giovedì 11 aprile 2013


Eterologa, gli abbagli dei giudici "sponsor" di Alberto Cambino, Avvenire, 11 aprile 2013



I magistrati di Milano puntano su autodeterminazione della coppia, diritto alla salute e principio di uguaglianza per riformare la legge 40 che hanno rinviato alla Consulta. Ma così si forzano normative e assunti medici stravolgendo l'idea di famiglia

La Consulta dovrà decidere sulla legittimità del divieto di fecondazione eterologa. In particolare il Tribunale di Milano ritiene che il divieto si porrebbe in contrasto con il diritto all'autodeterminazione della coppia, in relazione alla procreazione e al diritto di fondare una famiglia; il principio di eguaglianza tra coppie, che sarebbero discriminate in base al grado di sterilità e infertilità; il diritto alla salute della coppia.

In ordine al primo profilo (autodeterminazione della coppia e vita privata familiare), intanto occorre stigmatizzare un uso distorto delle disposizioni della Convenzione europea. Infatti mentre la Convenzione distingue tra diritto alla vita privata e diritto alla vita familiare, l'ordinanza di Milano richiama un presunto «diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare», indebitamente compattando gli interessi della famiglia in un solo fatto tutto privatissimo. La famiglia, in altri termini, non è più una comunità dove si rispetta la dignità di ciascun componente, ma diventa ciò che «privatamente» si vuole che sia. Non è così però per l'articolo 29 della nostra Costituzione, che indica come famiglia quella fondata su due sole figure genitoriali, e non tre, come accadrebbe ove si ammettesse un padre civile, coniugato con la gestante dell'ovulo fecondato dal seme del padre naturale-donatore. E anche il richiamo dei giudici milanesi a un dato sociale in continua evoluzione non può travolgere il dato invalicabile dell'esclusiva competenza in materia di famiglia attribuito alle «leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio» (Cedu) e non alla sensibilità della giurisprudenza.

Quanto alla violazione del principio di non discriminazione in base al diverso grado di sterilità, certamente discriminazione ci sarebbe se esistesse davvero nel nostro ordinamento un diritto assoluto ad avere un figlio. Qui però ci troviamo davanti a un bisogno che se precluso per motivi di ordine genetico, e non per un impedimento di altri, non comporta «discriminazione». Anzi, ove si intendesse rimuovere tale impedimento attraverso una fecondazione eterologa avremmo allora sì una discriminazione ma nei confronti del nascituro che sarebbe leso nella sua integrità psico-fisica. Nessuna legge potrebbe, infatti, precludere al figlio, al pari di qualsiasi altra persona, di conoscere i dati sanitari, fisici e anagrafici del padre naturale e, dunque, le proprie origini, e quindi la paternità naturale. Tale rivelazione della doppia paternità si rivela devastante in quanto gli equilibri affettivi vengono inesorabilmente minati all'interno della famiglia in cui il figlio cresce (si pensi al forte squilibrio emotivo tra due coniugi, una genitrice biologica, l'altro no) e nei confronti del padre biologico, donatore del seme, con il quale è sostanzialmente reciso ogni legame affettivo pur essendo egli in vita e pur potendo un giorno essere chiamato in causa dal figlio. Perché creare una nuova generazione di figli «diseguali» in nome dell'autodeterminazione e della non discriminazione di una coppia che non può avere figli?

È anche il riferimento dei giudici milanesi ad una lesione al diritto alla salute appare quantomeno malposto. Intanto è facile osservare che non sarà certo una maternità provocata con il seme di un estraneo a rimuovere la sterilità del partner, che evidentemente rimarrà tale. Dunque non si comprende quale sarebbe il diritto alla salute «riparato».

È evidente che serpeggia nella concezione del Tribunale di Milano una visione della salute di tipo sociale, esistenziale. La sterilità è in realtà mancata realizzazione del desiderio di genitorialità che appunto con il ricorso all'eterologa si sanerebbe. Ma è questa una corretta concezione del diritto alla salute in termini costituzionali?

Infine, questo presunto rimedio al benessere della coppia può giustificare il rischio dello scivolamento inesorabile verso pratiche di selezione eugenetica? La fecondazione eterologa è infatti preceduta da esami sul codice genetico dei possibili donatori; il risultato di tali esami diventa nella prassi elemento determinante, così compiendosi un passo pericolosissimo verso la selezione del genere umano con categorie di persone a patrimonio genetico «selezionato» e, dunque più efficiente, e persone fecondate naturalmente con possibili difetti genetici. E certamente le assicurazioni private valuteranno tale circostanza.


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