lunedì 25 giugno 2012


La morte non porta a credere in Dio, smentito il “Catechismo laico” - Uno studio fa crollare un cavallo di battaglia della propaganda laicista, 22 giugno, 2012, http://www.uccronline.it

Solitamente le componenti fondamentaliste dell’ateismo militante ritengono che l’educazione religiosa dei bambini e dei ragazzi sia un plagio, un lavaggio del cervello, addirittura un virus che gli adulti trasmettono ai loro pargoli e dal quale essi non potranno più liberarsi. Non si riesce a capire tuttavia come sia possibile allora che il 99% degli anti-teisti emerga da famiglie cristiane, dopo aver seguito il catechismo per anni e addirittura dopo aver frequentato il seminario, come avvenuto per l’imbarazzante Piergiorgio Odifreddi, il più noto tra questi fondamentalisti.

Occorre ricordare inoltre che, mentre viene diffusa questa tesi, il sito italiano di riferimento dei laicisti integralisti (cioè quello dell’UAAR), ha creato il suo «Anticatechismo per ragazzi: il Piccolo Ateo», con il quale si invitano i bambini -attraverso una voce narrante che vorrebbe risultare simpatica- a «difendervi dai preti, dai famigliari e dalle persone che invece vogliono per forza farvi credere che esiste Dio». Una vera e propria propaganda dell’ateismo, dai classici e prevedibili contenuti pescati nel vasto repertorio laicista, molto simile a quanto veniva insegnato durante le ore di “ateismo” che Joseph Stalin impose alla sua popolazione.

Ipocrisia a parte (ma siamo abituati), è interessante notare che nel (banalissimo) “Catechismo per il piccolo ateo” venga affrontato uno dei tanti cavalli di battaglia: «La paura della morte ci fa illudere che c’è Dio». I bambini dei figli degli atei vengono indottrinati (se per gli atei il catechismo plagia i bambini, lo stesso evidentemente fa “l’anti-catechismo”) con frasi come queste: «Ci sembra impossibile che questa vita così intensa e piena di stimoli, debba finire improvvisamente e in un modo così crudele e sciocco. E allora ci siamo inventati dei sistemi per far sembrare la morte meno brutta di com’è. Sono tutti sistemi illusori, ovviamente, perché nessuno di essi sconfigge davvero la morte. Però almeno uno ci consola assai e ci fa sperare che la vita può continuare anche dopo la morte: questo sistema lo abbiamo chiamato “dio”». 

A questi poveri bimbi andrebbe invece fatto notare che anche la morte può essere “sorella” dell’uomo, come ci ha insegnato San Francesco nel “Cantico dei Cantici”, ovvero una grande risorsa perché è lo stimolo più efficace per pensare alla vita, ad interessarsi di essa, al suo senso ultimo. L’approdo a Dio diventa così l’ultimo passo razionale per chi cerca lealmente ed intensamente la ragione ultima e adeguata del suo vivere. Come ricorda Sant’Agostino, tutto quanto viene prima di Dio, infatti, non basta mai alla sete di significato e di infinito presente misteriosamente in ogni creatura umana. Quindi, certamente la morte avvicina a Dio perché ci costringe ad affrontare seriamente la ragione del vivere, e non tanto per cercare una consolazione. Ma non è nemmeno detto che sia così in modo automatico, dipende sempre dalla libertà dell’uomo.

Infatti, “L’anti catechismo” viene confutato anche da diverse ricerca psicologiche. Nel marzo scorso informavamo, ad esempio, di uno studio scientifico dell’University of Malaya, il quale ha rilevato come le persone religiose (islamiche, in particolare) temono maggiormente la morte rispetto a quelle non religiose. Dunque, “inventarsi dio”, come dicono i sacerdoti laicisti, non risulta essere per nulla utile o efficace. Nel prossimo numero della rivista Personality and Social Psychology Bulletin, invece, ricercatori americani renderanno pubblici i risultati di uno studio attraverso il quale dicono di avere smontato «il mito che gli atei si rivolgano a Dio nei momenti di difficoltà». Infatti, secondo lo studio, pensare alla morte non rende più propensi a credere in Dio, suggerendo che il vecchio detto “non ci sono atei in trincea” non regge.

L’UAAR ovviamente non ha riportato la notizia, anche perché avrebbe dovuto dire ai suoi maître à penser di modificare “L’ateo-catechismo per bambini”. Raffaele Carcano avrà il coraggio di dire ai figli dei soci UAAR che, oltre ad essere stati plagiati da piccoli, sono state a loro inculcate a forza informazioni scientificamente false?

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