venerdì 9 gennaio 2015

Violenta la compagna dopo la lezione di educazione sessuale, 9 gennaio 2015, http://www.uccronline.it/

Un ragazzo di tredici anni ha stuprato una sua compagna nel cortile della scuola dopo aver seguito in classe una lezione sull’educazione sessuale. Il ragazzo ha affermato che, nonostante il rifiuto della compagna, voleva “provare” quanto gli era appena stato insegnato in classe. Il fatto è accaduto in Galles e la notizia è stata ripresa dalla stampa inglese. Le autorità stanno rivalutando il contenuto di questi corsi scolastici.

Ma non c’è molto da stupirsi, purtroppo, l’educazione sessuale non è certo una lezione sull’affettività ma è asettico corso di “istruzioni per usare sessualmente l’altro”, dove nemmeno viene citata la parola “amore”. Il sesso è trattato come una mera funzione biologica da espletare grazie all’uso del corpo altrui. Tale “educazione”, secondo le indicazioni per la scuola dettate dall‘Organizzazione Mondiale della Sanità, deve essere impartita dagli 0 ai 4 anni, età alla quale bisogna ricevere informazioni sulla «gioia e piacere nel toccare il proprio corpo e sulla masturbazione infantile precoce». Dai 4 ai 6 anni, invece, l’OMS vuole che i bambini siano aiutati ad orientarsi verso l’«amicizia e amore verso persone dello stesso sesso», così come sulle «relazioni con persone dello stesso sesso, le diverse concezioni di famiglia». Dai 6 anni in poi si passa ad insegnare l’uso dei contraccettivi, dei preservativi, informazioni sull’aborto, sul sesso orale fino all’utero in affitto e alla fecondazione artificiale (a 12 anni).

Proprio per questo il celebre filosofo inglese Roger Scruton ha criticato «l’ideologia che vuole ricostruire la sessualità senza legami con l’ordine naturale. Il gesto sessuale è ridotto a funzione corporale emancipata dalla moralità. L’educazione sessuale a scuola cerca di cancellare le differenze fra noi e gli animali, rimuovendo concetti come il proibito, il pericoloso o il sacro. L’iniziazione sessuale significa superare queste emozioni ‘negative’ e godere del ‘buon sesso’. Abbiamo incoraggiato i figli a un interesse depersonalizzato alla sessualità. Il corpo è diventato opaco».

Solitamente i sostenitori si giustificano spiegando che tali insegnamenti nella scuola dell’obbligo servono per aumentare la consapevolezza sanitaria-sessuale così da prevenire malattie sessualmente trasmissibili. Qualche mese fa “Il Fatto Quotidiano” ha infatti elogiato il fatto che in Olanda l’educazione sessuale inizi obbligatoriamente a 4 anni (50 ore di bombardamento all’anno fino ai 12 anni), al contrario dell’Italia dove non c’è nemmeno (fortunatamente) una normativa in merito. In Svezia, si legge, l’obbligo divenne tale nel 1955 e oggi in tutte le scuole si vedono filmati dimostrativi e cartoni animati espliciti. In Danimarca le lezioni di sesso (obbligatorie dal 1970) sono tenute ai bambini da prostitute ed omosessuali. Peccato che nel 2013 il rapporto dello “European Center for Diseases Prevention and Control” (Ecdc) ha dimostrato che le nuove infezioni sessuali raggiungono picchi di diffusione proprio nei Paesi citati, al contrario dei Paesi in cui non c’è alcun obbligo e alcuna normativa in merito (citeremo come contrappunto la situazione  in Italia e Polonia, due Paesi fortemente cattolici).

Ecco i dati: per la Clamidia i Paesi al di sopra della media europea sono proprio Danimarca (479 per 100mila), Finlandia (254 per 100mila), Norvegia (458 per 100mila), Svezia (396 per 100mila) e Regno Unito (341 per 100mila), per l’Olanda manca il dato ma si segnalano 12.926 nuovi casi (contro i 319 della Polonia e 339 dell’Italia). I Paesi ben sotto la media sono invece: Grecia (4.44 su 100mila), Polonia (0.84 su 100mila) e Romania (0.62 su 100mila). Per la Gonorrhoea la situazione è simile: Danimarca (9.01 su 100mila, in crescita continua), Svezia (10.02 su 100mila, in continuo aumento), Regno Unito (37.09 su 100mila, in continuo aumento) sono sopra la media europea, contro lo 0.78 su 100mila della Polonia (in calo). Per l’Italia non ci sono dati ma si notano 407 nuovi casi contro i 3.578 dell’Olanda. Anche per l’Epatite B stessa situazione: Danimarca (4.7 su 100mila, in crescita), Olanda (10.3 su 100mila) e Svezia (14.2 su 100mila), contro l’Italia (0.7 su 100mila, in decrescita) e la Polonia (0.3 su 100mila, in decrescita). La situazione rimane invariata per l’Epatite C e la Sifilide. I conti sono presto fatti: i dati più vertiginosi sono registrati in quei Paesi dove si martella di più con l’educazione sessuale fin dalla tenera età e dove il contraccettivo è diffusissimo.

Papa Francesco ha rivendicato recentemente il diritto dei genitori all’educazione dei figli senza seguire i dettami dell’OMS, «per l’adeguata tutela dei valori tradizionali». Benedetto XVI è stato ancora più esplicito: «non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione». Un’altra ottima riflessione, che pubblichiamo integralmente, è stata pronunciata da Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea presso l’Universita “La Sapienza”: «Non si capisce come mai le istituzioni pubbliche occidentali continuino a nutrire una fiducia magica nell’efficacia dell’educazione sessuale. Dopo anni di corsi, naturalmente centrati sui metodi contraccettivi» abbiamo come risultato i dati sopra esposti.  «Ormai è chiaro che non basta assolutamente spiegare loro come possono usare i contraccettivi, e dove trovarli facilmente, per evitare queste tragedie, ma che il problema è più a monte, nell’educazione e quindi nella famiglia. In fondo l’Italia – dove non esiste educazione sessuale scolastica obbligatoria – è uno dei Paesi che se la cava meglio da questo punto di vista: qui i giovani rischiano di meno malattie e gravidanze precoci».

Questo avviene «per merito della famiglia, del controllo affettuoso dei genitori sui figli adolescenti, del fatto che i ragazzi non sono abbandonati a se stessi con una scatoletta di anticoncezionali come unica difesa dalle loro passioni e dai loro errori. E, in parte, è merito anche della Chiesa cattolica, che continua a insegnare che i rapporti sessuali sono molto più di una ginnastica piacevole da praticare senza freni senza correre rischi. La Chiesa considera infatti la vita sessuale degli esseri umani come una delle prove più significative della loro maturità umana e spirituale, una prova da affrontare con preparazione e serietà, cioè da collegare a scelte di vita fondamentali come il matrimonio, e quindi alla fondazione di una famiglia in cui la procreazione costituisce uno dei fini principali. La Chiesa insegna rispetto per il proprio corpo, che significa dare importanza e peso agli atti che si compiono con esso, a non considerarli solo possibilità di divertimento o di appagamento narcisistico: e questo è proprio il contrario di quanto dicono i suoi critici. I cattolici quindi non possono accettare che la vita sessuale venga considerata materia di insegnamento come un’attività qualsiasi, la quale presenta dei pericoli che sarebbe meglio evitare; come ben si sa, poi, i giovani sono spesso attratti dai pericoli, e si impegnano a evitarli solo se vengono educati alle ragioni profonde di un diverso comportamento morale».

Anche la neuropsichiatra infantile, Mariolina Ceriotti Migliarese, ha suggerito che l’educazione sessuale venga affrontata in famiglia, con un affiancamento della scuola, seppur non necessario.

La redazione

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