«Siamo grati all’America, a quanti ci hanno sostenuto operativamente, moralmente e tramite la preghiera, siamo grati a Dio di questa ricompensa. Oggi ha vinto la libertà di tutti». Sono le parole dei coniugi Green, i proprietari della Hobby Lobby, la gigantesca catena di negozi per il fai-da-te che dà lavoro a 22 mila persone e che il 30 giugno ha vinto davanti alla Corte suprema americana una battaglia legale durata quasi due anni contro Barack Obama. La famiglia cristiana evangelica dell’Oklahoma (foto in basso a sinistra) ha sempre contestato il cosiddetto “contraceptive mandate”, ovvero la regola prevista dall’Obamacare (la riforma della sanità del presidente democratico) che obbliga tutti i datori di lavoro – solo le società dedicate esclusivamente al culto ne sono escluse – a fornire ai dipendenti piani assicurativi comprensivi di farmaci contraccettivi e abortivi. Ebbene, adesso il supremo organo giudiziario degli Stati Uniti ha riconosciuto che l’opposizione di Mr. Hobby Lobby ricade fra le libertà garantite dal Religious Freedom Restoration Act (Rfra), la legge federale varata nel 1993 da Bill Clinton proprio per proteggere la libertà religiosa di ogni persona dalle imposizioni dello Stato.
Per la prima volta insomma i giudici affermano che anche le aziende “for profit” hanno una coscienza e possono farla valere (a condizione però che siano controllate da non più di cinque persone), scatenando naturalmente le reazioni indignate dei liberal obamiani. «Così le donne non avranno più accesso alla copertura contraccettiva gratuita a causa delle convinzioni religiose dei loro padroni», si è lamentato dopo la lettura del verdetto il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. Per di più, aggiungono i critici della Corte suprema, la sentenza non protegge allo stesso modo gli enti no profit (vedi per esempio il caso delle Little Sisters of the Poor o quello della diocesi di Cheyenne). «Ma non è così, anzi il verdetto fa ben sperare anche per loro», ribatte Luke Goodrich, direttore del Becket Fund for Religious Liberty, che ha difeso la famiglia Green. Goodrich ha accettato di raccontare a tempi.it le tappe e i risvolti di questo duello giudiziario.
Avvocato Goodrich, come avete condotto la battaglia in questi mesi?
Ci siamo concentrati sulla legge che rafforza la libertà religiosa protetta dalla Costituzione (il Rfra, ndr), in cui si dice che il governo non può in alcun modo ledere la coscienza di una persona obbligandola ad agire contro di essa, a meno che non ci sia in gioco un interesse supremo dello Stato. È appellandosi a quella legge che la famiglia Green ha deciso di lottare contro il mandato di Obama, una imposizione che tra l’altro l’avrebbe costretta a chiudere la Hobby Lobby, visto che prevede per gli inadempienti una multa di 1,3 milioni di dollari al giorno. Quella della famiglia Green, che ha speso due anni per difendere i suoi posti di lavoro e la coscienza di tutti gli Stati Uniti, è stata una grande testimonianza.
A chi si applicherà la decisione della Corte suprema?
Insieme alla Hobby Lobby, altri 100 enti hanno deciso di fare causa al governo. La sentenza si applica sicuramente alle 49 società for profit che hanno avviato i ricorsi. Restano però in sospeso gli altri 51 enti di carità, universitari e ospedalieri che hanno chiesto al governo di non vedere lesa la propria identità.
Quindi è vero che la sentenza non protegge gli enti no profit?
Il mandato di Obama prevede un’esenzione per chi fa attività di culto, ma chiede agli enti no profit come quelli citati di pagare a studenti e dipendenti le coperture assicurative per la contraccezione e l’aborto. La loro causa legale è ancora ferma ai tribunali minori, ma probabilmente arriverà fino alla Corte suprema che poi ci dovrebbe mettere un altro anno a giudicare. Intanto, la sentenza fa ben presagire. Obama tenta di far passare l’idea che a pagare l’aborto non sono direttamente le aziende for profit o no profit, bensì soggetti “terzi”, come le assicurazioni. Ma la Corte ha rovinato il suo giochetto confermando che di fatto invece sono proprio le aziende a pagare. Lo stesso, quindi, vale anche per gli altri enti. In sostanza si ribadisce che il governo non può obbligare nessuno a compiere atti contrari al proprio credo.
Che faranno intanto gli enti no profit? Dal primo luglio sono obbligati a sottostare al mandato, pena una multa salatissima.
Sono ricorsi in appello chiedendo un’atra proroga fino alla fine dei procedimenti legali in corso. Alcune corti hanno già accettato. Altrimenti dovremo pensare a come agire.
La Casa Bianca ha già chiesto al Congresso di legiferate contro la sentenza. È possibile emanare una norma contraria a una decisione della Corte suprema?
In teoria sì, perché la sentenza non fa riferimento direttamente alla Costituzione, bensì a una legge federale, varata per rinforzarne un principio costituzionale. Ma l’America è spaccata in due, cosa vuole fare il governo? Costringere qualcuno in una situazione che sta dividendo in due gli animi del paese? Il 30 giugno la Corte ha inviato un messaggio chiaro all’amministrazione. Passarci sopra sarebbe un vero affronto.
I giudici ha ribadito la necessità di difendere la libertà religiosa, ma qui siamo di fronte a una questione di coscienza. Il pubblico lo ha capito?
Ripeto: è spaccato, la maggioranza dei media ha un orientamento progressista e vuole farla apparire come una questione religiosa contraria alla libertà. Infatti adesso attaccano la Hobby Lobby cercando di contrapporre i datori di lavoro ricchi e bigotti alle donne povere, sarà il leitmotiv della prossima campagna elettorale. La nostra però è una questione di libertà fondamentale: Obama vuole costringere tutti a obbedire a una visione, senza possibilità di dissentire. Ma se viene meno la libertà di coscienza il potere non ha più limiti. Tra l’altro la stessa Corte suprema ha sottolineato che non è vero che dopo questa sentenza le donne non potranno più abortire, dato che, purtroppo, continuano ad accedere all’aborto con la stessa facilità di prima: se Obama ci tiene tanto a pagare loro tutte le spese può farlo lui, hanno chiarito i giudici.
@frigeriobenedet
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