lunedì 20 febbraio 2012


Darwin Day 2012, il biochimico Bizzarri: «Neodarwinismo? Bandiera progressista», 18 febbraio, 2012, http://www.uccronline.it/

Anche oggi continuiamo la nostra celebrazione dell’anniversario del grande naturalista Charles Darwin (1809-1882), padre della teoria evolutiva delle specie animali e vegetali per selezione naturale. Purtroppo circoli di scettici e razionalisti, organizzando come ogni anno convegni e relazioni su Darwin in occasione del suo anniversario, vorrebbero appropriarsi delle conseguenze scientifiche del suo pensiero per trarne conclusioni filosofico-teologiche, in particolare circa l’inesistenza di un Creatore. Questa indebita strumentalizzazione ha scatenato il rumoroso conflitto tra ateologi fondamentalisti e creazionisti protestanti, i quali si oppongono ai tentativi laicisti facendo una indebita interpretazione letterale della Bibbia. Volendo distaccarci da questi due approcci errati, abbiamo chiesto un commento ad alcuni ricercatori e docenti universitari, esperti in tematiche scientifiche e filosofiche. Abbiamo iniziato lunedì con il matematico Luigi Borzacchini, seguito dal contributo dell’antropologo Fiorenzo Facchini, da quello del premio Nobel per la fisica William D. Phillips, dall’intervento dell’evoluzionista Massimo Piattelli Palmarini, dall’intervista alla filosofa Laura Boella e dal contributo di ieri del fisico Gerald L. Schroeder.
Il prof. Mariano Bizzarri è docente di Biochimica e professore di Patologia Clinica presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma. E’ direttore del Systems Biology Group Lab presso il medesimo Ateneo. E’ segretario generale della ISSBB (Italian Society for Space Biomedicine and Biotechnology) e Presidente del Consiglio Scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana. Autore di oltre 90 pubblicazioni scientifiche, ha dato alle stampe numerosi testi specialistici e divulgativi. Ha cortesemente risposto così a due nostre domande:

“Prof. Bizzarri, la teoria di Darwin ha secondo lei la capacità di negare l’esistenza di un Creatore, così come insegnato dalla teologia cristiana? Può eventualmente contribuire in qualche modo alla riflessione filosofica e teologica?”
«La teoria di Darwin (e soprattutto alcuni sviluppi del cosiddetto neo-darwinismo) ha mostrato i suoi limiti, soprattutto perché il gioco combinato del caso (per mezzo del quale verrebbero introdotte le “innovazioni” in Biologia) e della necessità (le regole deterministiche che presiedono alla trasmissione ereditaria dell’informazione genetica) si è rivelato inadeguato a spiegare sia l’emergenza dell’ordine nelle strutture biologiche (dove la “forma” sembra essere determinata prima ancora che dal corredo genetico, dalla interazione di forze fisiche a corta e lunga distanza), sia la stessa eredità che viene assicurata in parte da componenti citosoliche (cosiddetta eredità materna). Bisogna pertanto distinguere il mito, costruito sulle acquisizioni del darwinismo, dai dati scientificamente provati. L’ipotesi di Darwin è in fondo una ipotesi, per l’appunto, una teoria, non una verità assoluta e completa in ogni sua parte. Come tale non vedo come potrebbe ragionevolmente pretendere negare alcunché quando ancora non riesce a rendere ragione di come emergano nuove forme in ambito biologico. E’ una pericolosa illusione ritenere che la riflessione “teologico-filosofica” possa avvantaggiarsi dalle scoperte scientifiche: non è il progresso materiale a dettare l’agenda della speculazione metafisica».

“Cosa ne pensa di queste giornate celebrative di Darwin, anche laddove non c’è particolare contrasto alla sua teoria? Perché, secondo lei, non accade lo stesso per altri celebri uomini di scienza?”
«Nel tempo Darwin ha finito per diventare una bandiera del pensiero “progressista”, spesso a prescindere dal contenuto scientifico dei suoi contributi che, peraltro, sono largamente sconosciuti sia dalla maggioranza della popolazione sia a molti ricercatori. Di Darwin si conosce una sorta di vulgata rimasticata e semplificata che non di rado viene confusa con i contributi di ciò che conosciamo come “post-darwinismo”, anche questo estremamente variegato e tutt’altro che omogeneo al suo interno. I contributi offerti da S.J. Gould (autore della teoria degli equilibri puntiformi) per esempio, hanno poco a che vedere con il riduzionismo estremo e meccanicista di Dawkins. L’ipotesi darwinista nell’accezione correntemente propagandata offre una spiegazione semplicistica (e quindi facilmente comprensibile) a tutti coloro che, in fondo, vogliono porsi meno problemi possibili per spiegare questioni complesse come l’origine della vita e dell’evoluzione.

Da un altro punto di vista il neo-darwinismo ha prodotto una pseudo-evidenza scientifica che ha legittimato e nobilitato le filosofie materialiste e le politiche anti-metafisiche (ed anti-religiose) del novecento. Non desta meraviglia, pertanto, che il “darwinismo” sia diventato la bandiera tanto del marxismo (dopo la parentesi grigia di Lysenko in Unione Sovietica e la rimozione del ricordo di Stalin), quanto del pensiero biotecnologico affermatosi negli USA e quindi in Europa a partire dai primi anni ’70. L’obiettivo, in entrambi i casi, è quello di spiegare la vita in termini di semplici interazioni meccaniche e molecolari, confinando a tale livello la complessità della Biologia. A prescindere dalle implicazioni filosofiche, tale approccio ha legittimato lo sviluppo di un’industria che sulla manipolazione dei mattoni fondamentali del vivente (si pensi solo agli OGM) ha costruito le proprie fortune. Pensiero progressista e industria del biotech hanno così sorprendentemente stabilito una insana alleanza. Come non ritrovarsi quindi d’accordo nel celebrare colui nel nome del quale tutto questo è stato reso possibile? E’ triste constatare come invece altri scienziati, che hanno magari offerto meno facili certezze e più ampia materia di riflessione e temi su cui interrogarsi (penso a Poincaré, Heisemberg, Prigogine, solo per citarne qualcuno) siano non solo ignorati dai media, ma spesso sottovalutati o misconosciuti presso gli stessi ricercatori».

“Professore, secondo il suo punto di vista, quale tipo di rapporto intercorre tra la scienza e la fede? Di opposizione? Di collaborazione? Oppure sono due sfere completamente separate?”
«Le discipline scientifiche producono risposte dotate di senso quando fanno riferimento ad ambiti e livelli che sono loro propri. La fisica newtoniana non saprebbe spiegare il comportamento della materia a livello atomico, per esempio. La cinetica chimica non sa spiegare il funzionamento di reti complesse che procedono secondo una dinamica non-lineare e così via dicendo, potremmo stilare un lungo elenco. Non esiste una teoria scientifica del tutto, né una che abbia pretese metafisiche. Dalla scienza non credo pertanto sia lecito attendersi nulla che riguardi l’ambito della riflessione teologica, un ambito che, appunto, sfugge completamente all’investigazione scientifica. La Scienza è muta dinanzi alle sempre attuali questioni che, ancora oggi, angosciano e tormentano l’Uomo: quale è il senso della sofferenza, perché siamo nati, dove andiamo e da dove veniamo, perché dobbiamo morire o, ancora, cos’è la vita. Per cui, diamo a Dio ciò che è di Dio, e agli scienziati ciò che compete il loro (ristretto) ambito di osservazione».

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