giovedì 27 ottobre 2011


Avvenire.it, 27 ottobre 2011, «Con il Fattore famiglia usciremmo dalla crisi», di Alessia Guerrieri

Meno si tassa la famiglia, più aumenteranno ricchezza, consumi e occupazione. L’effetto moltiplicatore di reddito del Fattore famiglia, proposto dal Forum delle Associazioni familiari, ora trova nello studio Lapet (l’associazione nazionale dei tributaristi) un supporto statistico che ne ribadisce i vantaggi per lo sviluppo dell’Italia, oltre che per la crescita demografica. Il meccanismo introduce un livello di reddito non tassabile (no tax area), corrispondente alle spese indispensabili per il mantenimento della famiglia, crescente all’aumentare dei componenti e dei fattori aggravanti (disabilità, monogenitorialità).

La ricetta per la ripresa economica passa appunto per la famiglia con figli, vista non più come costo, ma come investimento, sostengono adesso anche gli esperti tributari, riuniti a Roma. A fronte di un mancato introito fiscale di 16,9 miliardi di euro (tanto sarebbe la spesa complessiva del Fattore famiglia, spalmabile anche su 5 anni) si avrebbe un incremento di ricchezza nazionale di 17,6 miliardi di euro. La propensione al risparmio di ogni “casa” infatti, secondo il centro studi Lapet e l’università telematica della Sapienza che hanno condotto la ricerca, non supera il 10%; ciò significa, in sostanza, che la famiglia italiana spenderà il 90% del maggior reddito disponibile (dovuto alla riduzione delle tasse), rimettendo perciò in moto i consumi e, di conseguenza, la produzione economica. La crescita delle vendite sarebbe vicina a 14 miliardi, l’incremento dell’Iva pari a 3,3 miliardi e dell’Irpef a 4,3 miliardi (l’onere per lo Stato alla fine diventerebbe circa 8 miliardi).

Il circolo virtuoso in economia avrebbe, inoltre, evidenti ripercussioni positive anche a livello sociale con 250mila nuovi posti di lavoro (3,5% disoccupati in meno al Nord, 4,5 al Centro, 12,5 al Sud e 12,2 nelle Isole) e un milione di famiglie sotto la soglia di povertà in meno (ora in Italia sono 8 milioni). Rendere il fisco family friendly, dunque, non significa «ricerca di maggiori misure assistenziali, ma strumento di rilancio economico» come ci chiede da tempo anche l’Europa, dice il presidente del Forum Francesco Belletti, per questo «continueremo a stimolare il governo, ma anche le segreterie politiche, per costruire un grande patto per la famiglia, luogo che custodisce l’umano e il bene comune». Amore coniugale e bene collettivo sono questioni inscindibili, entrambi si legano alla crescita economica di una nazione, aggiunge poi monsignor Lorenzo Leuzzi, rettore della chiesa di S. Gregorio Nazianzeno alla Camera, così «per la costruzione di un nuovo modello di sviluppo occorre recuperare il rapporto fra famiglia e nuova prospettiva sociale».

Un welfare con i figli al centro è un passo «necessario e urgente» per il futuro del Paese, anche per il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione, perciò la riformulazione del sistema fiscale italiano deve «assolutamente partire» dalla famiglia. Un fisco più equo e legato ai carichi familiari è dunque ancor più essenziale in tempo di crisi, visto che in più «esistono i presupposti economici e finanziari per un suo autofinanziamento – precisa il presidente del Lapet Roberto Falcone – un Paese potrà continuare a definirsi civile solo quando la nascita di un figlio non costituirà un elemento di impoverimento per la sua famiglia, bensì di ricchezza per l’intera comunità».

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