Gli aborti volontari in Italia sono realmente diminuiti o da qualche anno si sta realizzando quanto Albring nel 1998 già affermava «interrompere la gravidanza il più presto possibile per evitare il conflitto di dover uccidere un bambino nato vivo o prima della nascita»? Nella nostra analisi dei dati offerti dal Ministro della Salute nell’ultima relazione al Parlamento sulla attuazione della legge 194/1978 ci limitiamo ai dati definitivi dell’anno 2012, perché i dati provvisori dell’anno 2013 sicuramente sono inferiori – come accade ogni anno – a quelli definitivi e perché solo di quelli definitivi disponiamo dati sufficienti per una dettagliata analisi. UNA SPIEGAZIONE DELL’APPARENTE DIMINUZIONE DELL’ABORTIVITÀ VOLONTARIA La tanto sbandierata diminuzione degli aborti volontari (ivg) ogni anno in parte è fisiologica perché legata alla diminuzione in assoluto delle donne in età fertile (nel 2012 le donne di età compresa tra 15 e 49 anni sono state 13.523.381 rispetto alle 13.961.645 del 2011, cioè 438.294 in meno, mentre gli aborti volontari sono stati solo 4.223 in meno rispetto al 2011), costituita dalle donne con maggiore probabilità di concepimento (nella fascia di età compresa tra 30 e 34 anni nel 2012 si è registrata una diminuzione rispetto al 2011 di 118.864 unità ed una diminuzione di 956 ivg; nella fascia di età 35-39 anni ci sono state 502.093 donne in meno e solo 456 aborti volontari in meno). E proprio in questa fascia di età (35-39 anni) si registra per la prima volta negli ultimi anni un’impennata del tasso di abortività all’11,58‰ (9, 46‰ nel 2011 e 9,61‰ nel 2010). La vera spiegazione è che da molti anni il controllo delle nascite nel mondo avviene usando metodi abortivi precoci, «Interrompere la gravidanza il più presto possibile per evitare il conflitto di dover uccidere un bambino nato vivo o prima della nascita» e che non certificabili come l’aborto chirurgico o farmacologico con la RU 486, che richiedono il rilascio di un attestato per poterlo fare. Infatti se sommiamo alle ivg gli aborti prodotti dalla pillola estro progestinica in Italia e quelli prodotti dalla pillola del giorno dopo ci rendiamo subito conto che l’aborto volontario nel 2012 (242.730) supera quello del 1982 (234.801), se aggiungiamo quelli prodotti dalla spirale e la stima degli aborti clandestini scopriamo di trovarci di fronte ad una vera e propria ecatombe (1.231.002). ABORTI VOLONTARI TARDIVI (EUGENETICI) Un dato che desta preoccupazione ed in costante crescita col passare degli anni è quello relativo agli aborti volontari oltre i 90 giorni (fine 12^ settimana), che nel 2012 sono diventati 3.917 (3,8 % di tutti gli aborti, cioè si sono quasi ottuplicati rispetto allo 0,5% del 1981), 2676 dei quali sono stati fatti dalla 16^ settimana in avanti e di questi 910 oltre la 21 settimana.  E’ un segno inequivocabile questo dell’affermarsi tra gli Italiani di una deriva eugenetica di hitleriana memoria, e della mentalità dello scarto del feto non perfetto, non sano, che non sembra avere flessioni ove si pensi che in una recente inchiesta fra i giovani di 14-25 anni solo il 39,2% considera molto grave ed inaccettabile il ricorso all’aborto volontario in caso di malattie o deformazioni del feto. E tutto questo nonostante l’esperienza di molte coppie di genitori di feti terminali (La Quercia Millenaria) dal 2005 testimonia che la scelta di portare avanti la gravidanza finché il bambino vive e poter tenere tra le braccia seppur per poche ore il proprio/a figlio/a è meno traumatico che sottoporsi ad un travaglio di parto per far morire il proprio figlio, anzi è fonte di gioia e di serenità, mentre la scelta dell’aborto volontario espone al grave rischio della sindrome postabortiva, che gli estensori delle relazioni continuano a trascurare come pure i consultori familiari a sottovalutare e non indagare e segnalare. OBIEZIONE DI COSCIENZA A pagina 46 della relazione del Ministro della Salute leggiamo “Entrando nel merito dei dati, quelli relativi al 2012 confermano il trend di quelli del 2011:considerando 44 settimane lavorative in un anno, il numero di IVG per ogni ginecologo non obiettore, settimanalmente, va dalle 0.4 della Valle D’Aosta alle 4.2 del Lazio con una media nazionale di 1.4 IVG a settimana.”, quindi non esiste nessun superlavoro per i medici non obiettori necessario per soddisfare le richieste di ivg in tempo utile. Né il numero dei medici obiettori impedisce il funzionamento dei centri di ivg necessari in ogni regione per soddisfarne le richieste, come nella stessa relazione molto chiaramente affermato “Considerando quindi sia il numero assoluto dei punti IVG che quello normalizzato alla popolazione di donne in età fertile, la numerosità dei punti IVG appare più che sufficiente, rispetto al numero delle IVG effettuate, tanto più nel confronto con i punti nascita.”
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