Un trentenne cittadino del Kansas, Scott Robert Bollig, il 9 settembre si troverà ad affrontare un processo per omicidio volontario. Il reato compiuto da Bollig, particolarmente crudele, merita di essere raccontato e commentato poiché suggerisce riflessioni di primaria importanza in merito all’aborto. L’uomo somministrò, infatti, con un sotterfugio – mescolando al pancake offerto alla propria fidanzata incinta di circa otto settimane – il mifepristone, la sostanza contenuta nella Ru486, la tristemente celebre pillola abortiva. La donna, la trentaseienne Naomi Abbott, ebbe un aborto e, recatasi all’ospedale, fu sottoposta alle analisi del sangue che rivelarono la presenza di quello che Jerome Lejeune aveva ribattezzato pesticida umano.
Bollig aveva chiesto in precedenza alla fidanzata di interrompere la gravidanza, ma, di fronte al suo rifiuto, decise di procedere come detto, acquistando la pillola su internet. Venerdì scorso, dopo due giorni di audizioni preliminari, il giudice Glen Braun ha stabilito che ci sono prove sufficienti per iniziare il processo. Fin dallo scorso febbraio Bollig fu ascoltato sui fatti, ma, nonostante la sua confessione, il procedimento penale non aveva preso il via poiché la difesa aveva contestato la validità della deposizione dell’uomo, sostenendo che sarebbe stata ottenuta in situazioni poco chiare.
A prescindere dall’esito del processo – sarà molto interessante seguirne lo svolgimento – va registrato che un giudice ha deciso che interrompere una gravidanza senza il consenso della donna costituisce un capo d'imputazione per omicidio a carico di chi ha costretto la donna ad abortire. Il caso Bollig dunque non può essere liquidato come quello di un violento assassino, ma richiede di soffermarsi su alcuni aspetti della vicenda. Innanzitutto, va sottolineato come la pillola abortiva costituisca uno strumento di banalizzazione dell’aborto, come più volte evidenziato quando, ciclicamente e per diverse ragioni, la Ru486 diventa protagonista delle cronache italiane e internazionali.
La possibilità di acquistare la pillola online – come ha fatto Bollig – è un fatto di una gravità assoluta. Si conoscono bene le statistiche relative alle morti di donne causate dalla Ru486, ma quanto accaduto in Kansas svela un’ulteriore aspetto preoccupante del farmaco abortivo. Esso può essere utilizzato in modo estremamente semplice come mezzo di violenza sulla donna stessa, sulla quale diventa un gioco da ragazzi – un po’ di astuzia e tanta perfidia – praticare un aborto forzato. Nessuno potrà restituire alla signorina Abbott il figlio che Bollig le ha portato via con l’inganno, grazie ad una compressa. Ma, ecco, veniamo a colui che sempre è vittima innocente: il bimbo nel grembo materno.
La storia che arriva dagli Stati Uniti ci mostra una contraddizione che riguarda la natura dell’atto abortivo. Se infatti fosse stata la madre ad ingerire volontariamente la Ru486, interrompere quella gravidanza sarebbe stato un diritto intoccabile della donna, che avrebbe potuto disporre arbitrariamente della vita del nascituro. Dal momento che è stato invece il fidanzato a farla abortire, porre fine alla vita nascente diviene equiparabile ad un omicidio. In questo caso è dunque il diritto alla vita del bambino a prevalere. Siamo di fronte ad un esempio lampante di relativismo: lo stesso atto è diritto o delitto a seconda delle circostanze, il che implica che anche la natura del nascituro, persona o non persona, sia variabile con esse. E proprio l’intercambiabilità tra diritto e delitto costituisce la sconfitta del primo a favore del secondo.
Ovviamente tutto ciò è un assurdo – il bambino nel grembo materno è una persona e l’aborto è un omicidio – ma la piaga della volontà della donna che calpesta la libertà intangibile di nascere del figlio si manifesta in tutta la sua putrescenza. Tale aspetto purtroppo riguarda ogni provvedimento che introduce l’aborto legale. Con le diverse sfumature previste nei diversi Paesi (la Legge 194 italiana non fa certo eccezione), ciò che una legislazione abortista di fatto stabilisce è l’intermittenza del diritto alla vita, che cessa di essere principio non negoziabile per entrare nell’alveo di quei temi in balìa di un qualsiasi parlamento o organo giudiziario. Ma quel che è certo è che Bollig ha ucciso un bambino, indipendentemente dal consenso della madre, da un voto in un’aula o da quello che emergerà dal processo.
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