lunedì 26 marzo 2012


17 ragazze, l’aborto e noi - Ancora una volta è il cinema a sfidare il cupo tabù del nostro tempo24 marzo 2012 - http://www.ilfoglio.it/

Ieri la commissione Censura ha rimosso il divieto ai minori di 14 anni che era stato imposto a “17 ragazze”, il film francese delle sorelle Muriel e Delphine Coulin che racconta con freschezza la storia (vera) di un gruppo di amiche che decidono di rimanere incinte, tutte e tutte assieme, supremo gesto di sfida e buonumore contro le regole sociali e le ubbìe di un mondo adulto noiosamente, programmaticamente sterile (ne ha parlato Annalena Benini due settimane fa). La censura, al solito occhiuta e strabica, si era incagliata sul problema di un diseducativo spinello. Ma a turbare davvero la critica (si è già visto) e probabilmente il pubblico benpensante non saranno gli spinelli, bensì il tema in sé, la gravidanza; anzi 17 gravidanze gioiose e consapevoli, per quanto fuori età – Obama le riterrebbe “incidenti” in pancia a ragazzine troppo giovani. Di fronte a un’opinione pubblica opaca, sempre più spesso è il cinema a trovare il tono giusto e diretto per parlare della vita nascente, e dell’incomodo che può suscitare, e dunque del suo risvolto cupo che si chiama aborto. Lo ha colto, con una bella intuizione, il quoditiano Liberal aprendo il caso culturale giovedì. “17 ragazze” è un film antiabortista nei fatti, anche se preferiranno dire che è “trasgressivo”. Quattro anni fa, mentre facevamo la nostra solitaria battaglia antiabortista, un bel film americano, una sceneggiatura magnifica di Diablo Cody, “Juno”, raccontò di una ragazza che mandava all’aria il conformismo abortista dei suoi genitori e della clinica femminista che avevano già scelto per lei, rivendicando “the choice” di tenersi il suo bambino: fu accolto con il sussiego di chi cercava di minimizzare.

Poco prima, nel 2007, “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni” del romeno Cristian Mungiu, che raccontava con realismo e asprezza una storia di aborto, aveva vinto la Palma d’oro a Cannes, nell’imbarazzo dei commenti ufficiali che tentarono di circoscrivere il caso. In realtà il film parla della Romania di Ceausescu, si disse contro lo splendore del vero di quelle immagini, che di ben altro parlavano. E’ significativo che sia proprio il cinema a sfidare questi tabù e a riproporre con una forza espressiva incontenibile, e attraverso scelte di artisti culturalmente diversissimi tra loro, un tema di coscienza fondamentale e che invece la cultura e la politica ufficiali cercano disperatamente di tenere lontano dalle coscienze.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

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