Le persone con tendenze omosessuali sono poche e in cattiva salute. Questo in sintesi è il dato che emerge da un ricerca condotta dal Centro statunitense per il Controllo e la Prevenzione del Disagio (CDC) - l’istituto di monitoraggio della salute pubblica più rinomato negli USA e non sospetto certo di partigianeria – che ha interessato 34.557 persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni. L’indagine è stata condotta nel 2013 e i risultati pubblicati a fine luglio di quest’anno. Ecco i dati salienti.
Solo il 2,3% della popolazione USA si dichiara facente parte del gruppo LGBT. Più in particolare questa indagine, la più approfondita da 57 anni a questa parte, ci informa che il 96,6 % degli intervistati si qualifica come “eterosessuale”, l’1,6% come omosessuale maschio o femmina, lo 0,7 bisessuale e l’1,1% dichiara di essere “qualcosa di differente” o non sa o non vuole rispondere. Da notare questo particolare: sono gli intervistati che si dichiarano “omosessuali”, ma questo non ci dà garanzia che la loro percezione soggettiva corrisponda ad un dato reale. Ad esempio una persona può sentirsi “gay” perché ha avuto rapporti omosessuali, ma questo non comporta di necessità che la persona viva una condizione omosessuale (così dicasi per le persone eterosessuali). E dunque le cifre potrebbero essere ritoccate al ribasso (o al rialzo).
Comunque sia, anche se i dati fossero lo specchio fedele della realtà omosessuale, potremmo concludere che la percentuale di persone omosessuali è bassissima, ben lontana dalla cifra così propagandata dall’ideologia gender del 10% tirata fuori come per magia dal cilindro del Dott. Kinsey nel lontano 1948 (si legga il recente articolo di Rino Cammilleri “L’altro vizietto dei gay: taroccare le statistiche”). Il dato individuato dal CDC poi va a confermare le percentuali presenti in altri studi simili di anni passati e condotti anche in altri paesi, comprovando che in ogni società c’è sempre stato un minimo sindacale di quota omosessuale.
C’è da aggiungere anche questo ulteriore pensierino. Se le persone omosessuali sono l’1,6% quanti saranno i gay? Cioè quanti saranno coloro che fanno dell’omosessualità una bandiera da sventolare nelle piazze di tutto il mondo, nei parlamenti di tutto l’orbe terracqueo e su tutti i media esistenti? Di certo una percentuale ancor minore, vicino allo zero termico. Questo perché molte delle persone omosessuali vivono con disagio la propria condizione e sicuramente prendono le distanze da coloro che politicizzano la loro sofferenza.
Poi vi sono coloro i quali invece tentano di essere “gai” ma non sono così entusiasti da berciare dai tetti delle case che “gay è bello”. Infatti la persona omosessuale in genere vuole vivere la propria condizione in totale privacy, non perché tema fantomatiche discriminazioni ma perché considera il proprio orientamento un affare privato. E dunque mai si “sposerebbe”, mai metterebbe su “famiglia”, mai chiederebbe per sé un pupo da crescere, per il semplice motivo che non vuole vincoli formali o sociali, ma cerca solo l’opportunità di vivere la propria sessualità in piena libertà, tenendosi ben lontano da rivendicazioni politiche.
Questa operazione di scrematura di quell’esiguo 1% e poco più, ci porta a dire che davvero le richieste delle lobby omosessualiste non hanno ragion d’essere perché prive di fondamento numerico. Se dovessimo usare la stessa misura per altre categorie di minoranza sfoceremmo nel ridicolo. Che dire infatti degli apicoltori? Sono meno dell’1% della popolazione italiana ma ne hanno di problemi: l’inquinamento che falcidia le api insieme ai prodotti chimici che i contadini usano per le proprie piantagioni, le malattie che provengono da madre natura, le bizze del tempo, la concorrenza sleale di chi produce miele per hobby ma non rispetta le regole, la crisi che incalza, i balzelli statali, uno Stato che non riconosce il loro lavoro e li ghettizza, una mancanza di rappresentatività nei settori alti della politica, un regolamento di medicina veterinaria del 1954 che va bene per buoi e cavalli ma non per questi insetti, la mancanza di selezione del prodotto e delle specie.
Eppure non riescono ad avere un loro Scalfarotto in Parlamento che appoggi le ronzanti rivendicazioni del settore, non hanno un Ape-pride, non denunciano la Piaggio per aver abusato del termine “Ape” senza loro permesso, non chiedono quote giallo-nere nelle aziende, almeno quelle agricole, non vanno a pungere – è proprio il caso di dire - giornalisti apofobi che non parlano di loro o ne parlano male. Tommaso D’Aquino scriveva che la legge dovrebbe disciplinare ciò che accade tra i più – dunque dovrebbe disciplinare anche i diritti fondamentali che riguardano tutti, persone omosessuali comprese - e non fenomeni marginali.
Ritornando all’indagine, questa ci fornisce un altro dato assai interessante: relativamente “alle condizioni di salute (ad esempio asma, diabete, disturbi cardiovascolari, disabilità varie) e comportamenti che possono incidere sulla salute come il fumo e l’acolismo […] le minoranze sessuali [leggi ‘LGBT’] tendono a vivere una condizione peggiore rispetto ai loro omologhi che non appartengono alle minoranze sessuali [leggi ‘eterosessuali’]”.
Da ciò una conclusione che il CDC non si sogna nemmeno di fare ma che noi invece azzardiamo ad ipotizzare: vuoi vedere che c’è un nesso tra condotte omosessuali e stato di salute psicofisico? Detto in soldoni: vuoi vedere che l’omosessualità fa male al corpo e allo spirito? L’ipotesi diventa certezza scientifica se andiamo a spulciare qualche ricerca sul tema che comprova che la salute delle persone omosessuali risente del loro stile di vita (E. Rothblum, Depression Among Lesbians, «Journal of Gay & Lesbians Psycoterapy», 1, 3 [1990], p. 76; S. Welch, Lesbians in New Zealand, «N.Z.J. Psychiatry», 34 [2000], pp. 256-263; T. Sandfort, Same-Sex Sexual Behaviours and Psychiatric Disorders, «Archives of General Psychiatry», 58 [2001], pp. 85-91;). Tanto che il tasso di suicidi è superiore della media così come i comportamenti violenti (P. Cameron, Errors by the American Psychiatric Association, «Psycological Reports», 79 (1996), pp. 383-404) Insomma l’omosessualità non fa bene a nessuno, tantomeno e prima di tutto ai diretti interessati.
È un film già visto. Dove non si rispettano le regole etiche, anche quelle che governano la nostra salute saltano, perché la realtà morale e quella fisica sono un tutt’uno nell’uomo. Vedi l’aborto con la sindrome post abortiva che colpisce le donne; vedi la fecondazione artificiale che sforna bebè con tare genetiche e genera infelicità nelle coppie, sia che abbiano o non abbiano avuto il tanto desiderato figlio; vedi la contraccezione che regala effetti collaterali a piene mani alle donne, intorbidisce la fiducia nella coppia e, nel caso del preservativo, espone comunque a rischi di contagio per malattie veneree; vedi divorzio che provoca veri drammi esistenziali a tutti i soggetti coinvolti; vedi infine l’eutanasia che lascia nella psiche dei parenti sopravvissuti che hanno dato il loro benestare a staccare la spina un’angoscia così profonda che li seguirà fino alla tomba.
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