Pubblichiamo la discussione, avvenuta venerdì 16 gennaio nell’aula della Camera, riguardante l’interpellanza urgente dell’on. Gigli, cui ha risposto il sottosegretario alla Salute De Filippo, sulla c.d. pillola del giorno dopo. Va segnalato che le puntuali controindicazioni all’uso del “farmaco” dell’interpellante non solo non hanno trovato convincente e rassicurante replica da parte del governo, ma anzi sono rese più preoccupanti dalla considerazione in sede europea del prodotto come “da banco”, e quindi sfornito della verifica medica che avviene con la prescrizione.
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XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell’Assemblea
Seduta n. 364 di venerdì 16 gennaio 2015
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI
La seduta comincia alle 9,30.
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,40).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Chiarimenti e iniziative in merito alla compatibilità del meccanismo d’azione dei cosiddetti contraccettivi di emergenza con principi e norme dell’ordinamento – n. 2-00800)
PRESIDENTE. Passiamo all’interpellanza urgente Gigli n. 2-00800, concernente chiarimenti e iniziative in merito alla compatibilità del meccanismo d’azione dei cosiddetti contraccettivi di emergenza con principi e norme dell’ordinamento (Vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Gigli se intenda illustrare la sua interpellanza. Prego, onorevole.
GIAN LUIGI GIGLI. Grazie Presidente, buongiorno, questa interpellanza, come il sottosegretario sa, avrebbe dovuto già essere discussa la scorsa settimana e in qualche modo ora è datata ma ci consente tuttavia di tener conto almeno sia nella presentazione che nella risposta del fatto nuovo che si è venuto a determinare due giorni fa. Due giorni fa, infatti, la Commissione europea ha dato via libera alla richiesta che l’Agenzia europea di medicinali (EMA), aveva avanzato il 21 di novembre scorso di autorizzare la libera dispensazione del farmaco senza più ricetta medica.
Ora io nell’illustrare questa mia interpellanza le risparmierò tutta la puntuale e dettagliata argomentazione scientifica, che pure abbiamo descritto nel testo dell’interpellanza, augurandomi solo che i suoi funzionari l’abbiano tenuta in debita considerazione nel predisporre il materiale preparatorio per la sua risposta, e cercherò invece di arrivare al nocciolo, al cardine di questo problema.
Tutta questa vicenda ruota attorno a un duplice voluto equivoco ma è sostenuta, a mio avviso, da interessi economici e commerciali a dir poco giganteschi. Il duplice equivoco risiede in due, se vuole, affermazioni, due slogan: il primo è che la gravidanza è una malattia di fatto, non viene detto ma implicitamente così si assume; il secondo: la prevenzione della gravidanza non ha nulla a che fare con l’aborto. Ora sul primo punto non vale la pena nemmeno di diffondersi nel senso che è chiaramente una visione ideologica quella che vede la gravidanza come una malattia, non è mai stata così nella storia dell’umanità e quindi non ci spenderò nemmeno una parola.
Sul secondo punto però, la prevenzione della gravidanza non avrebbe a che fare con l’aborto, qui invece vale la pena spenderla una parola perché certamente questo non è vero per i farmaci anticoncezionali che per definizione prevengono il concepimento e quindi certamente non hanno nulla a che fare con l’aborto. Ma non è altrettanto vero laddove il farmaco agisca con un meccanismo post concezionale. Vi è infatti uno spazio fisiologico tra il concepimento e l’annidamento dell’embrione in utero. Ufficialmente si dice che la gravidanza comincia con l’annidamento dell’embrione in utero ma il concepito inizia la sua vita umana nel momento stesso del concepimento. Quindi vi è questo intervallo tra il concepimento e l’annidamento in utero che oggi in qualche modo si vorrebbe far diventare una sorta di terra di nessuno.
Allora parlare di prevenzione della gravidanza in questi casi, quando al farmaco viene invece richiesto di agire con un meccanismo post concezionale è una grossolanità se non vogliamo dire un falso di natura scientifica un po’ come quella storia che andava di moda tempo addietro, che poi è caduta in disuso, del cosiddetto pre embrione che sarebbe stata una cosa diversa dall’embrione. Oggi per fortuna nessuno ne parla più.
Ma al di là del falso scientifico, io credo che dietro questa terminologia che vuole trasformare in un effetto anticoncezionale del farmaco anche quello post concezionale ci sia di fatto però una contrarietà con le nostre leggi; voglio citare la legge n. 405 del 1975 quella sui consultori familiari, che finalizza la procreazione responsabile alla salute della donna e del prodotto del concepimento. Voglio citare la legge n. 40 del 2004 che benché demolita a colpi di magistratura tuttavia non è stata mai rimessa in discussione per quanto riguarda l’articolo 1 e che, a proposito di procreazione medicalmente assistita, proprio all’articolo 1 riconosce al concepito le stesse tutele che garantisce ai suoi genitori.
Voglio citare, infine, la legge n. 194 del 1978 che, pur permettendo in taluni casi l’aborto per tutelare la salute della madre, proclama la tutela della vita umana fin dal concepimento. Allora, detto tutto questo, io credo che bisogna smascherare il fatto, che adesso arriva alla sua estrema conseguenza di una libera prescrizione, senza più la ricetta medica, che EllaOne agisce soltanto attraverso un meccanismo di tipo antiovulatorio. Ripeto: non entro nel dettaglio dell’analisi scientifica che le abbiamo predisposto, ma credo che a riflettere e a interrogarsi su questo fatto basterebbe la constatazione che, mentre all’inizio del periodo fertile il potere antiovulatorio di EllaOne è altissimo – e questo lo riconoscono tutti – al picco del periodo fertile, invece, gli studi citati dalla stessa azienda, la HRA, nel report che ha portato alla prima autorizzazione, quella del 2009, e mai più smentiti, dicono che al picco del periodo fertile il potere antiovulatorio è mantenuto solo all’8 per cento, mentre il farmaco tuttavia riesce a prevenire la gravidanza nell’80 e passa per cento dei casi. Allora, se il potere antiovulatorio è solo dell’8 per cento e l’efficacia nell’evitare la gravidanza è di oltre l’80 per cento, qualcosa di diverso come meccanismo evidentemente deve esserci in funzione. E d’altronde anche uno sprovveduto capisce che, se una donna, per esempio, avesse un rapporto in periodo fertile oggi e concepisse domani e prendesse o dovesse prendere la pillola EllaOne dopodomani e questa funzionasse, evidentemente, visto che agisce per cinque giorni, non potrebbe essere per un meccanismo di tipo antiovulatorio.
Ora come funziona lo sappiamo: funziona in realtà contrastando il recettore per il progesterone e, quindi, impedendo al progesterone di preparare l’endometrio ad accogliere il concepito. È quello che si chiama, in parole povere, un effetto antinidatorio. Eppure nel foglietto illustrativo del farmaco di tutto questo non viene fatta alcuna menzione e, in questo modo, si impedisce alla donna ed al professionista di compiere delle scelte consapevoli e, quindi, pienamente libere. Ora, non dire questo nel foglietto illustrativo significa, a mio avviso, dare un’informazione parziale e fuorviante, che potrebbe addirittura incorrere in quelle sanzioni che la stessa Unione europea prevede nel caso di informazione sui farmaci di tipo ingannevole od omissivo. Voglio ricordare che c’è una direttiva della Commissione europea, la n. 29 del 2005, che proprio di questo parla, all’articolo 21 e all’articolo 22. Si tratta della direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Ma c’è di più, signor sottosegretario. Il nome chimico di EllaOne – lei ormai credo che lo sappia a memoria – è ulipristal acetato, che suona molto simile, non a caso, a mifepristone: pristal-pristone. Era il 2009 quando il Comitato per la valutazione dei farmaci ad uso umano dell’Agenzia del farmaco europea, l’allora EMEA ed oggi EMA, si occupò in un documento ufficiale, per la prima volta, della pillola dei cinque giorni dopo. I laboratori della HRA Pharma, l’azienda francese che la produce, richiesero l’autorizzazione per metterla in commercio e, come prassi, l’Agenzia per esprimersi dovette farlo con un rapporto dedicato.
Letto oggi, dopo l’annuncio shock che questa pillola dovrà essere venduta senza ricetta medica nelle farmacie di tutta Europa, questo rapporto del 2009, mai contraddetto e mai smentito, è destinato a sollevare dei pesanti interrogativi. Dopo pagine descrittive sull’impiego e gli effetti della pillola, a cui, come abbiamo detto e ripetuto, viene attribuito un semplice effetto antiovulatorio, compare un capitolo del tutto inaspettato. Lo leggo un attimo in inglese: «Off-label use as an abortifacient». Questo è il titolo nel rapporto, vale a dire, traducendolo in italiano: «Impiego fuori etichetta come abortivo».
La stessa HRA, cioè, segnalava che EllaOne potesse essere assunta anche per abortire, e questo ben oltre i cinque giorni dopo il presunto rapporto a rischio. Ora, se questo è vero, come è possibile che al farmaco venga riconosciuto esclusivamente un effetto antiovulatorio ? Ripeto, parlo solo della correttezza dell’informazione. E questo è talmente evidente proprio perché, come dicevo, l’ulipristal acetato e il mifepristone sono, nello stesso rapporto, indicati come farmaci equivalenti dal punto di vista dell’effetto abortivo.
Infatti, per abortire almeno fino a sette settimane bastano 200 mg di mifepristone, la Ru486, che equivalgono, quanto a efficacia sull’endometrio, a 200 mg di ulipristal non micronizzato. E siccome EllaOne contiene 30 mg per compressa di ulipristal micronizzato, che corrisponde a 50 mg di ulipristal non micronizzato, allora con quattro compresse, cioè con 120 mg di micronizzato, noi otteniamo un dosaggio equivalente ai 200 mg di Ru486, e questa non è contraccezione.
Non a caso, alla pagina 45 dello stesso rapporto, l’Agenzia del farmaco europea raccomanda, dietro consiglio della stessa azienda, nel 2009, di prestare attenzione da parte dei medici che prescrivono il farmaco e di effettuare un’indagine accurata – cito tra virgolette – «nei reparti di ginecologia dove arrivino donne con una diagnosi di aborto “spontaneo” incompleto», e addirittura suggerisce dei «registri delle prescrizioni», così da poter identificare gli effettivi casi di uso anomalo.
Tutto questo era vero nel 2009, l’azienda lo ha citato nel rapporto con cui è stata ottenuta l’autorizzazione: tutto questo è stato cancellato, smentito, dimenticato, non per il sopravvenire di nuove evidenze scientifiche, cosa che è sempre possibile in medicina, ma, torno a ripetere, esclusivamente per esigenze di natura commerciale.
Dall’altro ieri secondo l’EMA – e ci abbiamo messo il timbro non più dell’azienda, ma dell’Agenzia europea per il farmaco – il farmaco, dunque, non è un abortivo, non ha effetti collaterali rilevanti e può essere acquistato senza alcuna prescrizione medica. Ora, è evidente che, se una donna si recasse in quattro farmacie diverse, potrebbe tranquillamente comprarsi quattro pillole, o nella stessa farmacia in giorni diversi, e fare un aborto anche alla settima settimana di gravidanza con questo farmaco.
PRESIDENTE. Concluda.
GIAN LUIGI GIGLI. Vado a concludere. In questo modo io ritengo che si ingannino la popolazione e, in particolare, le adolescenti, che ricorrono massicciamente a questo farmaco, ma, soprattutto, si violino le leggi del nostro Stato che finalizzano la procreazione responsabile alla tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento, e perfino la legge n. 194 del 1978, che vieta l’aborto clandestino.
La donna può decidere consapevolmente di abortire secondo le condizioni previste dalla legge, ma non può assumere un farmaco che sia abortivo facendole credere che in quel modo sta soltanto evitando il concepimento. Se mi permette una battuta, è il bugiardino, in questo caso, ad essere davvero bugiardo, visto che tace informazioni estremamente gravi.
Ora tocca all’Aifa e al Ministero della salute valutare questi dati: finora EllaOne nel nostro Paese è stata prescritta da un medico e dopo l’esecuzione di un test di gravidanza, proprio per evitare possibili aborti. In base a una direttiva europea, gli Stati in cui vigono legislazioni nazionali che vietano o limitano la vendita o l’uso di medicinali a fini contraccettivi o abortivi possono rifiutarsi di adottarli. È la direttiva del 2001.
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIAN LUIGI GIGLI. Ho finito. Chiedo al Sottosegretario quale sarà l’atteggiamento che il suo Ministero vorrà avere in questa materia.
PRESIDENTE. Grazie. Il sottosegretario di Stato per la salute Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.
VITO DE FILIPPO, Sottosegretario per la salute. Signora Presidente, onorevole Gigli, vi è stato un lungo approfondimento della parte introduttiva dell’interpellanza che lei ha presentato, che è una lunghissima sequenza di dati scientifici con i quali abbiamo provato a confrontarci puntualmente in questi giorni. Proprio in merito alla problematica in esame, preliminarmente l’Agenzia italiana del farmaco ha precisato questi primi elementi. La specialità medicinale ellaOne (unipristal acetato), come lei ha più volte riferito, è stata autorizzata dall’Agenzia regolatoria europea EMA, con procedura centralizzata il 15 settembre 2009, ed inserita nel registro comunitario dei medicinali in confezione da 30 milligrammi (titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio – come ha più volte riferito anche lei – è l’HRA Pharma, questa azienda francese) e ne è stata definita, a livello nazionale, la classificazione di rimborsabilità nella classe C e il regime di fornitura, con prescrizione con ricetta medica da rinnovare volta per volta, in data 8 novembre 2011. Questo farmaco è indicato come contraccettivo di emergenza, da assumere entro 120 ore (5 giorni) da un rapporto non protetto o dal fallimento di altri contraccettivi. Il principio attivo di ellaOne, l’ulipristal acetato che è stato citato, agisce da modulatore del recettore del progesterone: il farmaco, legandosi ai recettori ai quali normalmente si lega il progesterone, inibisce all’ormone di esercitare il suo effetto definitivo. Attraverso la sua azione sui recettori del progesterone, ellaOne impedisce la gravidanza principalmente mediante la prevenzione o il ritardo della stessa ovulazione.
In fase di rilascio di AIC, l’uso di ellaOne in gravidanza è stato inizialmente controindicato, e per tale ragione in Italia, anche in adesione al parere del Consiglio superiore di sanità del 14 giugno 2011, la prescrizione del farmaco è stata subordinata alla presentazione di un test di gravidanza ad esito negativo, basato sul dosaggio delle beta HCG, al fine di escludere la presenza di una gravidanza in atto e quindi di evitare ogni possibile danno per il feto.
Ciò premesso, in data 7 gennaio 2015, la Commissione europea, come ha nuovamente citato anche lei, ha approvato la proposta di variazione dell’AIC, sulla quale il Comitato per i medicinali per uso umano dell’EMA aveva dato parere positivo, per la modifica del regime di fornitura di ellaOne da «medicinale soggetto a prescrizione medica» a «medicinale non soggetto a prescrizione medica», con contestuale eliminazione della gravidanza dalla lista delle controindicazioni all’uso del medicinale stesso. Va precisato che questo parere positivo non è stato reso all’unanimità, bensì a maggioranza: 21 votanti su 31, e che l’Italia ha espresso – unitamente a Stati come la Germania, la Polonia, la Lituania, la Croazia e l’Ungheria – il proprio parere contrario sotto il profilo della sicurezza dell’uso del farmaco, in considerazione della contestata mancanza di dati scientifici sufficienti per trarre conclusioni certe circa l’assenza di effetti fetotossici o teratogenetici.
Come noto, nell’ambito delle procedure centralizzate e nel rispetto delle disposizioni comunitarie (e specificamente l’articolo 14, paragrafo 10, del Regolamento CE n. 726/2004, che a sua volta richiama l’articolo 70 della Direttiva n. 2001/83/CE), il Comitato per i medicinali ad uso umano è tenuto ad includere nel suo parere i criteri di prescrizione del medicinale oggetto della procedura. Il parere definitivo del Comitato viene poi trasmesso dall’EMA alla Commissione europea per l’approvazione della definitiva decisione. Nella fattispecie in esame – è stato ricordato – il parere del Comitato è stato confermato dalla Commissione europea, che pertanto ha accolto la richiesta di variazione da «medicinale soggetto a prescrizione medica» a «medicinale non soggetto a prescrizione medica». A livello nazionale, ai sensi dell’articolo 87 del decreto legislativo n. 219/2006, l’AIFA dovrà comunque valutare la prevedibile istanza da parte dell’azienda titolare dell’AIC di ellaOne, previa acquisizione del parere della Commissione tecnico-scientifica della stessa Agenzia.
Ricostruito così il quadro fattuale e normativo, vorrei ringraziare gli onorevoli interpellanti per aver sollevato una tematica che presenta profili di particolare delicatezza con riguardo alla tutela della salute della donna. Proprio per tale ragione, si ritiene necessario rimettere nuovamente la questione al Consiglio superiore di sanità che, peraltro, come sopra riferito, aveva già espresso il proprio parere sul medicinale in esame. Più in particolare, la questione sarà rimessa al Consiglio affinché approfondisca i profili di sicurezza del medicinale e si esprima nuovamente alla luce della intervenuta variazione a livello comunitario.
L’AIFA, per i profili di competenza, sottoporrà la questione alla propria commissione tecnico-scientifica, che sta esaminando in maniera approfondita ogni aspetto correlato alla sicurezza dell’uso del farmaco in automedicazione, ovvero «prodotto da banco», in quanto in tal caso lo stesso potrebbe divenire liberamente acquistabile.
All’esito degli approfondimenti tecnici, si valuterà, anche alla luce del combinato disposto degli articoli 1, comma 1, lettera b), della legge n. 405 del 1975, che lei ha più volte citato nella sua interpellanza urgente, e 2, ultimo comma, della legge n. 194 del 1978, e dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva europea n. 83 del 2001, così come richiamato dall’articolo 13 del regolamento dell’Unione Europea n. 726 del 2004, se ricorrano o meno le condizioni per la dispensazione del medicinale in questione su prescrizione medica.
PRESIDENTE. Il deputato Gigli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
GIAN LUIGI GIGLI. Grazie Presidente. Io la ringrazio davvero, signor sottosegretario, perché la sua risposta è stata certamente precisa ed esauriente.
Vorrei però citare alcune cose che sono emerse da quello che lei ci ha detto: lei ha riconosciuto giustamente che il farmaco è un modulatore del recettore del progesterone. Ora, dire questo significa ammettere implicitamente che il farmaco può avere – dipende da quando è assunto ovviamente e dalla fase del ciclo in cui è assunto – un effetto antinidatorio perché il progesterone non serve soltanto al picco dell’ovulazione, ma serve anche a formare poi l’endometrio, in maniera tale da poter accogliere l’embrione.
Ora, se dovesse andare avanti così – io mi auguro che così non sia e sono contento di quello che lei ha detto – noi ci troveremmo nella condizione nella quale, senza alcun fatto nuovo scientifico accaduto nel frattempo, un’azienda chiede di commercializzare in maniera indiscriminata un farmaco, per il quale, a questo punto, non servirebbe più non solo la ricetta del medico, ma nemmeno il farmacista. Potrebbe bastare il commesso di una parafarmacia e dopodomani, se vendessimo i medicinali da banco nei supermercati, potrebbe bastare pure la cassiera del supermercato, dopo che uno se l’è preso da sé. Questo significherebbe in effetti – come lei stesso ha detto – non curarsi della salute delle donne. Questo farmaco è una bomba ormonale e nessuno di noi conosce al momento i rischi di eventuali somministrazioni ripetute, soprattutto quando esse hanno a che fare col corpo di adolescenti la cui vita ormonale è ancora in formazione e che potrebbero – proprio perché ritenuto il meccanismo più facile anticoncezionale, e anticoncezionale non è – servirsene anche a ripetizione.
Io credo che una minorenne potrebbe arrivare a prendere, a differenza di altri farmaci per i quali serve la ricetta e non possono essere dati ai minorenni, questo farmaco tranquillamente superando anche la potestà genitoriale e potrebbe farlo – lo ripeto – senza alcuna considerazione per il proprio corpo e per la propria salute. Chi potrà escludere – dicevo – che una ragazzina possa usarlo infine anche effettivamente per un aborto solitario, cioè per riportare l’aborto nelle condizioni di clandestinità dalle quali la stessa legge n. 194 ha voluto sottrarlo ?
Ora, per limitare i danni, io credo che sia necessario, nel rispetto dell’anonimato, garantire almeno la tracciabilità dei prodotti venduti come contraccettivi cosiddetti di emergenza specie alle minori. Questo non elimina certamente la questione educativa, ma segnalando almeno i casi di uso troppo frequente, si disporrà almeno di uno strumento in più, evitando di lasciare le adolescenti sole.
Un’ultima domanda, però, mi sia consentita, sottosegretario: se dovessero verificarsi poi dei danni alla salute di queste donne e qualcuno cominciasse ad avviare azioni legali di rivalsa, chi sarebbe responsabile a questo punto dell’informazione parziale, omissiva o ingannevole ? Sarebbe responsabile l’EMA ? Sarebbe responsabile l’AIFA ? O chi ha altro sarebbe responsabile ? Non è che alla fine arriverebbe tutto addosso al Servizio sanitario nazionale ?
In fine, lei stesso l’ha richiamata, esiste la possibilità che l’Italia si sottragga, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, della direttiva 2001/83/CE, alla procedura centralizzata. Infatti, in questo articolo 4, comma 4, si dice che la stessa direttiva non osta all’applicazione di leggi nazionali che vietano o limitano la vendita, la fornitura o l’uso di medicinali a fini contraccettivi o abortivi.
Concludendo, volevo suggerirle, in coda al mio discorso, ma lei mi ha preceduto, di operare una pausa di riflessione, di portare la questione, come abbiamo fatto per Stamina, se lo ricorda il sottosegretario De Filippo, all’attenzione del Consiglio superiore di sanità. Lei mi ha anticipato, lo ripeto, ed ha accolto questo invito. Io sono quindi soddisfatto e mi auguro che questa pausa di riflessione avvenga, davvero, sulla base dei dati scientifici e non sulla base delle pressioni commerciali che hanno a che fare con gli interessi di una grossa multinazionale, ma certamente non hanno a che fare con la salute delle donne e tanto meno hanno a che fare con il rispetto del concepito.
ALLEGATO C)
Chiarimenti e iniziative in merito alla compatibilità del meccanismo d’azione dei cosiddetti contraccettivi di emergenza con principi e norme dell’ordinamento – 2-00800
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
lo Stato italiano, attraverso le sue leggi, finalizza la procreazione responsabile alla tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento (all’articolo 1, comma 1, lettera c), della legge n. 405 del 1975). Questa tutela è ribadita anche all’articolo 1, comma 1, della legge n. 194 del 1978 che, pur permettendo l’aborto in casi che dovrebbero essere eccezionali, proclama la tutela della vita umana dal suo inizio, cioè dal concepimento e non dall’inizio della «gravidanza» (che l’Organizzazione mondiale della sanità, per convenzione, fa decorrere dall’impianto in utero). La legge n. 40 del 2004, da ultimo, all’articolo 1, comma 1, riconosce al concepito nelle procedure di fecondazione assistita le tutele che garantisce ai suoi genitori (passaggio mai modificato da alcuno dei numerosi interventi della Corte costituzionale);
è quindi importante sapere se i farmaci utilizzati per la contraccezione d’emergenza, il Levonorgestrel (LNG, Norlevo) e l’Ulipristal Acetato (UPA, ellaOne), agiscano sempre prevenendo il concepimento o anche attraverso altri meccanismi di azione e se il loro uso sia, di conseguenza, sempre compatibile con le leggi e, prima ancora, con i princìpi che le fondano;
un’informazione corretta sul meccanismo d’azione di questi farmaci appare dunque doverosa ed è presupposto indispensabile perché siano pienamente liberi sia il consenso informato al loro utilizzo da parte della donna, sia la scelta professionale del medico in merito alla loro prescrizione;
la libertà di coscienza del medico e di tutti gli operatori sanitari è un bene costituzionalmente rilevante ed essa non può prescindere da un’informazione corretta (Cnb pronunciamento 12 luglio 2012);
per contraccezione d’emergenza si intende l’assunzione di farmaci a seguito di un rapporto sessuale non protetto avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale e cioè nei 4-5 giorni che precedono l’ovulazione e nel giorno dell’ovulazione stessa: solo in tali giorni, infatti, il muco cervicale consente il passaggio agli spermatozoi. Fra essi, il giorno più fertile, cioè quello in cui la probabilità di concepire è più alta, è il giorno che precede l’ovulazione, seguito dal giorno ancora precedente e dal giorno stesso dell’ovulazione. In questi tre giorni è anche massima l’incidenza di rapporti sessuali, sia protetti, sia non protetti;
assumere questi farmaci costituisce un tentativo estremo che si trova a fare i conti con il fatto che, grazie al muco fertile, gli spermatozoi hanno già attraversato il collo dell’utero e in buona parte hanno anche già raggiunto la tuba e che l’ovulazione è ormai prossima;
per evitare che clinicamente compaia una gravidanza si può impedire in extremis che avvenga l’ovulazione e cioè prevenire il concepimento, oppure fare in modo che il figlio concepito non trovi all’interno dell’utero il terreno accogliente di cui ha bisogno;
la differenza sostanziale fra le due ipotesi è chiara: nel primo caso non si giunge al concepimento, nel secondo viene attivamente soppresso l’embrione ancora prima che si manifesti la sua presenza;
i farmaci attualmente utilizzati nella contraccezione d’emergenza sono il Levonorgestrel (LNG, Norlevo), un potente progestinico sintetico, e l’Ulipristal Acetato (UPA, ellaOne), un potente antiprogestinico sovrapponibile per caratteristiche chimiche al Mifepristone (RU486, Myfegyne);
l’azienda produttrice (HRA Pharma), la Food and Drugs Administration degli Stati Uniti (USFDA), l’Agenzia europea dei medicinali (EMA), le più rappresentative società scientifiche internazionali e nazionali dei ginecologi sostengono e divulgano che i contraccettivi d’emergenza prevengono o ritardano l’ovulazione e quindi impediscono il concepimento, senza interferire in alcun modo con l’annidamento;
la realtà dei fatti che si evince dagli studi sperimentali è, invece, profondamente diversa;
per tutti i riferimenti bibliografici riguardanti tali studi, si rimanda alla position paper della SIPRe – Società italiana procreazione responsabile – al sito: http://www.sipre.eu;
gli studi sperimentali, inclusi quelli che hanno portato all’approvazione dei due farmaci, evidenziano che Norlevo ed ellaOne non sono in grado di prevenire con certezza il concepimento, se non quando vengano assunti proprio all’inizio del periodo fertile. Nei giorni fertili successivi, infatti, e soprattutto nei giorni più prossimi alla liberazione dell’ovocita, questi farmaci non hanno più alcun effetto sull’ovulazione e sul concepimento, mentre rendono l’endometrio inospitale per l’embrione. I giorni fertili più prossimi all’ovulazione sono, peraltro, i giorni più fertili del ciclo mestruale e sono anche quelli in cui statisticamente sembrano concentrarsi il maggior numero di rapporti sessuali e in cui si verificano il maggior numero di concepimenti;
per quanto riguarda Norlevo, ogni compressa contiene 1.5 mg di Levonorgestrel, da assumersi per via orale in unica dose. Il farmaco viene presentato come contraccettivo di emergenza da utilizzare entro 72 ore dal rapporto sessuale non protetto, evidentemente avvenuto in uno dei giorni fertili pre-ovulatori. L’efficacia del trattamento, tuttavia, sembra persistere fino a 96 ore senza riduzione significativa;
la Federazione internazionale dei ginecologi e ostetrici (FIGO) e il Consorzio internazionale per la contraccezione d’emergenza (ICEC) nei loro statement ufficiali congiunti del 2008, del 2011 e del 2012, «How do Levonorgestrel-only emergency contraceptive pills (LNG ECPs) work to prevent pregnancy?», affermano che il Levonorgestrel agisce posticipando o inibendo l’ovulazione e che quindi previene il concepimento senza interferire con l’annidamento di un embrione eventualmente concepito;
in realtà, proprio dagli studi citati a sostegno di queste affermazioni, appare evidente che la maggioranza delle donne studiate ovula regolarmente quando assume il farmaco nella fase pre-ovulatoria avanzata, che comprende anche i giorni più fertili del ciclo. Gli studi citati, oltre a evidenziare che le donne ovulano, dimostrano anche che in queste stesse donne il Levonorgestrel – somministrato nel periodo fertile pre-ovulatorio – impedisce la formazione di un corpo luteo adeguato, rendendo insufficiente la produzione di quegli ormoni (progesterone in particolare) che hanno il compito di preparare l’endometrio all’impianto. Ne consegue l’impossibilità per l’embrione di annidarsi;
va segnalato, tuttavia, che LNG, assunto nei giorni fertili, è comunque molto efficace: esso previene il 70 per cento delle gravidanze, pur essendo incapace di inibire l’ovulazione proprio nei giorni più fertili del ciclo, quelli in cui si concentrano il maggior numero di rapporti e di concepimenti. In uno studio, in particolare, oltre il 70 per cento delle pazienti trattate con Norlevo nei giorni fertili pre-ovulatori ovularono normalmente al momento previsto, senza però che poi comparisse alcuna gravidanza a seguito dei rapporti sessuali non protetti. Evidentemente la ragione del successo del Norlevo risiede in altro: le modificazioni indotte nell’endometrio che lo rendono inadatto all’annidamento dell’embrione;
gli studi di coorte, a ulteriore conferma, dimostrano con estrema chiarezza che è proprio la somministrazione del Levonorgestrel nel periodo pre-ovulatorio a impedire che compaiano gravidanze clinicamente evidenti e, dal momento che l’ovulazione non viene impedita e il concepimento può normalmente seguire, l’effetto contraccettivo sarà necessariamente post-concezionale;
malgrado tali evidenze, gli esperti della Figo sostengono che il Levonorgestrel non impedisce l’annidamento e lo esplicitano in tutte le successive edizioni degli statement. Per dimostrarlo si rifanno a due studi che utilizzano colture di tessuto endometriale prelevato da donne fertili con cicli normali, che non avevano ricevuto alcun trattamento ormonale;
in particolare, nei due studi citati vengono utilizzate colture da endometrio luteale prelevato cinque giorni dopo l’ovulazione, cioè nel periodo di sua massima recettività. In questo endometrio del tutto ospitale vengono impiantati embrioni. La presenza in coltura del Levonorgestrel consentirebbe l’impianto del 45 per cento degli embrioni;
anche volendo accettare che il Levonorgestrel, aggiunto in coltura, non interferisca con l’annidamento, va ribadito, tuttavia, che in questi studi viene utilizzato endometrio normale ottenuto da pazienti che non avevano assunto alcun trattamento ormonale; non si utilizza endometrio prelevato da pazienti trattate con Levonorgestrel nei giorni fertili pre-ovulatori. La sola cosa che questi studi consentono di affermare è che il Levonorgestrel, somministrato cinque giorni dopo il concepimento, in piena e normale fase luteale, non impedisce un annidamento che sia già in corso; ma non sono certo questi i giorni in cui viene raccomandato il ricorso alla contraccezione d’emergenza;
per quanto riguarda ellaOne, ogni compressa contiene 30 mg di Ulipristal Acetato nella sua forma micronizzata, da assumersi per via orale in unica dose. È unanimemente riconosciuto che 30 mg di UPA micronizzato equivalgono a 50 mg di UPA non micronizzato, il principio attivo somministrato in capsule di gelatina che era stato utilizzato nelle precedenti sperimentazioni cliniche;
l’azienda produttrice, HRA Pharma, sostiene che ellaOne, somministrato nel periodo fertile del ciclo mestruale, abbia la capacità di posticipare l’ovulazione e quindi impedisca l’incontro di uovo e spermatozoo. Il farmaco avrebbe la capacità di inibire l’ovulazione e di differirla di cinque giorni anche quando venisse assunto immediatamente prima dell’ovulazione, e agirebbe con efficacia immutata anche se assunto fino a cinque giorni dopo il rapporto non protetto;
questa posizione ufficiale, che si basa su un unico studio che valuta l’effetto di ellaOne sull’ovulazione, quello di Brache appena citato, è fatta propria in toto e così divulgata da ICEC e FIGO (http://sigo.it);
benché il numero di donne valutate sia esiguo, solo 34, esse vengono considerate dapprima complessivamente e quindi stratificate in tre gruppi a seconda che ricevano Ulipristal prima che LH inizi ad aumentare (inizio del periodo fertile), oppure durante la fase di incremento di LH, (secondo-terzo giorno fertile del ciclo) o, ancora, dopo che il picco di LH è stato raggiunto: le 24-48 ore pre-ovulatorie e giorno dell’ovulazione, corrispondenti agli ultimi giorni, i più fertili, del ciclo mestruale;
la valutazione complessiva evidenzia che l’assunzione di ellaOne nel periodo fertile del ciclo mestruale inibisce o posticipa l’ovulazione complessivamente nel 58,8 per cento delle donne. Questo significa che il 41,2 per cento delle donne trattate nel periodo fertile ovulano regolarmente e possono concepire;
la successiva valutazione dell’efficacia anti-ovulatoria di ellaOne in relazione al momento di assunzione del farmaco, nelle tre diverse fasi del periodo fertile, evidenzia che l’ovulazione risulta costantemente ritardata soltanto nelle otto donne trattate all’inizio del periodo fertile. Se l’ormone LH ha già iniziato a crescere l’ovulazione è ritardata nel 78 per cento dei casi: in undici donne su quattordici (tre donne ovulano e possono concepire). Nelle pazienti in cui il picco di LH è già stato raggiunto l’ovulazione è ritardata in un solo caso su dodici: il 92 per cento delle donne studiate ovula e può dunque concepire;
l’autrice stessa dell’articolo, nel paragrafo dei risultati, precisa che al picco di LH, uno-due giorni prima dell’ovulazione, il farmaco non ha più alcuna capacità di impedirla e funziona esattamente come un placebo. Si tratta, come detto, dei giorni più fertili del ciclo, quelli in cui si verifica il maggior numero di concepimenti; i giorni nei quali un farmaco con una efficacia «contraccettiva» costantemente superiore all’80 per cento dovrebbe inibire l’ovulazione con la massima efficacia se il suo effetto fosse riconducibile a una azione anti-ovulatoria;
è dimostrato invece, come si è visto, che ellaOne, assunto nel periodo più fertile del ciclo e cioè uno-due giorni prima dell’ovulazione, non agisce con meccanismo anti-ovulatorio. La sua capacità di inibire l’ovulazione, infatti, è massima (100 per cento) solo all’inizio del periodo fertile; successivamente si riduce in modo rapido e progressivo fino a quasi azzerarsi (8 per cento) nei due giorni pre-ovulatori. Nonostante questo, la sua efficacia, superiore all’80 per cento, non si riduce nel tempo: sia che il farmaco sia assunto nel primo giorno dopo il rapporto a rischio, sia che esso sia assunto invece nel secondo, nel terzo, nel quarto o addirittura nel quinto giorno dopo il rapporto stesso, l’efficacia nel prevenire la gravidanza indesiderata si mantiene costantemente elevata;
se il meccanismo contraccettivo fosse davvero correlato all’inibizione dell’ovulazione ci si attenderebbe un progressivo calo della sua efficacia col passare dei giorni, man mano che il momento dell’ovulazione si approssima. Invece l’efficacia di ellaOne rimane costantemente elevata. Ciò evidenzia che il meccanismo contraccettivo va ricondotto ad altro, in particolare alla sua azione di inibizione dell’endometrio;
l’assunzione di una sola dose di Ulipristal, infatti, altera profondamente la recettività del tessuto endometriale, sia che essa avvenga a metà della fase follicolare, prima ancora che inizino i giorni fertili, sia che essa avvenga a metà ciclo nei giorni immediatamente successivi all’ovulazione (a concepimento avvenuto), sia che essa avvenga, infine, a metà della fase luteale, proprio nei giorni in cui l’embrione dovrebbe annidarsi;
l’effetto inibitorio sulla maturazione dell’endometrio è diretto ed è legato all’inibizione dei recettori tissutali per il progesterone (è esattamente lo stesso meccanismo con cui agisce la pillola RU486). In sostanza, ellaOne occupa quelle strutture cellulari alle quali il progesterone dovrebbe legarsi per poter espletare la sua funzione pro-gestazione. Il progesterone è presente ma non può agire, venendo meno così l’espressione di quelle proteine che rendono l’endometrio ospitale e l’organismo materno accogliente nei confronti del figlio;
questi effetti sono sovrapponibili a quelli osservati dopo somministrazione di Mifepristone (RU486), la pillola utilizzata per interrompere la gravidanza, ma UPA è efficace a dosaggi ancora inferiori;
questa inibizione si osserva anche quando alla donna vengono somministrati dosaggi di Ulipristal sensibilmente più bassi di quanto è contenuto nella pillola ellaOne: per rendere l’endometrio ostile all’embrione bastano dosi anche cinque volte inferiori a quelle assunte, con scarso successo, a fini anti-ovulatori. È documentato, infatti, che la soglia di farmaco sufficiente per alterare l’endometrio è inferiore a quella richiesta per interferire col normale sviluppo dei follicoli ovarici. Negli studi sperimentali, già alle dosi di 50 e 100 mg, UPA non micronizzato determina una riduzione nello spessore endometriale e un incremento dei recettori progestinici (che indicano il prevalere dell’effetto estrogenico), effetti che impediscono l’annidamento dell’embrione;
quanto a ellaOne, la cui compressa contiene 30 mg di UPA micronizzato, occorre ribadire che tale dose equivale esattamente ai SO mg di UPA non micronizzato che sono stati somministrati nello studio della Stratton e che, di conseguenza, non può che avere gli stessi effetti anti-annidamento sull’endometrio;
con ellaOne, dunque, l’endometrio sarà sempre inospitale ed ogni volta che avverrà un concepimento l’embrione, inevitabilmente, non potrà sopravvivere;
in sintesi, le donne che assumono Ulipristal dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo prevalentemente ovulano e possono concepire. Gli spermatozoi saranno già entrati e l’uovo viene liberato: nulla osta al concepimento. L’endometrio, però è irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui Ulipristal venga assunto;
d’altra parte, la grande e reclamizzata novità di ellaOne, presentata come «la pillola dei cinque giorni dopo», è proprio quella di essere totalmente efficace anche se presa cinque giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo. Se immaginiamo un rapporto sessuale avvenuto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anticoncezionale per un agente chimico assunto con immutata efficacia fino a cinque giorni da quel rapporto e quindi fino a quattro giorni dopo l’ovulazione e fino a tre giorni dopo il concepimento ? Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento;
è evidente da tutte le considerazioni esposte che questi farmaci agiscono prevalentemente impedendo l’annidamento dell’embrione in utero, ma questo effetto non è compatibile, come si è detto all’inizio, con i principi fondamentali su cui si fondano le nostre leggi e la nostra stessa Costituzione;
nel recente documento «Levonorgestrel and Ullpristal remain suitable emergency contraceptives for all women, regardless of bodyweight» (EMA/631408/2014), rilasciato dall’EMA il 30 settembre 2014 a seguito della «Artiche 31 referral procedure» relativa all’efficacia dei contraccettivi di emergenza nelle donne in sovrappeso, si è preteso di confermare per i contraccettivi di emergenza il solo meccanismo d’azione anti-ovulatorio. In quel documento, alla fine del capitolo diretto ai medici «Information to healthcare professionals», sono riportate sei voci bibliografiche. La referenza n. 6 di pagina 3 richiama, attualizzandolo, un precedente documento dell’EMA: «CHMP Assessment Report for Ellaone» (EMEA-261787-2009), dal quale si evince che EMA è ben consapevole del fatto che:
a) l’efficacia di Ulipristal Acetato (UPA) e l’efficacia del Mifepristone (RU486) nell’interrompere la gravidanza nei primati sono equivalenti (pag. 10);
b) nella contraccezione d’emergenza «alterazioni dell’endometrio possono contribuire all’efficacia di Ulipristal» (pagina 23), riconoscendosi così un meccanismo d’azione post-concezionale che, tuttavia, non viene mai riportato nel foglietto illustrativo di ellaOne;
c) è concreta la possibilità che UPA sia utilizzato off-label per interrompere la gravidanza, ma non si riesce a immaginare come ciò possa essere evitato, se non, forse, attraverso un attento controllo delle prescrizioni (pagina 45) (quelle prescrizioni che EMA propone di eliminare);
sono dati noti già dal 2009, epoca d’iniziale approvazione del prodotto ellaOne con procedura centralizzata EMA. Già da allora EMA sapeva cose che non ha ritenuto opportuno comunicare;
i tre studi sull’endometrio che in questa interrogazione sono citati (due della Stratton e uno della Passaro) sono gli stessi richiamati nel documento EMA del 2009, esattamente a pagina 22: la sigla che li individua nella sperimentazione HRA Pharma è «HRA2914» seguita dal numero specifico. Sulla loro base è espressa la conclusione di pagina 23 che ammette un verosimile effetto post-concezionale, mai comunicato nei documenti informativi ufficiali;
non sono seguiti, negli anni successivi, altri studi sperimentali. Tutti tre gli studi – evidentemente non superati – evidenziano che per deprimere l’endometrio e renderlo inospitale bastano dosaggi di Ulipristal Acetato largamente inferiori a quelli contenuti in ellaOne (Stratton «HRA2914-505». Human Reproduction 2000; 1092-1099, si veda pagina 1098, primo paragrafo della discussione). Ma questi studi evidenziano anche che, quanto a capacità di inibire la maturazione secretiva dell’endometrio, Ulipristal è praticamente sovrapponibile alla RU486 e agisce a dosaggi anche molto inferiori (Stratton «HRA2914-506» Fertility & Sterility 2010; 93:2035-2041, si veda pagina 2039, colonna sinistra, ultime sette righe) e (Passaro «HRA2914-503». Human Reproduction 2003; 18:1820-1827, si veda pagina 1826, primo paragrafo);
questi tre studi evidenziano che in caso di concepimento l’endometrio sarà sempre inospitale e l’embrione non potrà annidarsi né, evidentemente, sopravvivere;
l’EMA, agenzia chiamata a tutelare, a livello europeo, la salute dei cittadini e le libertà professionale dei medici, manca di richiamare, quel che essa stessa conosce ed esplicitamente ammette già dal 2009: e cioè che Ulipristal possa agire con meccanismo post-concezionale e abbia effetti anche francamente abortivi con la stessa efficacia del Mifepristone (RU486);
che gli effetti di Ulipristal e Mifepristone siano largamente sovrapponibili nell’apparato riproduttivo femminile è ampiamente noto dalla letteratura e documentato nella pratica clinica. Mifepristone è utilizzato come contraccettivo di emergenza a dosi di 25-50 mg in Cina. Se somministrato a metà della fase follicolare, prima ancora che inizino i giorni fertili, i suoi effetti sull’ovulazione sono simili a quelli di UPA, anche se UPA è efficace a dosaggi molto inferiori;
parimenti, nella fase luteale iniziale, 200 mg di Mifepristone sono altamente efficaci nell’impedire la gravidanza; è superfluo sottolineare che in quella fase del ciclo ovulazione e concepimento sono già avvenuti. È lo stesso effetto riscontrato con dosaggi di Ulipristal largamente inferiori;
infine, somministrato nella fase medio-luteale, anche il Mifepristone come Ulipristal non micronizzato, alla medesima dose di 200 mg, determina costantemente un sanguinamento endometriale anticipato;
Mifepristone (RU486) alla dose di 200 mg è il farmaco che si usa per interrompere la gravidanza. Ulipristal non è mai stato utilizzato per l’interruzione della gravidanza nella donna. I due farmaci, tuttavia, condividono le stesse attività sia sullo sviluppo dei follicoli ovarici, sia sull’endometrio, a dosaggi che sono sostanzialmente sovrapponibili. Inoltre, sia Ulipristal sia Mifepristone, sempre alle medesime dosi (5 mg al giorno per trattamenti di tre mesi), sono in grado di ridurre il volume dei fibromi uterini e di ridurre l’intensità delle emorragie uterine;
attualmente Ulipristal micronizzato è disponibile in farmacia per il trattamento pre-operatorio dei fibromi uterini. Il nome del preparato commerciale è Esmya: una confezione contiene un blister con 28 compresse da 5 mg ognuna, per un totale complessivo di 140 mg (ellaOne ne contiene 30 mg);
preme solo ricordare che 120 mg di Ulipristal micronizzato (dosaggio inferiore a quanto contenuto in una confezione di Esmya ed ottenibile con sole quattro compresse di ellaOne) equivalgono a 200 mg di Ulipristal non micronizzato: la dose equivalente a quei 200 mg di Mifepristone che si usano nei protocolli per l’interruzione della gravidanza. Entrambi i farmaci, a questi dosaggi, somministrati sette giorni dopo l’ovulazione e il concepimento, esattamente nei giorni in cui si perfeziona l’annidamento, determinano costantemente una mestruazione anticipata;
questo dato andrebbe considerato con estrema attenzione nel decidere le modalità e i limiti di prescrizione dei preparati che contengono Ulipristal Acetato;
in questa luce appare ancora più grave che lo scorso 21 novembre 2014 la stessa EMA abbia deliberato la richiesta di liberalizzare completamente la distribuzione di ellaOne, rendendo così vendibile, senza necessità di alcuna prescrizione medica, un principio attivo – Ulipristal Acetato – idoneo a interrompere la gravidanza. Il «consumatore» (la donna), a quel punto, non dovrà fare altro che procurarsi alcune confezioni di ellaOne per disporre del dosaggio di Ulipristal sufficiente a provocarsi, con efficacia, un aborto autogestito in evidente contrasto anche con la legislazione vigente -:
se non ritenga opportuno fornire una maggiore informazione in relazione a quanto esposto in premessa, al fine di tutelare i consumatori e i professionisti nonché l’esercizio costituzionale delle libertà del cittadino sia esso medico o paziente;
se il meccanismo d’azione antinidatorio dei farmaci usati nella contraccezione d’emergenza non si ponga in contrasto con le leggi e con i principi che le fondano e, in particolare, se il loro uso, soprattutto ove al di fuori di ogni controllo medico, non si ponga in conflitto:
a) con l’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 405 del 1975, in base al quale lo Stato italiano finalizza la procreazione responsabile alla tutela del prodotto del concepimento, oltre che ovviamente della salute della donna;
b) con l’articolo 1, comma 1, della legge 194 del 1978 dove afferma che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, ma tutela la vita umana dal suo inizio (cioè dal concepimento) e che l’interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite;
c) con l’articolo 1, comma 1, della legge 40 del 2004, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti nelle procedure di fecondazione medicalmente assistita, compreso il concepito;
quali siano le ragioni per le quali l’Italia non si sia avvalsa, al momento di decidere la disponibilità di ellaOne, della clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 4, comma 4, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, nel quale si afferma che la direttiva stessa «non osta all’applicazione delle legislazioni nazionali che vietano o limitano la vendita, la fornitura o l’uso di medicinali a fini contraccettivi o abortivi. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle legislazioni nazionali in questione»;
se, nel caso in cui la Commissione europea ratifichi la proposta dell’EMA di dispensare ellaOne senza prescrizione medica, l’Italia intenda adeguarsi totalmente o non intenda avvalersi della predetta clausola, al fine di evitare la diffusione dell’aborto autogestito e clandestino.
(2-00800) «Gigli, Dellai».
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