Ci sono dieci ottime ragioni per opporti alla proposta di legge contenente disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia (testo unificato C. 245 Scalfarotto, C. 1071 Brunetta e C. 280 Fiano), che andrà in discussione alla Camera dei Deputati il prossimo 22 luglio.
1) All’art.1 della proposta di legge (Orientamento sessuale e identità di genere) viene introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico la definizione di «identità di genere» come la «percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico».
In questo modo la volontà individuale finisce per prevalere sulla realtà, per cui non si è uomo o donna secondo il dato oggettivo derivante dalla natura, ma secondo il pensiero soggettivo capace di determinare ciò che si vuole essere. Siamo al trionfo della teoria del gender, e all’apoteosi dell’ideologia relativista. Tutto ciò con buona pace del principio di certezza del diritto e di oggettività del reato, che, in questo caso, sarebbe del tutto rimesso ad un criterio d’identificazione meramente soggettivo (una sorta di autocertificazione) non empiricamente valutabile da parte del magistrato.
2) Altro punto pericoloso contenuto nella proposta di legge è quello relativo alla punibilità con la «reclusione fino ad un anno e sei mesi» di chi «incita a commettere o commette atti di discriminazione motivati dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere della vittima.». Questo significa, ad esempio, che non sarà più lecito sollecitare i parlamentari della Repubblica a non introdurre nella legislazione il "matrimonio" gay, o ad escludere la facoltà di adottare un bambino a coppie omosessuali, né sarà più lecito organizzare una campagna di opinione per contrastare l'approvazione di una legge sul "matrimonio" gay o sull’adozione dei minori agli omosessuali.
3) In gioco non c’è soltanto la libertà religiosa ma la stessa libertà di opinione, poiché la proposta di legge, così come formulata, non potrà non avere gravi ripercussioni sui diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione, tra cui il diritto alla libertà di pensiero (art.21) e alla libertà religiosa (art.19).
4) Per comprendere la gravità delle conseguenze della proposta di legge in questione, è sufficiente guardare cosa sta capitando nei paesi in cui è in vigore da anni (Francia e soprattutto Gran Bretagna).
5) Identità di genere e orientamento sessuale, in realtà, non possono costituire una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non-discriminazione, perché diversamente da queste, essa appartiene oggettivamente alla sfera etico-morale. E vi sono ambiti nei quali non può considerarsi ingiusta discriminazione il fatto di tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido.
6) Includere l’orientamento sessuale e l’identità di genere fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta “affirmative action”. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità, che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità. L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a una asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.
7) Le norme che si intendono approvare rispondono ad una mera prospettiva ideologica, del tutto inutile sul piano legale, godendo gli omosessuali degli strumenti giuridici previsti dal codice penale per i tutti i cittadini, contro qualunque forma di ingiusta discriminazione, di violenza, di offesa alla propria dignità personale.
8) La Costituzione italiana, peraltro, già sostiene, all’art 3, che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
9) Si commenta da sola, poi, la proposta di modificare il terzo comma dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, nei seguenti termini: «È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione (…) motivata dall’identità sessuale. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni». Stiamo parlando di tutti coloro che ritengono giusto discriminare gli omosessuali in ordine alla possibilità di contrarre matrimonio e di adottare minori.
10) L’impianto ideologico che sta dietro la ratio di questa proposta di legge si evince anche da una delle pene accessorie, ed in particolare dalla «attività non retribuita in favore della collettività da svolgersi al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo da sei mesi a un anno», costituita da lavoro «in favore delle associazioni a delle persone omosessuali». Siamo alla rieducazione culturale di stampo maoista.
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