venerdì 24 febbraio 2012


Le cellule del cuore «riparano» i danni causati dall’ischemia - Uno studio italiano  sui topi, finanziato  dal Ministero della  Salute, rivela come  sia possibile ottenere  staminali in grado  di ridifferenziarsi  in cellule cardiache, di Alessandra Turchetti, Avvenire 23 febbraio 2012

Dai cardiomiociti, le cellule del cuore, è possibile ottenere staminali in grado di ridifferenziarsi in cellule cardiache battenti. È quanto dimostra la ricerca dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio Nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma e l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico MultiMedica di Milano coordinata da Roberto Rizzi e Claudia Bearzi, appena pubblicata sulla rivista Cell Death and Differentiation. Attraverso l’introduzione di geni fetali in cardiomiociti postnatali di topo, le cellule regrediscono a uno stato embrionale. Tali cellule pluripotenti indotte riescono a ridiventare cardiomiociti contrattili con più facilità rispetto ad altre staminali, e tale memoria a livello molecolare sembra dipendere da pochi geni.  
Questa ritrovata capacità differenziativa potrebbe essere sfruttata in caso di danno ischemico cardiaco, come per esempio nell’infarto, impedendo la formazione di tessuto cicatriziale, ma la strada per l’applicazione clinica è ancora lontana. «Abbiamo lavorato su cardiomiociti di topo – spiega Roberto Rizzi – trasformandoli in staminali pluripotenti indotte (iPS) con l’introduzione mediante vettore virale di tre geni embrionali. La tecnica è stata affinata perché le cellule cardiache non sono facilmente modificabili ma il vantaggio immediato della ricerca è quello di aver creato dei modelli in vitro delle varie patologie cardiache da poter studiare. Ad esempio, per la funzionalità di nuovi farmaci o lo stesso meccanismo di proliferazione che le contraddistingue».
La ricerca è stata finanziata dal ministero della Salute nell’ambito del programma «Giovani ricercatori» ed è stata supportata da collaborazioni con altre istituzioni italiane. «Non sono molti i centri che lavorano sulle iPS in Italia perché questo tipo di indagine è molto costosa», aggiunge Rizzi. «L’esperienza all’estero rimane centrale». Le terapie cellulari in ambito cardiologico erano state finora frenate dalla difficoltà di reperire una buona fonte di cardiomiciti funzionanti. La strategia utilizzata nello studio ha invece permesso di ottenere risultati migliori rispetto all’indagine sulla specializzazione in senso cardiaco delle varie staminali ematopoietiche, mesenchimali o endoteliali finora testate e permetterà l’esecuzione in vitro di screening e ricerche sulle patologie che affliggono il cuore.

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