lunedì 31 ottobre 2011


Per sradicare il germe della violenza, L’Osservatore Romano, 30 ottobre 2011

La visione del magistero della Chiesa e della dottrina cattolica sull’aborto procurato e volontario è immutata e ferma. Nonostante la percezione della gravità dell’aborto sia andata progressivamente affievolendosi, rendendo l’atto quasi un trattamento burocratico-sanitario di routine, la Chiesa ha mantenuto e mantiene viva l’attenzione sulla sua gravità morale, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente, richiamando instancabilmente le autorità statali, il mondo della cultura e dell’informazione alla responsabilità sul diritto fondamentale alla vita. È quanto sottolinea a «L’Osservatore Romano» il presidente della Conferenza episcopale del Perú, monsignor Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo, nel ribadire l’impegno costante della Chiesa in favore e a difesa della persona umana.
In un momento in cui si affollano discussioni pretestuose su temi ineludibili e non negoziabili quali appunto il rispetto, l’accoglienza e la tutela della vita nascente, il presule torna a difendere il dono dell’esistenza umana dal suo concepimento fino alla morte naturale, riaffermando il diritto-dovere della Chiesa e dei suoi ministri di intervenire su argomenti bioetici strettamente connessi con il presente, il futuro della società, della convivenza tra le persone, della giustizia e della pace. «Perché quando si uccide, si disprezza la vita, la si usa — puntualizza il presule — nel consorzio umano, viene violata la pace, e, di fatto, si innesca la guerra. La negazione della vita è la prima delle guerre intraprese dall’uomo». E quando, aggiunge, si esorta ad accogliere la vita nascente attraverso reiterati interventi pubblici, documenti, appelli, non si tratta di ingerenza della religione nella sfera temporale e politica, ma di legittimo e doveroso intervento della Chiesa, «esperta in umanità», per indirizzare le coscienze specialmente riguardo a cogenti questioni etiche e morali.

A tale riguardo, monsignor Cabrejos Vidarte ricorda nel colloquio con il nostro giornale il pervicace impegno della Chiesa in difesa della vita, attraverso tutti i suoi pastori, che ha scongiurato il consolidarsi di leggi contro il nascituro nel Paese. «Questa posizione — osserva — ha trovato espressione in particolare nel momento in cui ci siamo opposti all’approvazione del Protocollo medico dell’aborto terapeutico che il ministero della Sanità ha preparato e aveva intenzione di pubblicare nel 2010 e nel 2011». Quando questo protocollo stava per diventare ufficiale, spiega l’arcivescovo, si sono svolte in molte occasioni riunioni con i rappresentanti delle autorità statali «riuscendo a impedire che questa procedura divenisse politica sanitaria dello Stato peruviano».

Già il 26 gennaio 2011, in occasione delle elezioni generali, l’arcivescovo, insieme con tutti i presuli del Paese, aveva redatto il documento dal titolo «Al servizio della dignità umana e il bene comune» nel quale, rivolgendo un forte appello ai candidati perché si impegnassero con i loro programmi politici per il bene comune della nazione e agli elettori, si affermava in particolare il valore della vita. «Invitiamo a essere attenti — si legge nel documento — di fronte alle proposte che vanno contro la legge naturale, il rispetto della dignità umana, la verità e la pratica della giustizia. Essere contro questi principi vuole dire ignorare la nostra realtà naturale. Cercare di cambiare questi principi porterà gravi conseguenze per tutta la società, e i colpiti saranno sempre i più deboli». E si puntualizza: «Per questo, il rispetto e la difesa della vita dal primo istante del suo concepimento fino alla sua morte naturale sono irrinunciabili nella dimensione sociale e politica. Non possono essere accettati né l’aborto, né l’eutanasia né la manipolazione genetica. Nessuna argomentazione può giustificarli».

Il presidente della Conferenza episcopale accenna quindi ad altri interventi. In occasione del «Giorno del bambino non nato», celebrato il 25 marzo 2011, è stato ribadito che «la Chiesa proclama il primato e l’inviolabilità della vita umana, il che vuol dire che nessuno può disporre direttamente della vita, senza avvertire il grande rischio che comporta il fatto di assumere potere sulla vita, essendo Dio l’Unico Signore della vita umana».

Più recentemente, nel corso dei festeggiamenti del Giorno della Madre, il 6 maggio 2011, monsignor Cabrejos Vidarte ha poi ringraziato tutte le madri «che hanno permesso ai loro figli di vedere la luce del mondo» e che, in questo modo, fanno conoscere la creazione di Dio con il dono meraviglioso della vita, indicando che «la maternità è una meravigliosa realtà che racchiude il mistero della vita creata a immagine e somiglianza di Dio, perché nel grembo di una madre si uniscono corpo e anima per un’eternità, si forma un nuovo essere con un cuore creato per amare, con una libertà capace di scegliere e con un’intelligenza fatta per guidare i destini di tutta l’umanità».

Nel luglio scorso inoltre era stato il cardinale Juan Luis Thorne Cipriani a intervenire in merito alla difesa della vita, esortando a prendere misure conseguenti: «Vorrei un'agenda — aveva detto — in cui si rispetti la vita fin dal concepimento, in cui si rispettino la costituzione della famiglia, uomo e donna, e la sua stabilità». La Chiesa, aveva aggiunto il porporato «non prende mai le parti di un Governo, ma allo stesso tempo guarda con speranza alla possibilità che questa famiglia peruviana mantenga le proprie radici cristiane e che lo sviluppo avvenga anche in campo morale».

Anche nel 2010 puntuali e significativi sono stati gli interventi dei vescovi peruviani. Tra questi l’arcivescovo di Truijllo ricorda la nota del 10 marzo dal titolo «Peruviano, difendi la vita», nella quale si stigmatizza la distribuzione della pillola del giorno dopo come politica sanitaria di Stato. Il presule ha evidenziato che la pillola del giorno dopo, più che un tema confessionale, è, per il Paese, un tema di sovranità nazionale, di difesa costituzionale e di Stato di diritto.

Il presidente della Conferenza episcopale ha condannato con decisione l’aborto terapeutico attraverso queste parole: «È una via verso una sistematica pianificazione eugenetica delle nascite. Si comincia a permettere una mentalità eutanasica, manifestazione altrettanto arbitraria sul dominio della vita, che in certe condizioni non è considerata degna di essere vissuta. La cancellazione della vita intrauterina non è un bene per la libertà, soltanto lo è per il libertinaggio proprio di ogni eccesso senza sapienza». Il momento «esige da noi un messaggio integrale: lottare contro ogni ingiustizia, difendere la vita in ogni momento e luogo perché essa è un dono di Dio»

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