venerdì 23 marzo 2012


In Danimarca la guerra alla sindrome di Down a colpi di aborto, 21 marzo, 2012, http://www.uccronline.it/

«È chiaro che la Chiesa cattolica possa non essere d’accordo con l’eutanasia. Personalmente però ritengo che questa posizione non sia veramente umanitaria. La Chiesa (…) predica la pietà, ma in questo caso si rivela crudele poiché, secondo una valutazione puramente emotiva, richiede il perpetuarsi di una penosa sofferenza senza fine». Questo toccante intervento di tolleranza modernista, dinanzi al quale tutti gli abortisti anticattolici sorriderebbero soddisfatti, lo dobbiamo a Valentin Faltihauser, uno dei responsabili della morte di più di 250 mila persone per colpa delle malsane idee eugenetiche naziste: questa fu la sua difesa al processo di Norimberga. Le parole dello scienziato nazista sono le stesse che scorrono dagli “esperti” in qualsiasi show televisivo e nelle opinioni dell’uomo medio.
In Danimarca il governo ha intrapreso una propria guerra contro la Sindrome di Down tramite fitta propaganda e la pur notevole iniziativa di aver reso gratuita l’analisi prenatale del bambino. L’inquietante scopo finale però è quello di abortire ogni feto “imperfetto” fino all’estinzione totale della malattia entro il 2030. «Ora (in Danimarca, n.d.A.) si eliminano i bambini Down…» scrive Josephine Quintavalle, la più nota esponente laica del movimento pro-life britannico, fondatrice e direttrice del Comment on Reproductive Ethics , «ma chi può determinare cosa sia l’imperfezione? In Inghilterra, ad esempio, lo fa lo Stato che ora si è spinto anche più in là, ritenendo inaccettabile qualsiasi anomalia fisica: la legge consente l’aborto fino al nono mese se il bambino ha il labbro leporino o se ha un dito in più. Anche il naso storto o le orecchie a sventola sono difetti: se seguiamo la logica perfezionista pure i bambini con queste imperfezioni dovrebbero essere abortiti». Il rischio eugenetico non si è estinto con il razzismo del primo novecento, ma ha solo cambiato faccia, ricoprendosi di una patina individualistica e faustiana estremamente popolare.

Il Professor Giorgio Israel, docente ordinario di Matematica presso “La Sapienza”, così si è recentemente espresso a tal proposito: «Esiste da sempre il mito prometeico della perfezione [...], la convinzione che si possa vincere la malattia, ogni difetto e creare un’umanità perfetta c’è da tempo. Se il nazismo la saldava con un’ideologia razziale, oggi è diffuso invece il mito individualistico, per cui ognuno deve poter scegliere come deve essere fatto perfino suo figlio. Cambia la forma, ma alla base c’è sempre la stessa illusione: rifare ciò che sarebbe stato fatto male dalla natura». Il matematico rileva due problemi di questa ideologia: «il primo è il pangenetismo, l’idea secondo cui tutto è genetico, ogni aspetto negativo della persona è riconducibile ai geni. L’ambiente non c’è più, non contano i rapporti. Eppure una persona può essere perfetta, avere un cuore sanissimo e ammalarsi di cuore perché gli muore una persona cara. Non tutta la vita dell’uomo è inscritta nella genetica. Oggi invece, senza nessun presupposto razionale e scientifico, si crede così». Il secondo si riassume in questa domanda: «Chi decide quale vita è degna di essere vissuta? Chi dice che è meglio eliminare il feto piuttosto che far nascere un bambino Down? L’altro giorno ho visto una persona con una grave imperfezione: non aveva una gamba. Ma, proprio come Pistorius, correva con una protesi. Lui ha reagito, chi può decidere che quella non è una vita degna? Questo è un criterio nazista». Basterebbe ricordare la storia di  Lizzie Valasquez o quella delle gemelle  Abby e Brittany nate in un solo corpo.

Noi preferiamo lasciare a Dio (o, per i non credenti, alla Natura) il compito di decidere chi debba morire e chi debba vivere: l’unica speranza è che a tali più miti consigli tornino anche i vate dell’eugenetica contemporanea, prima che sia troppo tardi per tutti: anche per i loro figli.

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