lunedì 1 agosto 2011

DAT, UN FOCUS SU IDRATAZIONE E ALIMENTAZIONE di Giovanni Battista Guizzetti, Responsabile U.O. Stati vegetativi Centro Don Orione, Bergamo, 29 luglio 2011 da http://www.blogscienzaevita.org/

La legge sul fine vita recentemente licenziata ha introdotto il divieto alla sospensione di alimentazione e idratazione nei soggetti in stato vegetativo. È certamente un fatto importante che aiuta sgombrare il campo da strumentali interpretazioni e errate convinzioni. La vita delle persone in stato vegetativo non dipende da terapie mediche o da particolari supporti tecnologici, ma da quello da cui noi stessi dipendiamo per vivere: acqua, cibo, igiene, mobilizzazione, relazione . Il tentativo di equiparare l’alimentazione ed idratazione ad una terapia ha come unico scopo quello di poterla giudicare sproporzionata ed eventualmente inefficace per aprire la strada alla sua sospensione.

Vale la pena ricordare una riflessione di Keith Andrews: “È curioso che l’unico motivo per cui la sonda dell’alimentazione sia considerata un ‘trattamento’ è perché possa essere rimossa. La gran parte del dibattito riguarda la questione che la sonda sia un trattamento inutile. Io dico che la sonda è un trattamento estremamente efficace in quanto realizza il compito che noi ci aspettiamo che compia. Ciò che in realtà si pone è l’inutilità della vita del paziente – di qui il bisogno di trovare una strada per porre la fine a quella vita. … Il desiderio della medicina di non sembrare apertamente a favore dell’eutanasia ha prodotto un ragionamento tortuoso per dimostrare che non siamo responsabili di quella morte”

L’impianto di una PEG è certamente una procedura medica, ma la gestione successiva non richiede particolari competenze. Molte madri alimentano i propri figli in stato vegetativo, spesso somministrandogli cibi che loro stesse preparano. Alimentare questi soggetti è semplice e richiede solo una ‘competenza’ umana ed affettiva. L’alimentazione sfugge anche la categoria della futilità avendo come scopo il mantenimento della vita.

Il tempo della cura dello SV è quello della vita, di tutta la sua durata. La vita non ‘a tutti i costi’ in obbedienza ad astratti principi, ma una vita riconosciuta, accolta, tutelata e sostenuta nella sua fragilità. Obbiettivo non è la guarigione o il recupero di autonomie, ma il maggior confort possibile , la prevenzione delle complicanze legate all’ immobilità, la relazione, l’ alimentazione, la prevenzione delle anchilosi, la cura della spasticità e delle disautonomie, l’igiene, la mobilizzazione, persino l’abbigliamento. Questi obbiettivi, oltre ad indicare una corretta presa in carico, sono la condizione necessaria per poter sperare in un miglioramento del contenuto di coscienza e della ripresa della relazione ambientale.


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