I rischi (che nessuno dice) della Fivet

Nella “Donum Vitae”, si accetta la procreazione assistita a tre condizioni:a) deve svolgersi all’interno di una coppia legata da un vincolo stabile, che generalmente è quello matrimoniale; b) deve essere effettuata con un comune rapporto sessuale, e non evitando il rapporto coniugale; c) non deve comportare interventi invasivi o rischi rilevanti a danno dell’embrione o del feto. Attualmente queste tre condizioni si verificano solo nella inseminazione artificiale tra marito e moglie conseguente a un rapporto sessuale. Ogni altro intervento che prevede una terza persona, o un danno all’embrione o al feto o alla madre, o che non preveda l’atto sessuale, è per la Chiesa inaccettabile. Da ciò derivano i sette motivi per cui la Chiesa è contraria alla Fertilizzazione in vitro con embryo transfer (Fivet): 1) l’insuccesso di questa metodica; 2) l’enorme spreco di embrioni; 3) l’alta abortività, dal momento che il successo è solo del 15-20%; 4) la frantumazione antropologica e affettiva del legame sessualità-procreazione; 5) la presenza di terze persone, nel caso di donatore di ovuli o di spermatozoi; 6) una più grande proporzione di malformazioni o di malattie congenite; 7) gli effetti economici degradanti, che non sono indifferenti.
E qui, arriviamo al nucleo della notizia di oggi. Davvero la Fivet ha questi effetti indesiderati che la Chiesa teme e per cui non l’accetta? A quanto pare, sì. La rivista scientifica «HEC Forum» è andata a leggere i commenti lasciati in forum specializzati di più di un centinaio di donne che si erano sottoposte alla Fivet ed è arrivata a questa conclusione: «La Fivet ha strette regole che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente esauste. Il trattamento di Fiv può avere un tremendo impatto sulle donne: è un iter assai impegnativo dal punto di vista fisico con effetti di vasta portata sul benessere psicologico di una donna [...] oltre a causare rotture nel rapporto con il partner e nelle relazioni sociali». Spesso poi le donne si trovano sole in questo percorso perché in genere si pensa che la fecondazione artificiale sia una tecnica semplice e dai risultati garantiti. La speranza di riuscita invece è intorno solo al 15-20% (Istituto Superiore della Sanità).
Inoltre la stimolazione ovarica può provocare: distensione addominale; ciste ovariche; ingrossamento abnorme delle ovaie; nausea; vomito e diarrea; accumulo di trasudato nel peritoneo e nella zona della pleura; alterazione della respirazione; ipercoagulazione, che a sua volta può causare trombi; patologie neurotiche; cancro al seno e all’utero e, anche la morte (Nygren in “Human Reproduction” 2001). Tutto l’iter è così pesante che il 25% delle pazienti rifiuta un secondo tentativo. Ma neanche il nato da provetta è esente da rischi, tra cui il più frequente è la morte: poco più del6% degli embrioni vedrà la luce. In particolare la mortalità perinatale è 4 volte superiore alle gravidanze normali. La mortalità neonatale è il doppio rispetto alle gravidanze normali (Olivennes, “Human Reproduction” 2002). Secondo uno studio condotto in Belgio, infine, su 2995 nati tramite Fivet il 30% nasce prematuro e con gravi problemi di peso, necessitando nel 25% dei casi di cure intensive. I ricoveri ospedalieri neonatali sono 3 volte superiori. La sindrome di Beckwith-Wiedman, che provoca malformazioni e tumori, nei bambini nati da Fivet è 6 volte superiore. Se mettiamo insieme tutti questi rischi, risulta che il 56% dei nati tramite Fivet ha o avrà qualche patologia. Ecco i rischi (che nessuno dice) della Fivet.
Claudio Gnoffo
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