mercoledì 18 luglio 2012


È tempo di capire e di agire - Le radici del disagio di Francesco Riccardi, 18 luglio 2012, http://www.avvenire.it/

Tre milioni e 400mila famiglie in povertà assoluta, otto milioni e 100mila in po­vertà relativa. In percentuale sono il 5,2% le une, l’11,1% le altre, le prime in netto au­mento rispetto al 4,6% del 2010, le seconde cresciute di uno 0,1 appena. Ma le stime me­die, per quanto già di per sé preoccupanti, non rendono la complessità di un Paese che è ormai attraversato da faglie profonde e che rischia ogni giorno di più di lacerarsi.

Sono almeno due, infatti, le direttrici sulle quali ci stiamo dividendo: i giovani e le fa­miglie con figli. Con un terzo elemento che si innesta in maniera trasversale e rende più forte ogni differenza: la sofferente realtà del Mezzogiorno. Oltre che per i nuclei con ge­nitori operai o che perdono il lavoro, infat­ti, colpisce il deciso peggioramento della condizione dei giovani. L’incidenza della po­vertà relativa nelle persone con meno di 34 anni passa dal 10,2 al 10,8%; mentre la po­vertà assoluta cresce addirittura di un pun­to dal 4,3 al 5,3%. Siamo ormai assai vicini al valore che caratterizza la popolazione an­ziana (6%), tradizionalmente la più fragile, quella con meno opportunità.

Ma è in particolare il numero dei compo­nenti la famiglia, l’avere figli, che oggi rap­presenta uno dei maggiori fattori di rischio. Le cifre sono impressionanti: con un solo componente la media della povertà relati­va in Italia è il 6,7%, sale al 9,4% per la cop­pia, cresce all’11,7% con un figlio, si impen­na al 15,6% con due bambini e si innalza fi­no al 28,5% quando i figli sono tre o più. Già con tre bambini – non con una nidiata di u­na dozzina – in quasi un terzo dei casi si ri­schia di cadere in povertà relativa. Se poi si risiede nel Mezzogiorno, dove le opportunità di lavoro sono più scarse e i servizi pubbli­ci carenti, le cifre si esasperano per tutte le categorie e diventano drammatiche per le famiglie, con una progressione che va dal 22,8% di povertà relativa per chi ha un solo figlio, fino al 50,6% per chi ha tre o più figli minorenni.

Questo è il Paese che si sta lacerando. Nel quale l’essere giovane sembra una condan­na da scontare, sperando che 'passi' presto. E desiderare di avere tre figli risulta un az­zardo, peggio un’imprudenza imperdona­bile, tanto è alta la possibilità di finire in mi­seria: addirittura una su due al Sud. Ma un Paese così non è solo diviso, slabbrato. È sen­za futuro, perché togliendo speranza all’og­gi non costruisce alcun domani, mortifica qualsiasi entusiasmo. Invecchia e alla fine marcisce in se stesso.

E allora oggi non possiamo limitarci a com­pulsare i valori dello spread dei Btp e non ve­dere che nella nostra società stanno allar­gandosi altre differenze sociali. Non possia­mo continuare a ripetere slogan sui giova­ni, senza predisporre un vero piano per la lo­ro occupazione. Non possiamo pensare di far sempre conto sulle famiglie – che aiu­tandosi fra i diversi componenti riescono bene o male a coprire tutte le necessità e con i loro risparmi privati salvano pure l’I­talia dal default – e poi disconoscere quegli stessi legami quando si tratta di far pagare loro le imposte. Perciò chiediamo da anni un sistema fiscale che riconosca concreta­mente – tramite l’applicazione di un quo­ziente o meglio di un 'fattore famiglia' – i diversi pesi di cui una famiglia deve farsi ca­rico nel crescere i figli. Perché possa essere messa nelle condizioni adatte per compie­re il primo e più decisivo investimento so­ciale per un Paese: mettere al mondo ed e­ducare i cittadini di domani. Un’operazio­ne di equità, lungimirante, un’assicurazio­ne contro il rischio, che deve poi essere ac­compagnata e completata con un interven­to specifico per le situazioni di povertà più grave.

La crisi che rende tutto più incerto, la fragi­lità dei conti pubblici non esimono dal met­tere mano a una riforma fiscale, a investi­menti a favore delle famiglie e dei soggetti più deboli. Anzi, minori sono le risorse di­sponibili meglio vanno mirate, più forti e decise devono essere le scelte. Anche spo­stando l’imposizione dal lavoro alla rendi­ta finanziaria, rivedendo vecchie agevola­zioni e rafforzandone di nuove. La povertà cresce, le famiglie si assottigliano e s’inde­boliscono: il governo e la politica non pos­sono più sottrarsi a questa responsabilità.

© riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento