martedì 13 maggio 2014

Come stanno legalizzando la droga senza discutere di Alfredo Mantovano, 13-05-2014, http://www.lanuovabq.it/


Sequestro cocaCerignola (Foggia), 21 maggio 2004. P.L. viene trovato con un chilo e 620 grammi di cocaina: la perizia poi dirà per con esso si possono confezionare 5.500 dosi. Viene arrestato e nel novembre 2004 è condannato dal g.i.p. del tribunale di Foggia a otto anni di reclusione. La difesa fa appello e sostiene che la cocaina che lui deteneva era per uso personale, che l’aveva acquistata in Colombia, e che l’aveva portata con sé in Italia occultandola fra strumenti sanitari in uno zainetto: e dal passaporto risulta che effettivamente egli si è recato in Sud-America qualche mese prima. Nel settembre 2005 la corte di appello di Bari lo assolve con la formula che il fatto non costituisce reato; nella motivazione, dopo avere richiamato la giurisprudenza della Cassazione in materia, i giudici dell’impugnazione affermano che spettava all’accusa dimostrare un uso diverso da quello personale; che dal concetto di uso personale non può escludersi aver costituito una “scorta” per sé; che il criterio della quantità non è di per sé solo significativo di attività di spaccio; che P.L. non portava alcun bilancino, eccetera.

Sentenze di questo tipo erano pronunciate non infrequentemente fino al 2006: costituivano l’eco di un atteggiamento tollerante verso la droga, si inserivano nel solco della prima legge intervenuta nel settore, nel 1975, che a sua volta faceva da eco all’ideologia sessantottina; ovviamente concorrevano alla moltiplicazione dello spaccio e del consumo. Nel febbraio 2006 la musica cambia: col varo della legge Fini-Giovanardi per ogni sostanza stupefacente viene fissato un limite quantitativo (per la cocaina, 250 mg), al di sotto del quale si applicano soltanto sanzioni amministrative, ma oltre il quale scattano le sanzioni penali, se pure con criteri di gradualità e con misure alternative alla detenzione più ampie, correlate a percorsi di recupero. Grazie a quella legge, che contiene altre modifiche importanti, prima fra tutte la eliminazione dell’antiscientifica distinzione fra droghe “leggere” e “pesanti”, negli anni seguenti si sono registrati, a dispetto di tante falsificazioni mediatiche, risultati positivi in termini di dimezzamento dei morti per uso di stupefacenti, di decremento dei consumi, di aumento dei recuperi (ne abbiamo dato conto in precedenti interventi sulla Bussola).

Da qualche mese si stanno rideterminando le condizioni perché lo spartito musicale torni a essere quello di Woodstock, grazie al cocktail costituito dalla sentenza di febbraio della Corte costituzionale, dal decreto legge del Governo di marzo, e dalle aggiunte inserite dalla Camera ad aprile. Per la conversione in legge del decreto resta solo il passaggio dall’Aula del Senato, dove a partire da oggi l’esame del provvedimento sarà completato: per non far decadere il decreto, l’approvazione definitiva dovrà avvenire entro il 20 maggio. Sono quattro i profili che preoccupano di più nelle nuove norme:

Il ripristino della non punibilità quando vi è l’“uso personale”. Nella restaurata formulazione questa destinazione, oltre il limite di quantità, viene desunta da elementi come le “modalità di presentazione” della droga, il “confezionamento frazionato” o “altre circostanze dell’azione”: ciò fa rivivere la giurisprudenza mirabilmente rappresentata dalla sentenza della Corte di appello di Bari, che ricordavo prima. Sarà il caso di non porre ostacoli a chi fa il su e giù dalla Colombia, e non solo, portando con sé chili di polvere bianca;

La depenalizzazione di fatto dello spaccio, grazie a un emendamento proposto dal Governo e approvato dalla Camera, che fa scendere la sanzione per la cessione qualificata “di lieve entità” da un minimo di sei mesi a un massimo di quattro anno di reclusione (rispetto al minimo di un anno e al massimo di cinque prima in vigore). Il nuovo tetto massimo impedisce l’arresto obbligatorio di chi sia colto nell’atto di spacciare; il nuovo limite minimo permette, con le attenuanti generiche e con le diminuenti degli eventuali patteggiamento o rito abbreviato, di ridurre la pena anche a tre mesi, e quindi di convertirla in sanzione pecuniaria. Dunque: chi spaccia per strada rischia molto meno di essere arrestato e, se processato, se la cava pagando un ticket;

Il ripristino della distinzione fra droghe “pesanti” e “leggere”, su cui ci si è soffermati nelle settimane passate. Un emendamento del Ncd, visto con favore da un editoriale del Corriere della sera, avrebbe voluto distinguere fra droghe pesanti e leggere nell’ambito della stessa cannabis e dei suoi derivati, sulla base della percentuale di principio attivo di volta in volta riscontrato nella sostanza sequestrata: la cannabis oltre una percentuale fissa sarebbe “pesante”, al di sotto “leggera”. L’emendamento è stato però ritirato e sostituito da un ordine del giorno, approvato dalle Commissioni, che impegna il Governo a inserire una norma di questo tipo in un provvedimento futuro. Ciò conferma la consapevolezza che per lo meno questa disposizione è errata; ma non compete al Parlamento, quando esamina un testo di legge, modificarlo direttamente, senza delegare il Governo, se lo ritiene sbagliato?

La soppressione di fatto del Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio. Alla Camera è stato approvato un emendamento che ne trasferisce le competenze all’Istituto superiore di sanità: nella imminente eliminazione delle strutture inutili, che sorte avrà un dipartimento così depotenziato? Eppure è una struttura che ha svolto un ruolo importante, di coordinamento dell’attività antidroga di larga parte dei ministeri: visto che nessuno in precedenza ne aveva messo in discussione l’esistenza, non è malizioso concludere che viene punito per avere il suo direttore illustrato al Parlamento, nel corso delle audizioni, i risultati positivi della Fini-Giovanardi e la non leggerezza della cannabis oggi in commercio. È al tempo stesso un messaggio grave rivolto verso chiunque svolga un ruolo di supporto tecnico al Governo o al Parlamento; il messaggio è che se si dicono cose vere, ma sgradite al manovratore, si persevera nell’errore e si elimina chi l’ha segnalato.

Sconcerta che quanto fin qui riassunto non abbia scoraggiato i fautori della demolizione della legge del 2006, né abbia motivato coloro da cui ci si sarebbe attesi una difesa più convinta di quelle norme. Sconcerta che dalla discussione parlamentare non sia emersa piena consapevolezza di tutti gli effetti devastanti che comporterà la nuova legge. Sconcerta che, a fronte dei passaggi prima illustrati, non ci si prenda la briga di confutarli, o di spiegare perché l’interpretazione critica che se ne fornisce sarebbe errata. Sconcerta, soprattutto, che non si colga il filo rosso ideologico post-sessantottino che lega insieme questa vicenda parlamentare con le nuove norme che si vorrebbero introdurre sulle unioni civili, sull’omofobia, sul divorzio sprint, e la ripristinata possibilità di fecondazione eterologa. Che prima di tutto arrivi in porto la riforma degli stupefacenti ha un senso logico e storico: il logo dello spinello libero, e di buona qualità, è il simbolo più adeguato per una Nazione che va in fumo.

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