martedì 21 febbraio 2012


Salute - 21/02/2012 - curare anima e corpo - Un medico torinese racconta come combatte i tumori - Un approccio “alternativo” al trattamento del cancro spiegato da un noto oncologo torinese che ha innanzitutto a cuore il paziente e non solo il suo problema, http://www3.lastampa.it

La battaglia ai tumori è sempre attiva e, nonostante vi siano stati molti progressi, la guerra non è ancora finita.
La ricerca fa la sua parte, ma vi sono anche medici che cercano o tentano altri tipi di approccio – magari considerati inusuali – ma che hanno un loro riscontro. Uno di questi è il dottor Maurizio Grandi, oncologo di fama internazionale, che opera da molti anni nella battaglia contro il cancro utilizzando non solo le cure tradizionali ma anche un approccio del tutto personale che, tuttavia, ha mostrato di essere funzionale.

Il dottor Grandi, quando deve intervenire per aiutare un paziente con diagnosi di cancro non solo considera la malattia dal punto di vista scientifico tradizionale, ma guarda al paziente anche come essere vivente unico e bisognoso di un’attenzione personale e particolare. Quello che conta dunque è anche chi si ha di fronte e non solo la malattia in sé. È importante anche l’anima che “abita” quel corpo che ora sta soffrendo.

Per comprendere meglio qual è questo “plus” che il dottor Grandi offre ai pazienti che si rivolgono a lui, abbiamo deciso di porgli direttamente alcune domande.
Dottor Grandi, il suo approccio medico ricorda un po’ quello che avviene nella medicina orientale. C’è un nesso o è solo una somiglianza?
«Non ho esperienza di medicina orientale – chiarisce subito il dottor Grandi – A livello culturale il riferimento è più “nostro”: Ippocrate di Kos, medico sacerdote, figlio di Asclepio, figlio di Apollo, figlio di Zeus. Che poi tutto, nel mondo, sia un’infinità di espressioni dello stesso “unicum”, che nel corso della storia si incontra e, condividendo, si arricchisce è dato noto.
La medicina indiana è anche quella Urani che i medici greci al seguito di Alessandro il Macedone, seminarono in India, facendola maturare nel territori in cui furono lasciati».

Grazie per il chiarimento, dottor Grandi. E anche per aver sottolineato come, alla fine, vi sia un filo comune che sottende a tutte le medicine.
Ma, tornando al suo “particolare” approccio al malato. Secondo lei, quanto è importante l’affetto e la comprensione di un medico nei confronti di un paziente?
«Il medico ha di fronte a sé un essere umano: il corpo, la psiche, che spesso non trovano più connessione nel flusso travolgente di sentimenti contrastanti. La sua capacità di attenzione, comprensione, compassione è fondamentale per stabilire una comunicazione adeguata con il malato e i suoi familiari, per controllare meglio ansia e depressione, migliorando la qualità della vita – spiega Grandi citando le parole del suo libro “Dal segno al senso” – Sul piano emozionale e del vissuto di identità, reazioni positive possono sostenere il sentimento di fiducia nel proprio corpo e nelle proprie capacità di guarigione; mantenere un livello favorevole di sicurezza di sé, di autostima; il coraggio di vedere nell’esperienza che si ha di fronte la possibilità di nuovi equilibri e significati di vita (empowerment); mantenere viva la creatività della persona per quanto riguarda la progettazione della propria vita e la valorizzazione dell’affettività e della socialità».

La persona dunque è composta di diversi elementi, non è solo “corpo” – in questo caso: corpo malato – ma anche mente (psiche) e spirito (o anima): tutti elementi di cui tiene conto.
L’entità anima/corpo, da sempre considerata inscindibile dalle discipline orientali, è stata da tempo “dimenticata” dall’approccio occidentale. Lo abbiamo fatto notare a Grandi.
«Il momento della scissione tra corpo e anima (inteso come fondamento dell’arte medica nella storia del nostro mediterraneo dalla medicina greca a quella romana) è sancito da Cartesio che per ragioni storiche (quasi obbligate) separa la gestione dei due mondi – commenta Grandi – Prima era “il credo ut intelligam, intelligo ut credam” o se si preferisce la fede (intuizione) e la ragione (struttura). Ma come tutte le scissioni è parziale e temporanea “esistere, resistere, ri esistere”.
Mai nulla è definitivamente perduto .
Leonardo, Galileo fino alla fisica quantistica e a Roger Penrose che rilancia la cosmogonia platonica mantengono nel tempo il senso della nostra storia, in un’epoca di fisicità esposta, esibita, reclamata, il tema della spiritualità è diventato nuovamente un bisogno primario. Torino con il suo festival insegna. Spiritualità significante che va reintegrata nel suo significato.
Né un’anima perfetta e autonoma né un corpo nevrotico sono la soluzione ma portano l’Uomo all’isolamento. Se uno dei due è privilegiato c’è subalternità, una faglia sulla quale non si può costruire. Coscienti del limite di una “fede salvifica”, ma consapevoli che privi di fede e di un collegamento con il trascendete (“ognuno preghi il suo Dio e sarà contento” di Federico II), siano privi  di un progetto (pro-jectum) e quindi del senso della Vita».

Come accennato all’inizio, quella contro il cancro è una vera e propria guerra. E, come tale, prevede spesso un approccio “militare” al trattamento. Ma è proprio così? È questa la via da seguire: il portare alla morte, facendo suicidare le cellule “nemiche” o, magari, convincerle invece alla pace?
«La peggiore delle paci è meglio di una guerra vinta – sorride Grandi – anche se più che suicidio delle “cellule nemiche” (che è comunque insito di un trattato di pace), è con l’omicidio delle stesse il confronto».
Certo, se il risultato c’è, a volte un trattato di pace può essere più efficace che non la battaglia stessa. È in questo caso che si può dimostrare un’opportunità in più per il paziente. Opportunità, e non alternativa – specifica Grandi – che non si frappone alle cure tradizionali ma, semmai, ne è un completamento. E non è nemmeno un “metodo” inteso come tale «Penso che sia semplicemente Medicina, mi auguro, per i Malati, una Buona Medicina, figlia della cultura, ma al di fuori del tempo», sottolinea infatti il dottor Grandi.

La malattia, per molti, è il segno di un equilibrio perduto – soprattutto interiore. Per il dottor Grandi è anche una perdita di integrità interiore. Da qui l’importanza dell’armonia perché, come ricorda Grandi «Armonia è ricerca delle risonanze, delle simmetrie, unificazione del molteplice, accordo del discorde, alleanza per ridare, coerenza nella complessità, sinfonia, sintonia, sincronia.
Simmetria è comunicazione. Non facile da conquistare, è fatica come il raggiungimento della bellezza».

Sembra facile, ma in una società votata all’esteriorità estrema dove tutto – dalla realizzazione di sé, alla soddisfazione dei propri bisogni interiori ed esteriori – è ricercato al di fuori di sé (anche le presunte “colpe” per quanto non va nella propria vita), le risposte alla fine non arrivano e così l’equilibrio va a farsi benedire. La malattia, in ultima analisi, si presenta pertanto come il segnale d’allarme che abbiamo perduto questa integrità.
C’è un suggerimento che può offrirci per tentare, per lo meno, di ritrovare questa armonia perduta?
«Il suggerimento? Cercarla, oggi, domani, sempre, qui, interagendo con l’ambiente.
Necessario ritorno a un “Io” forte», conclude il dottor Grandi.



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