, secondo le quali il 90% degli infermieri è femmina, mentre il 90% degli ingegneri è maschio. Secondo l’ideologia gender le cifre dovrebbero essere fifty-fifty in ogni mestiere. Invece, proprio dove l’accesso alle professioni è più libero e uno può scegliere quella che vuole, le femmine si indirizzano verso lavori classicamente femminili e i maschi verso lavori classicamente maschili. Avendone le possibilità, Harald ha confezionato un documentario intitolato (traduco): «Lavaggio del cervello. Il paradosso dell’eguaglianza di genere». Se avete quaranta minuti, guardatelo su YouTube sottotitolato in italiano (qui). Io l’ho trovato in un articolo di Federici Cenci su Zenit.org.

Harald, con la faccia di Bertoldo ma in assoluta buona fede, è andato a chiedere lumi alla ricercatrice Cathrine Egeland, esperta di temi di lavoro, e a Jorgen Lorentzen del Centro di Ricerca Interdisciplinare sul Genere dell’università di Oslo. I due hanno risposto unanimi che gli studi sulla diversità biologica tra maschio e femmina sono da ritenersi superati e che, in realtà, lo «stereotipo» viene inculcato alle creature per via culturale. Stesso discorso una ex ministro per le pari opportunità. Harald, perplesso, intervista i suoi bambini, due femmine e un maschio, e quelli rispondono che loro sono nati così. Per riprova li porta in un negozio di giocattoli e chiede al bimbo perché la bambola non gli piace. Quello replica che lui non è mica una femminuccia. Sarà, pensa Harald, però gli esperti dicono che sono stato io a mettervelo in testa, anche se a me non risulta.

Poiché ad Harald la tivù paga le inchieste, prende l’aereo e va a San Francisco e poi a Cambridge, dove interroga i massimi esperti mondiali di biologia umana. Di più: gli fa vedere il video delle interviste che ha fatto agli esperti norvegesi di gender. Visti e ascoltati i video, a san Francisco e a Cambridge restano allibiti. Gli fanno vedere gli studi «superati» e gli dicono che in verità sono i più recenti e accreditati. Dai quali risulta che un neonato di un giorno (avete letto bene: un giorno) è attratto dai giocattoli maschili, mentre una neonata della stessa età è attratta dalle facce delle persone. Gli mostrano bambini di nove mesi lasciati liberi di gattonare tra i giochi: stesso risultato. Harald fa perfidamente notare agli spettatori che dal Trinity College di Cambridge (dove è andato) sono usciti ben 32 premi Nobel. Poi torna in Norvegia e mostra agli esperti di prima i risultati della sua inchiesta. Questi, ovviamente, se ne fanno un baffo e rispondono con slogan. Anzi, si chiedono stizziti perché mai ci sia gente che insiste con la biologia, disciplina che è «superato» ritenere che abbia qualcosa a che fare con le differenze tra maschi e femmine. Harald saluta e se ne va.

Però manda in onda il documentario sulla tivù nazionale. La quale è vista in tutta la Scandinavia. Ne è nato un dibattito che è durato mesi ed è finito così: nel 2011 i governi locali hanno sospeso i finanziamenti al Nordic Gender Institute, punta di lancia dell’ideologia omonima. Ma, come sappiamo, i sostenitori della terra piatta hanno soldi e appoggi internazionali potenti. La novità perciò verrà diffusa nelle scuole e sarà messo in galera chi oserà affermare che la terra è tonda. Personalmente, mi preoccuperei più per la seconda minaccia. Infatti, i pargoli, pur indottrinati, che la terra è sferica prima o poi lo scopriranno da soli. 

La guerra contro famiglia e vita comincia all'ONU di Stefano Fontana, 09-02-2015, http://www.lanuovabq.it/

Global GovernanceQuando constatiamo che l’ideologia gender entra nella classe di nostro figlio, oppure che si preme per distribuire senza ricetta alle nostre ragazze la pillola del giorno dopo, oppure che la tale associazione di volontariato per lo sviluppo si è dichiarata a favore dell’aborto, di solito non pensiamo di essere davanti a fatti che hanno la loro origine ben più a monte, che sono stati pianificati molto prima e per cui sono state spese ingenti somme di denaro. Eppure è così.


Nel 2014 appena trascorso si era concluso il ventennio del programma fissato al Cairo nel 1994 sui “diritti alla salute sessuale e riproduttiva”. Tra questi diritti ce ne sono alcuni di buoni, come per esempio l’accesso alle medicini anti Aids o la promozione dell’allattamento al seno, ma ce ne sono altri di malvagi come la contraccezione, la sterilizzazione, l’aborto e l’inclusione dei “nuovi diritti” LGBT. Secondo le Nazioni Unite gli obiettivi del Cairo non sono stati pienamente raggiunti, quindi l’Assemblea generale ha approvato il programma Cairo Beyond 2014, e lo ha collegato con gli Obiettivi del Millennio (Millennium Development Goals) che scadono nel 2015. Il tutto viene rilanciato quindi fino al 2030.

Il collegamento tra obiettivi del Cairo ed Obiettivi del Millennio è un capolavoro strategico per i fautori dei “diritti alla salute sessuale e riproduttiva”. Per una ragazza di un Paese povero poter accedere gratuitamente alla pillola del giorno dopo o all’aborto verrà considerato un diritto tale e quale poter frequentare la scuola o accedere all’acqua potabile. I cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi saranno equiparati ai diritti umani legati allo sviluppo.

Marguerite Peeters, in due articoli pubblicati sul “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, ha ben spiegato come l’ONU vuole procedere nel quindicennio da qui al 2030 nel campo dei “nuovi diritti”.

Il primo punto è che si insisterà ancora più a fondo sulla contraccezione, puntando però in particolare sulla diffusione della pillola del giorno dopo che, secondo gli esperti ONU, finora non è stata adeguatamente promossa.

In secondo luogo, le Nazioni Unite e le sue agenzie si daranno da fare per inserire i nuovi diritti alla salute sessuale e riproduttiva nei diritti universali dell’uomo in quanto tali, in modo che gli Stati che non li rispettano possano essere denunciati e condannati e l’obiezione di coscienza impedita o addirittura vietata.

In terzo luogo, si è deciso di favorire un cambio culturale e religioso “dall’interno”, ossia coinvolgendo come partners le associazioni culturali e le famiglie religiose. La strategia è molto semplice ed astuta: siccome, come abbiamo visto, accanto a contraccezione ed aborto, l’agenda presenta anche obiettivi moralmente condivisibili, li si presenta come un pacchetto unico e così si ingaggiano anche le ong religiose o il volontariato missionario e nel frattempo si cambia dall’interno la loro visione a riguardo. 

Infine, è previsto un ingresso massiccio nelle scuole, a cominciare da quelle dell’infanzia.

Come si vede, queste indicazioni che la Peeters ha estrapolato dai documenti ufficiali delle Nazioni Unite e dai Rapporti delle sue agenzie, dimostrano che quello che stiamo constatando a valle viene deciso a monte. E da chi? Da una casta di persone che non sono elette democraticamente in quanto o vengono designate dai governi o sono il frutto della burocrazia del Palazzo di Vetro. Una casta che decide l’etica mondiale ed elabora dei progetti finanziati da potenti Fondazioni private, da corporations globali o da gruppi farmaceutici internazionali. 

La stessa Marguerite Peeters, nel suo libro recentemente pubblicato in Italia “Il gender. Una questione politica e culturale” (San Paolo) spiega molto bene che attorno ai Vertici come quello dal Cairo ruotano molti attori non governativi, «una potente rete di partner ideologicamente allineati …  che ampliano in maniera esponenziale e capillare il campo di influenza e di applicazione delle sue norme. Scuole, movimenti femminili, autorità locali, sindacati, associazioni giovanili, Ong di sviluppo, organizzazioni caritative, media, ambulatori locali e istituzioni sanitarie, mondo della moda e del divertimento, circoli culturali, imprese, comunità religiose ecc. sono inesorabilmente esposti».

Con ciò il quadro è completo. Una volta si distingueva tra governo e governance. La Dottrina sociale della Chiesa parla della necessità di una autorità mondiale, ma l’ha sempre intesa come una governance e non come un governo, a parte la Nota sulla finanza pubblicata nel 2011 dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace che però ha suscitato anche molte critiche. La parola governance ha sempre richiamato la pluralità sussidiaria. Ora però ci troviamo di fronte ad una governance che è peggio di un governo mondiale. Esiste una pianificazione centralizzata e poi diffusa e diramata. Si parla di consenso, ma si tratta di un consenso estorto con l’indottrinamento, le pressioni sugli Stati, l’omologazione dal basso, i ricatti verso i governi dei Paesi poveri e un fiume di denaro. 

mercoledì 4 febbraio 2015

La Gran Bretagna e la chimera di produrre bambini con tre genitori genetici (ormai si può arrivare fino a sei) febbraio 4, 2015 Redazione, http://www.tempi.it/

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Gran Bretagna, embrioni con tre genitori.
Con 382 voti favorevoli e 128 contrari la Camera dei Comuni ha detto sì alla tecnica che permette la creazione di embrioni con tre genitori. L’intento, come al solito, è presentato sotto le migliori intenzioni. Sfruttando il dna di tre genitori genetici, si dice, si permetterà a donne portatrici di malattie mitocondriali gravi di avere bambini senza trasmettere le loro patologie. Portata avanti dai ricercatori dell’università di Newcastle, la tecnica è stata presentata come la soluzione per quelle «donne che vivono nella paura di tramandare ai propri figli una condizione dolorosa», come ha detto obert Meadowcroft, ad della Muscular Dystrophy Campaing.

SI INSEGUE UNA CHIMERA. Ma non tutti sono convinti, anzi. Contrari al “bebè su misura” si sono dichiarate la Chiesa cattolica e quella anglicana, ma anche associazioni come Human Genetics Alert e numerosi scienziati ed esperti di bioetica. Tempi.it ne aveva parlato a suo tempo con Josephine Quintavalle, la più nota esponente laica del movimento pro-life britannico: «I giornali inglesi – ci aveva detto, quando ancora infuriava il dibattito – ne hanno parlato come di un semplice scambio di mitocondri, mentre si tratta di un progetto fantascientifico eugenetico di cui poco si sa e che si prefigge la creazione di esseri umani con due mamme e un papà, manipolando il corredo genetico degli embrioni». «Il tentativo – aveva osservato Quintavalle – è quello di prendere un ovocita per cambiargli parte del corredo genetico inserendone un altro sano proveniente da una donatrice e poi di fecondare questo ibrido con lo spermatozoo del marito, compagno o donatore che sia. Oppure di prendere un embrione con un corredo genetico che si suppone malato per togliergli il nucleo sano e impiantarlo in un altro embrione. Se sono fattibili queste cose? Non si sa. Quel che è certo è che si manipoleranno tanti esseri umani. L’esito può essere nullo oppure mostruoso».
Si approva una procedura di cui non si conoscono le conseguenze, «perché tanto, poi, esiste l’aborto. Stiamo facendo una strage e seminando sempre più morte». E la felicità dei genitori? «È l’imprevedibile a farci contenti o i nostri progetti asfissianti e ristretti? Ribadisco: manipolando la realtà ci scaviamo la fossa da soli. Quello che sta accadendo è l’esito spaventoso di una chimera».

FINO A SEI GENITORI. Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare e da sempre attenta osservatrice su tali questioni, ieri ha diramato un comunicato in cui ricorda che già «quindici anni fa l’autorità regolatoria americana, la FDA, bloccò procedure analoghe per l’elevato grado di malformazioni che producevano. Oggi si propongono procedure un po’ diverse per ottenere lo stesso risultato, con la giustificazione di evitare malattie ereditarie trasmesse dai mitocondri. Ma non si tratta di una terapia, bensì di una pesante e invasiva manipolazione genetica. È la stessa comunità scientifica ad avanzare dubbi su una tecnica ancora altamente sperimentale, quando l’obiettivo (l’esclusione di alcune patologie) si può ottenere attraverso strade più sicure. La verità è che si attuano esperimenti sempre più azzardati sulla qualità dell’umano e sulla procreazione, senza applicare il più elementare principio di precauzione. Ormai si possono avere fino a 6 genitori, tra compravendita di ovociti, uteri in affitto, e manipolazioni genetiche varie; in questa confusione le relazioni di maternità e paternità perdono ogni significato».

Fecondazione artificiale – Venditori di gameti non più anonimi in Germania, 3 febbraio 2015, http://www.notizieprovita.it/

fecondazione-artificiale_Science_mitocondriI paesi dove la fecondazione artificiale eterologa è praticata da anni, uno dopo l’altro, stanno via via eliminando il diritto all’anonimato dei venditori di gameti.

Ora è la volta della Germania.

La Corte Suprema tedesca ha depositato una sentenza in cui ha stabilito che i bambini di tutte le età possono chiedere l’identità del loro padre biologico. La richiesta può essere presentata dai genitori legali.

L’unica condizione è che questi (di solito la madre) siano in grado di dimostrare che è il bambino che vuole sapere l’identità del padre biologico.

In sostanza il diritto dei bambini di conoscere l’identità dei genitori normalmente supera diritto alla privacy dei venditori di gameti.

La decisione della Corte Suprema è giunta a seguito del caso di merito di due sorelle (12 e 17 anni) a cui era stato negato l’accesso all’identità del padre, venditore di sperma. I loro genitori legali avevano rinunciato a conoscere il venditore al momento del concepimento.

Dal 1970, si stima che almeno 100.000 bambini siano nati da fecondazione eterologa, a seguito di compravendita di sperma in Germania.

Fonte: Bio Edge

Nuove famiglie numerose: un figlio, tre genitori di Tommaso Scandroglio, 04-02-2015, http://www.lanuovabq.it/


Nuova famiglia numerosaNon è più vero che di mamma ce n’è una sola. Lo ha detto la scienza e pure il Parlamento inglese. Ieri la Camera dei Comuni, con 382 voti a favore e 128 contrari, ha approvato una legge, la Human Fertilisation and Embryology Act, che dà il via libera ad una tecnica che prevede la creazione di embrioni con patrimonio genetico di tre genitori. Probabile l’ok da parte della Camera dei Lord. 

La tecnica consiste in questo. Si prende uno zigote – la prima cellula di un nuovo essere umano nata dall’incontro tra ovocita femminile e spermatozoo maschile – si preleva il nucleo e lo si inserisce in un altro zigote a cui è stato tolto il suo nucleo. Questo nuovo zigote avrà quindi patrimonio genetico di un uomo e una donna presente nel nucleo, e una minima parte (tra lo 0,2 e lo 0,5%) di patrimonio genetico presente nei mitocondri dell’ovocita, patrimonio che quindi apparterrà ad un’altra donna. Risultato: il bimbo ha tre genitori biologici. Due mamme e un papà. Tra parentesi: il lettore attento si sarà accorto che per avere questo terzo embrione si sono dovuti sacrificare altri due embrioni. Prendi uno, paghi due.

Ovviamente come sempre accade in questi casi il gioco di prestigio genetico lo si è fatto a fin di bene. Quella madre che avrà dei difetti presenti nei suoi mitocondri, e non vorrà avere un figlio con un Dna tarato, potrà d’ora in poi chiedere che questi vengano sostituiti da quelli di un’altra donna. Insomma si donano gli ovociti e gli spermatozoi, ora non facciamo tanto gli schizzinosi sui mitocondri. Poco importa che poi la Food and Drug Administration ci abbia informato che negli Usa sono già nati 23 bambini con queste tecniche e tutti e 23 avevano delle malformazioni. La scienza, si sa, procede per tentativi (spesso letali). E meno male che Jane Ellison, ministro della Salute, ha dichiarato che questo voto rappresenta “la luce in fondo al tunnel”.

Forse gli inglesi hanno pensato che a fronte di tanti divorzi che fanno crescere i figli con un solo genitore bisognava inventarsi qualcosa per aver più genitori per uno stesso figlio. Una sorta di compensazione biologica tanto per stare nella media “un figlio /due genitori”.

Siamo arrivati alla multigenitorialità biologica perché prima ci siamo abituati a quella sociale. I bizzarri giochi in provetta da tempo hanno già regalato al mondo figli con più genitori. Pensiamo all’eterologa dove un bebè può avere quattro genitori: due biologici, che hanno donato il seme, e due “di fatto”. Poniamo mente poi alla variante “utero in affitto”: il piccolo può essere concepito da un uomo e una donna, portato in grembo da un seconda “mamma” ed infine allevato da una coppia che geneticamente non ha nulla a che vedere con il pargolo. Una famiglia con cinque genitori, un po’ virtuali e un po’ veri. Il caso delle due mamme è poi già consuetudine. Parliamo delle coppie lesbiche che hanno un figlio con l’eterologa

Quindi l’idea che ci possono essere più genitori per lo stesso bambino è già di dominio pubblico ed ha preparato la strada per accettare l’idea che la poligenitorialità non sia soltanto “sociale”, ma anche biologica. 

La vicenda d’oltremanica poi mette a fuoco quale sia l’involuzione del significato di famiglia. La genitorialità non è più un valore ma un fatto. Un fatto organico. Il bambino è solo il prodotto di sostanze organiche che si incontrano. Quindi perché scandalizzarsi se nel frullatore procreativo ci metto pezzi di Dna provenienti da due o tre persone e poi lo faccio girare al massimo della velocità? Il sincretismo e l’ecclettismo genetico anzi, nella prospettiva spensierata di qualcuno, potrebbe essere addirittura un valore. Il bimbo patchwork, o il bimbo multimarca potrebbe essere il risultato creativo della combinazione del meglio che c’è in giro. 

D’altronde il figlio come “cosa” è concetto vecchio di quasi 40 anni. Da quando nel 1978 nacque la prima bambina, Louise Brown, prodotta appunto in provetta. Da allora via libera ai concepimenti post-mortem, dove il bimbo nasce e il padre è già defunto da qualche annetto; agli embrioni cibridi, esseri un po’ umani e un po’ bovini; alla clonazione tipo Andy Warhol, perché la serialità è un valore non solo nell’arte. 

Il figlio viene considerato oggetto assemblato con più parti perché è stato reciso il legame con i genitori con la pratica dell’aborto. Tale pratica non ha ucciso solo il nascituro, ma anche la maternità e la paternità, perché laddove non c’è il figlio non c’è nemmeno una mamma e un papà. Buttata quindi nel fosso la genitorialità così come ci è stata consegnata da madre natura, ce la possiamo reinventare come vogliamo. Eliminato il legame naturale con mamma e papà, posso moltiplicare questo legame per tre, per quattro e così via. Oppure posso ridurlo al minimo sindacale. Infatti si sta già studiando l’ipotesi di concepire un figlio con due gameti provenienti dalla medesima persona, che sarà madre e padre in un colpo solo. 

Nel caso inglese, l’identità del figlio – che si costruisce con il rapporto dualistico con mamma e papà -  viene così triplicata, e dunque frammentata. Ma anche l’identità di questi genitori in cooperativa si frammenta, anzi si diluisce proporzionalmente al numero di madri e padri in gioco. I ruoli ovviamente saltano perché nessuno più ha l’esclusiva del nome “mamma” o “papà”, termini ormai in multiproprietà. Oppure i ruoli si sovrappongono: la cronaca ci racconta di madri che hanno prestato l’utero alla figlia per far venire al mondo il loro nipote. Nonne-mamme.

Una moltiplicazione di genitori che appare infine surreale: sempre meno figli, sempre più genitori. L’inverno demografico viene spazzato via da un’estate genitoriale rigogliosa, ma disperante.

martedì 3 febbraio 2015

Austria, cade divieto per l'adozione dei gay, 03 febbraio 2015




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La Corte costituzionale austriaca ha revocato il divieto di adozione per le coppie omosessuali, secondo quanto annunciato oggi a Vienna dal presidente dell'alta corte, Gerhart Holzinger. Finora, dal 2013, le coppie dello stesso sesso potevano adottare i figli del partner, ma non adottare bambini come coppia. Questo divieto è stato ora revocato dalla Corte.

Il presidente della Corte costituzionale, piuttosto sorprendentemente, ha motivato la pronuncia dicendo che "non esiste un'obiettiva giustificazione giuridica per una regola fondata esclusivamente sull'orientamento sessuale". La sentenza si rifà all'articolo 8 sul diritto a una vita privata e alla famiglia della Convenzione europea dei diritti umani. Questa non stabilisce un diritto all'adozione, ma se un tale diritto esiste "deve valere senza discriminazione", ha spiegato Holzinger. 

Finora il governo di grande coalizione austriaco era diviso: socialdemocratici (Spoe) favorevoli all'adozione e popolari (Oevp) contrari con il condivisibile argomento della tutela della famiglia. 
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Non è omofoba l'università che difende il matrimonio di Massimo Introvigne, 01-02-2015, http://www.lanuovabq.it/


L'università canadese Trinity Western University
C'è un giudice ad Halifax, nella provincia canadese della Nova Scotia, che non ha paura di sfidare la collera della lobby gay. I nostri lettori dotati di buona memoria ricordano il caso della Trinity Western University (clicca qui), una delle più grandi università protestanti canadesi. Questa università, i cui titoli sono legalmente riconosciuti, fa sottoscrivere agli studenti un codice di comportamento, che vieta – tra l’altro – l’accesso a siti pornografici usando la rete WiFi dell’ateneo, il consumo di alcool all’interno del campus universitario, e nei dormitori «l’astensione da forme di intimità sessuale che violino la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Questo codice è analogo a molti che sono in uso da anni negli Stati Uniti. Tuttavia, a causa del codice nel 2013 l'università è stata sottoposta a procedimento da parte di un organo amministrativo, la Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Legge canadesi, che ha deciso d’intervenire con una lettera in cui chiede agli Ordini degli Avvocati di non ammettere alla pratica forense e all'esercizio della professione i laureati in legge della Trinity West University, perché – se quando erano studenti hanno sottoscritto il codice di comportamento – sono fortemente sospetti di omofobia.

Perché di omofobia? Secondo i presidi, perché impegnandosi ad astenersi da rapporti prematrimoniali nei dormitori, gli studenti di legge della Trinity West University dichiarano di voler così onorare «la sacralità del matrimonio tra un uomo e una donna». Dal momento che in Canada c’è il matrimonio omosessuale, la frase sarebbe omofoba perché implicherebbe che solo il matrimonio «tra un uomo e una donna» sia sacro. Non si trattava di vane minacce. In tre province canadesi - l'Ontario, che è quella più importante per la pratica legale a livello nazionale, la Columbia Britannica, dove l'università ha sede, e appunto la Nova Scotia - gli ordini degli avvocati hanno deciso di non ammettere nelle loro fila i legali laureati alla Trinity West University, anche se diventati regolarmente avvocati in altra provincia del Canada, in quanto sospetti di omofobia. La Trinity West University, che gestisce la più importante facoltà di legge del Canada fra le università confessionali, ha risposto con una serie di azioni legali. La Corte Suprema della Nova Scotia ora le ha dato ragione (clicca qui). 

La Corte Suprema argomenta che, benché la maggioranza dei canadesi ormai consideri il matrimonio come una via aperta anche alle persone dello stesso sesso, coloro che ne hanno una visione diversa «non sono paria morali che devono essere nel migliore dei casi rieducati e nel peggiore puniti dal governo». Le autorità non possono imporre, secondo la sentenza, né il «relativismo morale» né «l'ipocrisia», costringendo gli avvocati laureati alla Trinity West University ad affermare la loro lealtà a una visione del matrimonio che, se hanno scelto quella specifica università, verosimilmente non condividono. Più che l'omofobia, conclude la sentenza, è in gioco «il diritto dei cittadini canadesi a poter vivere e lavorare anche se hanno opinioni che possono sembrare ristrette e fuori moda ad altri».

La sentenza è una ventata d'aria fresca, e mostra che le cause in materia di omofobia non sono sempre è necessariamente cause perse. Anche se riguarda solo la Nova Scotia: nelle due province economicamente più rilevanti per l'università, Ontario e Columbia Britannica, gli avvocati laureati alla Trinity continuano a non potere esercitare.  Le cause sono in corso, ma nella Columbia Britannica il governo provinciale è sceso in campo con tutte le sue risorse contro l'università protestante. Non resta che sperare che altri giudici si mostrino ugualmente coraggiosi.