martedì 28 febbraio 2012


Denunciati aborti in base al sesso in Gran Bretagna - Quando la gravidanza non risponde ai desideri di Giulia Galeotti, 26 febbraio 2012, http://www.osservatoreromano.va

Il Governo di Londra ha aperto un’inchiesta sulle rivelazioni del «Daily Telegraph»: alcuni medici del servizio sanitario nazionale britannico hanno praticato aborti sulla base della sola motivazione che le donne erano scontente del sesso del feto che portavano in grembo. Il Governo di Sua Maestà è intervenuto perché — ha ricordato il ministro della Sanità, Andrew Lansley — «la selezione del sesso del nascituro è illegale». Dal reportage del quotidiano britannico è emerso anche che i medici si dicevano pronti a falsificare i documenti per far abortire le donne pur sapendo di violare la legge. Due dottori sono già stati sospesi.
Illegale, moralmente ripugnante: in tanti sono inorriditi dinnanzi allo scenario svelato dall’indagine condotta dal reporter che ha accompagnato in incognito diverse donne in nove cliniche del Regno. Inorriditi perché la selezione in base al sesso, denunciata fino a ieri solo in Paesi lontani, è arrivata ormai negli ospedali occidentali.
In realtà, però, il trend non è nuovo nemmeno in questa parte del globo: da tempo, ad esempio, alcune giornaliste vanno denunciando come nelle cliniche statunitensi che eseguono la nascita in provetta, la selezione embrionale in base al sesso sia diventata una realtà diffusa. Ad oggi, la difesa è stata alquanto sofisticata: non si decide in base al sesso se far nascere un feto; in base al sesso si sceglie quale feto fare nascere. Un cavillo giuridico incapace, però, di scalfire il nodo morale sottostante.
Se molti dunque sono inorriditi leggendo l’inchiesta del «Daily Telegraph», tante già sono state le dichiarazioni che — più o meno timidamente — hanno cercato di gettare acqua sul fuoco. Aprire delle riserve anche minime sull’aborto, a prescindere del tutto dal loro contenuto, viene infatti sentito come una pericolosa minaccia al “diritto” femminile all’interruzione della gravidanza. Con buona pace della doppia morale che continuerà (per un po’ almeno) a condannare la strage di bambine indiane e a difendere il diritto assoluto delle occidentali a compiere le loro scelte di donne socialmente, culturalmente ed economicamente istruite.
Del resto, la folle deriva denunciata dal quotidiano inglese non è forse la logica conseguenza dell’idea ormai imperante secondo cui un figlio è un bene a cui si ha diritto? Di quella idealizzazione della scelta come unica e assoluta via di emancipazione? Che differenza vi è tra lo scandaloso e antico retaggio dell’idea secondo cui la nascita di una figlia va maledetta (per tutti i motivi che sappiamo) e la scelta fatta sedute a un tavolino di design (per tutti i motivi che possiamo immaginare)? La pratica primitiva che teme la dote di una futura sposa è davvero più colpevole di chi magari, avendo già un maschio, vuole la femmina? Non è in entrambi i casi una gravidanza che non risponde ai “desideri” di chi aspetta?
  

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