martedì 24 luglio 2012


Il registro delle coppie di fatto a Milano: la posta in gioco - La logica rischiosa e vana dei «colpi di mano» di Carlo Cardia, 24 luglio 2012, http://www.avvenire.it

È ripreso il dibattito sulla questione della famiglia anche per l’iniziativa in corso a Milano per istituire un registro delle unioni civili per "legittimare" forme diverse di convivenza in assenza di norme generali in materia. Questo il primo punto in discussione, perché si vuole introdurre nelle pieghe dell’ordinamento, per via amministrativa, una disciplina diversa di quelle relazioni personali che costituiscono la base della vita collettiva e interessano la nascita e la formazione delle nuove generazioni. Si evita così un dibattito vero, di livello nazionale, per giungere a scelte ponderate che tutelino l’istituto familiare fondato sul matrimonio, definito dalla Costituzione, e riconoscere alcuni diritti individuali che riguardano situazioni specifiche. Procedere con scelte che ciascun Comune compia in un orizzonte di ampia discrezionalità, vuol dire creare un tessuto normativo disomogeneo, confusionario, nel quale lievitano altri interessi, non immediatamente percepibili.

Tante volte si è rilevato che equiparare forme libere di convivenza alla famiglia fondata sul matrimonio vuol dire depotenziare quest’ultima, sostenere modelli alternativi che emarginano l’istituto matrimoniale, ridotto a variabile in una pluralità di scelte, legittimate e promosse dalla legge. Si devono scorgere con chiarezza gli effetti a lunga scadenza di una simile svolta, con la quale si sacrificano, come subordinati ed eventuali, quei legami stabili e pubblici che assicurano ai figli una formazione umana, psicologica, etica, fondata su rapporti affettivi forti. A queste osservazioni, ovvie per chi abbia familiarità con l’educazione dei ragazzi, non si dà mai risposta; ma si insiste nel reclamare il diritto degli adulti a scegliere ciò che è più gratificante, trascurando le esigenze di coloro che sono i primi beneficiari, i soggetti più bisognosi di affetto e di cure, dell’ambiente familiare.

Si sono aggiunte in questi giorni altre polemiche, quando sono stati denunciati ulteriori rischi di una normativa secondaria sulle relazioni personali. È stato prospettato il rischio che con i nuovi registri si favorisca indirettamente la convivenza poligamica. E che dal riconoscimento di unioni non eterosessuali derivi l’ammissione alle adozioni per coppie dello stesso sesso. Si è ribattuto che questi rischi non esistono, che vengono ipotizzati per spaventare, per opporsi a riforme che in realtà sarebbero "moderate".

Occorre, invece, riflettere bene su questioni che per loro natura sono scivolose, perché non è la prima volta che da cedimenti in apparenza limitati, per una inevitabile logica giuridica, e per assuefazione, scaturiscono conseguenze all’inizio non percepibili. Il caso dell’adozione dei minori è il più noto, perché una volta ammesso lo status familiare (o parafamiliare) delle convivenze non eterosessuali, segue quasi automaticamente la pretesa di adottare bambini, con le conseguenze frastornanti e patologiche che ne derivano per la loro crescita e formazione. Così è avvenuto in alcuni Paesi, di recente in Inghilterra. Per l’altra questione, le associazioni femminili dell’immigrazione denunciano da tempo il rischio di una poligamia strisciante, e chiedono garanzie per la dignità delle donne, di ogni tradizione culturale o religiosa.

Occorre allora considerare che le normative di cui parliamo si fondano sul principio per il quale ciascuno è libero di scegliersi il modello di relazioni personali che ritiene opportuno, che sarà poi riconosciuto dallo Stato a livello pubblico. Alla poligamia si oppongono valori etici e sociali primari; ma, questo è il punto, se nel frattempo noi stessi facciamo un deserto di questi valori, potremo resistere con difficoltà a richieste che oggi appaiono assurde. Attenzione, però, solo due decenni addietro l’ipotesi delle nozze gay sembrava fantasiosa, mentre oggi è realtà in qualche ordinamento, se ne discute anche da noi.

È questa la posta in gioco in una materia che chiama in causa il futuro della nostra società. Quando si erode l’istituto familiare, non ci si accorge che alla prima erosione ne seguono altre, fino a ridurre i rapporti umani fondamentali a una babele della quale saranno vittime proprio coloro dei quali dovremmo avere maggior cura. Il confronto deve avvenire sui dati veri, sui rischi divenuti realtà dove è prevalsa la logica relativista, per salvaguardare le basi essenziali del vivere civile da metamorfosi innaturali che recherebbero danni soltanto a chi ha più bisogno di essere tutelato.

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