lunedì 10 febbraio 2014

La pillola è abortiva, anche se la sua scheda lo nega di Renzo Puccetti, 10-02-2014, www.lanuovabq.it

Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Nel ruolo di edulcorante della pillola del giorno dopo non c'è bisogno di Mary Poppins, più semplicemente si fa carico dell'impresa nientepopodimeno che l'agenzia italiana del farmaco, AIFA, attraverso la revisione della scheda tecnica del Levonorgestrel come preparato somministrato dopo il rapporto sessuale. Nella gazzetta ufficiale del 4 febbraio è riportato che la vecchia dicitura che avvertiva del possibile meccanismo antinidatorio della molecola, un meccanismo eticamente criptoabortivo, è stata modificata per cui si dice che la pillola del giorno dopo “inibisce o ritarda l’ovulazione”.

«Cade definitivamente l’appiglio che consentiva ai medici obiettori di coscienza di negare la somministrazione della contraccezione di emergenza. Si colma così un gap noto da anni a tutta la comunità scientifica», è il commento soddisfatto di Emilio Arisi, presidente della Società della Contraccezione. Ah, scienza, scienza, quando ne sento parlare a proposito di questi argomenti, mi vengono in mente i versi del Metastasio: "che vi sia, ognun lo dice, dove sia, nessun lo sa". Nessuno più di un incallito pro-life come il sottoscritto sarebbe lieto di apprendere che la pillola del giorno dopo e quella dei cinque giorni dopo non agiscono come abortivi, ma per farlo dovrebbe essere convinto da argomenti un po' più solidi di quelli, debolissimi, ex auctoritate. Dispiace che si debba scendere in aspetti tecnici, ma dal momento che si invoca la scienza, come si dice, se scienza dev'essere, che scienza sia.

Siamo piuttosto certi che tra la documentazione che l'agenzia del farmaco produrrà a sostegno della decisione vi saranno sicuramente gli studi del gruppo del Karolinska Institutet e quelli del gruppo dell'Istituto Cileno di Medicina Riproduttiva, entrambi vengono in genere assunti come la prova provata che la pillola del giorno dopo non è abortiva. Ma gli studi non sono come il whisky nei saloon che si tracanna tutto d'un sorso senza badare bene alla qualità della materia, le conclusioni, soprattutto se sono studi finanziati da enti distributori del farmaco, o se gli autori hanno qualche interesse con le aziende produttrici, vanno sorseggiate meditandone pregi e difetti. Nel primo studio gli autori non hanno rilevato alcuna differenza statisticamente significativa nel tasso di adesione degli embrioni ad un preparato tridimensionale di endometrio aggiungendo Levonorgestrel o placebo, concludendo da ciò che la pillola del giorno dopo non impedisce l'annidamento dell'embrione. Non so se gli esperti dell'Aifa hanno preso in considerazione l'articolo scientifico pubblicato da Mozzanega e Cosmi su Gynecological Endocrinology nel 2011 che rilevavano come questo modello era ben lungi dal replicare le condizioni di reale somministrazione del Levonorgestrel. Gli stessi espertissimi non so se abbiano pensato ad un altro elementare criterio scientifico: la dimensione del campione. Non ci vuole molto, basta un piccolo software statistico e mettendo dentro i dati di quello studio ci si accorge che la differenza tra i campioni non è nulla, ma è ben presente, ed è del 16%, essa non raggiunge la differenza statisticamente significativa perché il campione è troppo piccolo, per escludere con certezza la significatività serviva un numero di casi almeno dieci volte maggiore. Negli studi di Croxatto e coll. gli autori hanno invece verificato gli effetti del Levonorgestrel somministrato prima o dopo l'ovulazione rilevando nel primo caso un'efficacia del 100% e nessuna differenza statisticamente significativa rispetto alle gravidanze attese in assenza di farmaco nel secondo caso.

Questi dati provano l'assenza di effetti abortivi? Per nulla. Essi dimostrano solo che la pillola del giorno dopo è più efficace se somministrata prima dell'ovulazione. A questi studi si possono sollevare una marea di critiche metodologiche ma si tratta di elementi molto tecnici da riservare alle sedi appropriate, due cose però spiccano su tutte e sono più facilmente comprensibili. Per escludere che la differenza rilevata rispetto alle attese sia statisticamente significativa in questo studio il campione avrebbe dovuto essere cento volte più grande. È come se gli autori si fossero messi alla ricerca di un microbo con un microscopio capace di vedere oggetti soltanto cento volte più grandi del microbo in questione e così concludere che il microbo non c'è perché non si vede. Il secondo aspetto che gli esperti dell'Aifa e il professor Arisi speriamo ci possano spiegare è un vero e proprio arcano: tra le donne che hanno assunto il Levonorgestrel prima dell'ovulazione non si è verificata nessuna gravidanza pur ovulando nell'80% dei casi. Deve trattarsi di uno stranissimo effetto antiovulatorio per cui l'ovulazione c'è, nessun ritardo è documentato (nello studio pubblicato da Croxatto e coll. nel 2004 che ha esplorato questo parametro, il ritardo della rottura del follicolo ovarico si è verificato con la stessa incidenza nel gruppo trattato rispetto al placebo), la gravidanza viene evitata nel 100% dei casi, eppure gli esperti dell'Aifa ci vogliono convincere che la pillola del giorno dopo ha agito bloccando o ritardando l'ovulazione. È un effetto antiovulatorio a cui viene ricondotta la cosiddetta "disfunzione ovulatoria" di cui è però parte integrante l'inibita produzione di progesterone post-ovulatoria, un effetto notoriamente associato all'abortività precoce. Si pregano gli interlocutori di non rifugiarsi nella storiella dei possibili effetti sul muco cervicale e gli spermatozoi perché trattasi di meccanismi dimostrati inesistenti da almeno cinque studi. Per l'altra molecola, la pillola dei cinque giorni dopo, Mozzanega e coll. hanno appena pubblicato una revisione dei dati sulla rivista Reproductive Sciences che distrugge la tesi degli effetti solo ovulatori. Di tutto questo egli ci parlerà al convegno del 3 maggio che si svolgerà al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum il giorno precedente la Marcia per la vita in cui personalmente potrò aggiungere un po' di dati.

La schiera di quanti la pensano come me, Mozzanega e Cosmi è piuttosto lunghetta: Chris Kahlenborn, Walter B. Severs, Joseph B. Stanford, Rafael T. Mikolajczyk, Emilio Jesús Alegre-del Rey ed altri ancora tutti autori di pubblicazioni scientifiche sull'argomento regolarmente omesse nei documenti di consensus emanate da società scientifiche da cui invano attendiamo una disclosure dei possibili conflitti d'interesse.

Adesso si apre un contenzioso che crediamo finirà davanti ai giudici. Al dottor Arisi, che esultante crede che da oggi saremo obbligati a prescrivere quelle pillole, siamo ben felici di dare una piccola delusione perché non so se ne è al corrente, ma c'è una cosetta che nel codice di deontologia medica si chiama clausola di coscienza; alla luce di questa scriteriata decisione, essa diventa un bene ancora più prezioso da difendere con l'unghie e coi denti. Se lo mettano bene nella testa, noi quelle pillole non le prescriveremo mai.

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