martedì 28 gennaio 2014

Filomena, l'ammazza-legge 40 di Tommaso Scandroglio, 28-01-2014, www.lanuovabq.it

Quasi non fa più notizia. La legge 40 è stata rinviata per l’ennesima volta all’esame della Corte costituzionale. Questa in breve la vicenda. La lei di una coppia è portatrice sana della distrofia muscolare di Becker e rimane incinta in modo naturale di un bambino che alla 12° settimana di gestazione si scopre essere affetto da questa patologia. La coppia decide per l’aborto, ma vuole comunque mettere al mondo un altro figlio e che questa volta sia sano. Qualcuno allora suggerisce loro di provare con le tecniche di fecondazione artificiale perché in tal modo si può eseguire una diagnosi pre-impianto sull’embrione per verificare se è sano prima dell’impianto. Si rivolgono così ad una clinica, il Sant’Anna, ma si sentono rispondere che secondo la legge 40 solo le coppie sterili o infertili posso accedere alla Fivet. Allora – così racconta la cronaca – si rivolgono all’Associazione radicale Luca Coscioni e grazie al patrocinio dell’avvocato Filomena Gallo portano il proprio caso al Tribunale di Roma il quale dà loro ragione e solleva dubbio di costituzionalità sulla stessa legge 40.

A detta del giudice «la legge 40 con il divieto di accesso per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche viola l'art. 3 Corte Cost., principio di uguaglianza tra chi è infertile con malattie genetiche e può sottoporsi a PMA con indagine preimpianto e chi è fertile e portatore di malattie genetiche che a causa della legge 40 non può effettuare tali indagini e evitare un aborto”. Il magistrato poi aggiunge che "Il diritto alla procreazione sarebbe irrimediabilmente leso dalla limitazione del ricorso alle tecniche di procreazione assistita da parte di coppie che, pur non sterili o infertili, rischiano però concretamente di procreare figli affetti da gravi malattie, a causa di patologie geneticamente trasmissibili, di cui sono portatori. Il limite rappresenta un'ingerenza indebita nella vita di coppia".

E’ la terza volta che la legge 40 finisce sul banco degli imputati per questo motivo: nel 2010 se ne era occupato un tribunale di Salerno dando semaforo verde per l’accesso alla provetta a favore di una coppie fertile e poi nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (caso Costa-Pavan) si espresse in modo simile.

La Consulta l’8 di aprile dovrà già pronunciarsi sui divieti posti dalla legge 40 in merito alla fecondazione eterologa e alla donazione degli embrioni soprannumerari. E già in passato la Corte Costituzionale pose mano alla legge consentendo la produzione di più di tre embrioni per ciclo e relativa criconservazione per gli embrioni “eccedenti”. Insomma questa norma sulla fecondazione artificiale rischia di rimanere in braghe di tela.

Questa ennesima puntata della saga sulla legge 40 mette definitivamente in luce che la regista pressoché unica di tale strategia è l’avvocato Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. La Gallo coordina un pool di avvocati che ha lo scopo preciso di mettere una pietra tombale sulla legge 40. Si legge infatti sul sito dell’Associazione Luca Coscioni: “attraverso questo coordinamento ad oggi sono state ottenute le decisioni che hanno determinato la maggior parte dei cambiamenti nella legge sulla procreazione medicalmente assistita (TAR Lazio; sentenza 15/09 Corte Costituzionale numero 2; 2010 Ordinanza tribunale di Salerno su accesso alle tecniche; 2010 Ordinanza tribunale di Firenze solleva il dubbio di legittimità costituzionale sul divieto di eterologa su cui pende giudizio di Costituzionalità)”. L’operato dell’avvocato Gallo ha delle peculiarità che meritano attenzione.

La Gallo, seppur in piccolo, mima le grandi lobby pro-choice sparse per il mondo come ad esempio Planned Parenthood o Marie Stopes International. La differenza, forse voluta, sta nel fatto che l’azione di denuncia di una legge ritenuta liberticida non nasce dall’organizzazione pro-choice, ma viene venduta come iniziativa personale di privati cittadini. Scriviamo “viene venduta” perché pare che il modello “Englaro” sia stato importato di peso nell’affaire legge 40. All’epoca dei fatti che portarono alla morte di Eluana infatti Beppino Englaro non fece mistero sul fatto che se fosse stato per lui non avrebbe mai intrapreso quella lunga battaglia giudiziaria che dopo molti anni condusse la Corte di Cassazione e la Corte di Appello di Milano a decidere di staccare la spina alla figlia. Furono i radicali che lo convinsero a trasformare una battaglia personale in duello giurisprudenziale. Ora la tattica pare la medesima: trovare i casi pietosi, offrire loro patrocinio ed elevare la vicenda personale a livello di dibattito pubblico e politico.

Altra peculiarità sta nel fatto che strada privilegiata per portare a casa i risultati sperati non è quella che passa dal Parlamento, ma quella che transita dalle aule giudiziarie. Una vittoria in questo ambito è una vittoria per sempre: ecco l’importanza di arrivare alla Corte costituzionale, l’unica che, astraendo dal singolo caso concreto, ha il potere di cambiare una legge con una sentenza. Una sconfitta invece non pregiudica altri ricorsi. La Gallo così commenta il rinvio alla Consulta di questo ultimo caso: "Se la sentenza della Consulta sarà favorevole  la legge 40 sarà stata definitivamente cancellata. Confidiamo nei giudici della Corte, visto che il Parlamento è incapace di legiferare nel rispetto dei diritti di tutti i cittadini".

Questa strada è così efficace – e lo dimostrano i fatti – che la volontà popolare espressa dal Parlamento allorché varò la legge 40 e dal referendum del 2005 che ne confermò la validità sono state spazzate via dall’operato di una manciata di avvocati. Le idee di pochi valgono di più di quelle di molte cristallizzate in leggi democratiche. Siamo ben oltre la tecnocrazia dei giudici, qui c’è una minuta oligarchia di potere che però evidentemente è dotata di mezzi (anche economici), risorse e agganci di alto spessore.

L’azione di disturbo perpetrata tramite ricorsi e denunce ha poi una sua efficacia immediata, ben prima che il tribunale si pronunci. Infatti nelle more della decisione dei giudici l’effetto demolitorio della legge 40 già si realizza nella coscienza collettiva, instillando l’idea che, comunque vada a finire in tribunale, questa legge è ingiusta e nemica dei diritti civili.

Altra cifra caratteristica della task force capitanata dalla Gallo sta nel fatto che l’ideologia radicale del bimbo in provetta deve essere senza frontiere. In altri termini occorre globalizzare lo sforzo di demolizione delle leggi nazionali.  Ecco perché spesso la Gallo cita la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo a cui abbiamo fatto cenno sopra. La CEDU, seppur non sia un’istituzione dell’Unione Europea, è diventata nell’immaginario collettivo – e non solo per il caso qui in esame – il quarto grado di giudizio della giustizia italiana. E se Europa locuta causa finita.

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