lunedì 29 dicembre 2014

Embrione con due madri, 28 dicembre 2014, http://www.notizieprovita.it/


3genitori
Abbiamo già esposto ai nostri lettori i problemi etici e biologici che pone la creazione di un embrione col dna di un padre e due madri. 

Il lettori sanno che comunque la sperimentazione sugli embrioni comporta la creazione in laboratorio e la soppressione di vite umane innocenti, a onta della dignità della persona e dei suoi diritti inviolabili, tanto sbandierati – rivisitati e corretti – dai politically correct.


Ora Life Site News ci informa che il Parlamento inglese, sta per approvare una legge che consente alla madre che fornisce il mitocondrio e “solo” lo 0,1% del dna, di rimanere anonima.

Ciò pone delle questioni di ordine legale, in quanto contraddice la legge inglese sulla fecondazione artificiale che consente ai figli concepiti in vitro di conoscere l’identità dei genitori biologici dopo che avranno compiuto 18 anni.

Da un punto di vista etico, dato che la percentuale di dna appartenente alla madre mitocondriale è piccola, ma non irrilevante, molti bioeticisti contestano questa prospettiva legislativa.

Da un punto di vista embriologico, molti scienziati ribadiscono quanto sia rischiosa la procedura, che è stata testata in modo insufficiente sugli animali, e non si sa bene come risulteranno gli embrioni così prodotti.

Tanto se “vengono male” li buttano…

Redazione

L'articolo di Life Site:

British Government Will Keep Third Parent in Three-Parent-Embryo IVF a Secret
by Sarah Zagorski | London, England | LifeNews.com | 12/19/14 11:40 AM


The British government is considering using a new technique to eradicate serious illness stemming from one parent. However, there’s a catch— the child will have two mothers and one father.

As LifeNews previously reported, the technique involves the removal of the egg cell’s nucleus and replaced with the nucleus of a woman with mitochondrial disease.

threeparent3Then the genetically-engineered egg is fertilized with sperm creating an embryo that has genetic material from three persons, the mitochondrial DNA (mtDNA) from the donor, and nuclear DNA contributed by the parents. If accepted, Britain would be the first country in the world to allow the creation of babies that have three parents.

Now the British government is arguing that since the third mother will only contribute to 0.1% of the child’s DNA, their identity should remain secret. Currently, the law allows children born via IVF to find out their donor’s identity when they turn 18; however, this would not be the case with three-parent IVF.

Although some believe this will give families suffering from illness the ability to have healthy children, there are serious problems with this technique. First, the science behind this is very new and animal testing of MD has been limited. In other words, no one really knows how safe it will be. Secondly, is it wrong to create multiple babies to only discard— I mean kill a few, which always happens with pronuclear transfer (the process of swapping DNA between two fertilized human eggs).

And finally, many pro-lifers have serious concerns with the morality of making genetically engineered children. This is not just because it involves the destruction of human life, but because in order to perfect these children there will be experimentation. Ultimately, human life will be used in science experiments and mistakes will be made that we cannot take back.

The Daily Mail shares more about the controversy surrounding three-parent IVF:

Supporters say the legislation would allow those living in the shadow of incurable disease the chance to have a healthy child.

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But critics argue that genetically engineering eggs crosses a critical ethical line, and are concerned about the impact of children not knowing who their third parent is.

‘This is already granted to children who are adopted because we understand how important it is for children to know about their genetic heritage for their sense of identity and self-understanding. It should not be denied to these children.’

However Robert Meadowcroft, of the Muscular Dystrophy Campaign, said the technique ‘involves a calculated step into new scientific territory, but it is a very focused step, with the sole aim of preventing a potentially fatal condition from being passed down where possible.’

He added that it would open up the ‘possibility of motherhood’ to women afraid of passing on a painful and debilitating condition.The technique, being perfected at Newcastle University, involves trying to prevent disease caused by faults in mitochondria, which cause serious illness in one in 6,500 babies.

Scientists have found a way of swapping the mother-to-be’s diseased mitochondria with healthy ones donated by another woman.

The technique involves removing the nucleus DNA from a fertilised egg, and inserting it into a donor egg where the nucleus DNA has been removed.

The resulting embryo would end up with the nucleus DNA from its parents – making up the vast majority – but the mitochondrial DNA from the donor, amounting to around 0.1 per cent.

The proposed change in the law was announced by Public Health Minister Jane Ellison. It will have to be debated and voted on in both Houses but could be passed by the end of January. However, it would not become law until October. The Newcastle team say they are delighted that Parliament is to consider the legislation and say they will soon be ready to treat couples.

martedì 23 dicembre 2014

Aborto all'inglese Niente obiezione per le ostetriche, di Lorenzo Schoepflin, 23-12-2014, http://www.lanuovabq.it/


I giudici della Corte Suprema inglese
La Corte Suprema del Regno Unito ha impresso un’ulteriore stretta al diritto all’obiezione di coscienza in tema di aborto. Con una sentenza del 17 dicembre scorso, infatti, l’organo che esprime i giudizi finali su casi di rilevanza nazionale e che per sua natura gioca un ruolo determinante nello sviluppo della legge britannica, si è espresso a sfavore di due ostetriche scozzesi, Mary Doogan e Concepta Wood. 

Le due donne avevano presentato un ricorso contro il loro datore di lavoro poiché, loro malgrado, si erano ritrovate a lavorare in un reparto ospedaliero dove si praticavano interruzioni di gravidanza. Infatti, a causa di una riorganizzazione interna del nosocomio e stante il sempre maggior ricorso all’aborto farmacologico, che presuppone l’intervento dell’ostetrica durante la fase di espulsione del bimbo fatto nascere prematuramente, il reparto di ostetricia era diventato teatro di aborti in avanzata età gestazionale. Inizialmente – nel 2007, epoca dei primi aborti nel loro reparto – alle due colleghe era stato riconosciuto il diritto ad obiettare, poi però negato. Da qui la decisione di adire le vie legali. Ad un primo esito negativo per le ostetriche, datato 2012, era seguita, l’anno successivo, la sentenza a favore della Inner House della Court of Session (la corte scozzese che si occupa dei casi di diritto civile). Successivamente, dunque, il Greater Glasgow Healt Board aveva deciso di rivolgersi alla Corte Suprema del Regno Unito che, dopo le audizioni dello scorso 11 novembre, ha deciso nuovamente – e definitivamente, almeno per quanto concerne i gradi di giudizio nazionali – che per il ruolo ricoperto da Mary Doogan e Concepta Wood non può essere riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza. 

Le due donne avevano presentato un ricorso contro il loro datore di lavoro poiché, loro malgrado, si erano ritrovate a lavorare in un reparto ospedaliero dove si praticavano interruzioni di gravidanza. Infatti, a causa di una riorganizzazione interna del nosocomio e stante il sempre maggior ricorso all’aborto farmacologico, che presuppone l’intervento dell’ostetrica durante la fase di espulsione del bimbo fatto nascere prematuramente, il reparto di ostetricia era diventato teatro di aborti in avanzata età gestazionale. Inizialmente – nel 2007, epoca dei primi aborti nel loro reparto – alle due colleghe era stato riconosciuto il diritto ad obiettare, poi però negato. Da qui la decisione di adire le vie legali. Ad un primo esito negativo per le ostetriche, datato 2012, era seguita, l’anno successivo, la sentenza a favore della Inner House della Court of Session (la corte scozzese che si occupa dei casi di diritto civile). Successivamente, dunque, il Greater Glasgow Healt Board aveva deciso di rivolgersi alla Corte Suprema del Regno Unito che, dopo le audizioni dello scorso 11 novembre, ha deciso nuovamente – e definitivamente, almeno per quanto concerne i gradi di giudizio nazionali – che per il ruolo ricoperto da Mary Doogan e Concepta Wood non può essere riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza. 

È proprio sulla definizione dei ruoli e sull’ampiezza dell’applicazione del diritto di obiettare che si è sviluppata la vicenda riguardante le ostetriche. Lo si capisce leggendo la sentenza, firmata dal vicepresidente della Corte Suprema Brenda Hale. Inizialmente il testo esamina i contenuti dell’Abortion Act, la legge che dal 1967 regolamenta oltremanica l’interruzione di gravidanza, così come integrata e modificata nel 1990 dallo Human Fertilisation and Ebryology Act. Sulla scorta di precedenti casi esaminati, al punto 11 della sentenza si individua l’aspetto essenziale sul quale concentrarsi al fine di decidere quali siano le circostanze in cui è lecito invocare il diritto all’obiezione di coscienza. In particolare, è l’interpretazione del passaggio della legge dove si parla di «partecipare a qualsiasi trattamento autorizzato» che diventa determinante per stabilire diritti e doveri del personale sanitario coinvolto a vario titolo in un aborto. 

Al punto 38, la giudice Hale dice espressamente di propendere per un’interpretazione stretta del termine «partecipare a», che giocoforza preclude il diritto di obiettare a tutti coloro che non prendono parte direttamente ad un aborto. Ne scaturisce una lista di azioni – elencate al punto 39, tutte riguardanti il normale operato delle due ostetriche – che il personale medico non può rifiutarsi di compiere, come ad esempio il coordinamento dei sottoposti e la supervisione degli interventi medici finalizzati all’interruzione di gravidanza. Ma la sentenza si spinge oltre e, esprimendosi su un tema che non era oggetto del contenzioso tra le ostetriche e l’amministrazione della sanità pubblica scozzese, sancisce di fatto l’obbligo per tutto il personale obiettore di indirizzare la donna da un collega disposto a procurarle un aborto.

Il perché di una tale struttura della sentenza si spiega con le premesse del punto 25: l’estensione della garanzia di poter agire in accordo alla propria coscienza, secondo la Corte, rischierebbe di mettere a repentaglio l’erogazione di quello che viene definito come un servizio, l’aborto sicuro. Un ritornello che anche in Italia viene puntualmente riproposto almeno una volta l’anno in occasione della pubblicazione della relazione sull’applicazione della legge 194. L’obiezione di coscienza sarebbe dunque un fastidioso sassolino – da rimuovere – che finisce per inceppare gli ingranaggi del tritacarne abortista. Secondo le due ostetriche, gli effetti della sentenza rischiano di essere devastanti per tutti coloro che desiderano intraprendere la carriera in ambito sanitario, i quali da adesso sanno che saranno obbligati a compiere qualsiasi azione indiretta che contribuisca a portare a compimento un’interruzione di gravidanza. 

Mary Doogan e Concepta Wood hanno evidenziato inoltre come il diritto all’obiezione di coscienza venga praticamente negato a tutti coloro che ricoprono un ruolo gestionale e di supervisione professionale. All’orizzonte si profila un ricorso alla Corte europea dei diritti umani, anche se i precedenti in materia non sono incoraggianti. Da annotare, infine, un dato significativo. Nella sentenza della Corte viene precisato che le due ostetriche sono cattoliche praticanti. A ciò viene ricondotta la loro richiesta di agire secondo coscienza. È davvero curioso che nel Paese dove il diritto ha aperto ai tribunali islamici, strumenti che dovrebbero garantire che su certe questioni si possa decidere nel perfetto rispetto della religione islamica, a due donne cattoliche non venga consentito il libero esercizio della propria coscienza.

venerdì 19 dicembre 2014

Attenzione a giocare con i primi mattoni della vita di Tommaso Scandroglio, 19-12-2014, http://www.lanuovabq.it/


Un ovocita può essere stimolato artificialmente a replicarsi senza bisogno di essere fecondato da uno spermatozoo. È un processo che prende il nome di partenogenesi. L’insieme delle cellule così prodotte, chiamate partenoti, non è un essere umano, ma appunto solo un grumo di cellule.

OvocitaLa Corte di Giustizia dell’Unione Europea ieri ha stabilito che i partenoti  possono essere oggetto di brevetti industriali proprio perché non sono embrioni umani. La vicenda parte da lontano.

Sempre la Corte di Giustizia nel 2011 si trovò a dirimere il caso Greenpeace vs Brüstle. La materia del contendere riguardava una possibile cura per il morbo di Parkinson ottenuto grazie all’utilizzo delle cellule staminali embrionali. I giudici, applicando la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, avevano così stabilito: sì alle sperimentazioni sugli embrioni anche nel caso in cui la sperimentazione portasse alla morte degli embrioni stessi – come nel caso del prelievo di cellule staminali embrionali –; no invece a brevettare queste sperimentazioni. In buona sostanza la sentenza lasciava mani libere ai ricercatori, anche a costo del sacrificio di molte vite umane, però considerava disdicevole lucrarci su.

Inoltre la Corte aggiungeva che i partenoti erano da considerarsi anch’essi come embrioni e quindi non brevettabili. Infine specificava che erano vietati i brevetti su cellule, tessuti e organi dato che non sono un’invenzione umana. Di contro, semaforo verde per tutte quelle tecniche escogitate dalla mente umana che si applicano su cellule, tessuti ed organi.

A luglio di quest’anno approda presso i giudici europei un caso sollevato dall’International Stem Cell Corporation (Isc), la quale aveva chiesto all’Ufficio britannico dei brevetti la brevettabilità di cellule staminali prodotte da ovociti attivati tramite partenogenesi. L’Ufficio brevetti e poi L’Alta Corte di Giustizia di Inghilterra e Galles negarono la possibilità di brevettare questa procedura proprio perché, rifacendosi alla sentenza della Corte di Giustizia del 2011, anche i partenoti non potevano essere brevettati perché considerati esseri umani.

L’Isc però non si è arresa e ha proposto ricorso alla Corte di Giustizia. Questa ha cambiato parere rispetto a quanto stabilito nel 2011. Infatti nel luglio scorso Cruz Villalon, dell’Avvocatura generale della Corte, redasse un parere in cui così si espresse: «La mera circostanza che un ovulo non fecondato possa avviare un processo di divisione e differenziazione cellulare, analogo a quello di un ovulo fecondato, non basta a considerarlo un embrione umano». Ergo i partenoti non sono un essere umano e dunque sono brevettabili. L’avvocato però chiarì che se «tale ovulo viene manipolato geneticamente (ad es. usandolo per una clonazione umana) in modo che possa svilupparsi in un essere umano, esso va considerato un embrione umano e come tale dev’essere escluso dalla brevettabilità». Inoltre aggiunse che gli Stati membri non si devono comunque sentire obbligati a concedere i brevetti sui partenoti. Che ogni Nazione si regoli da sé.

Ieri i giudici hanno confermato il parere dell’Avvocatura, però hanno specificato che spetta ai giudici britannici verificare che nel caso concreto si tratti davvero di partenoti e non di esseri umani ottenuti tramite clonazione di una o più cellule estrapolate dai partenoti.

Dal punto di vista del giudizio morale la sentenza di ieri, in senso stretto, non viola i principi etici del rispetto della persona umana, proprio perché, come accennato, i partenoti non sono esseri umani, ma aggregati di cellule. Però vi sono da appuntare due riserve. 

La prima concerne il fatto che i giudici hanno affermato che i partenoti per virtù propria non possono dar luogo alla formazione di un essere umano (ma semmai solo per un processo artificiale come quello della clonazione). Se avessero questa capacità dovrebbero essere tutelati anche se, in quella loro primissima fase di sviluppo, non sono ancora persone. Implicitamente – ma è solo una nostra ipotesi – i giudici ci stanno dicendo che nemmeno lo zigote, la prima cellula nata dall’incontro tra spermatozoo ed ovocita, è un essere umano, perché è solo lo sviluppo successivo che lo porterà ad essere – non si sa quando – un organismo appartenente alla nostra specie. Lo zigote sarebbe un uomo in potenza non in atto. Insomma pare che per i giudici un grumo di cellule composte da partenoti o a livello di morula (la primissima fase di sviluppo dell’essere umano dopo la fecondazione) non possano essere mai considerate un essere umano perché il loro sviluppo è troppo precoce.

Seconda riserva. Che si faccia attenzione a giocare con i primi mattoni della vita: ovociti, spermatozoi, partenoti etc. Il salto è breve per poi giocare con l’essere umano nei primissimi momenti del suo sviluppo. Già oggi, come abbiamo visto, è possibile sperimentare sugli embrioni, ma non guadagnarci soldi grazie ai brevetti. Domani, chissà: ti potrai trovare un figlio concepito in provetta, geneticamente modificato e brevettato da una multinazionale. Un Figlio ® con il logo della Isc su un gluteo.
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