mercoledì 26 settembre 2012


IL SAPORE DEL PANE - Poesie che cantano il cielo e incantano la terra - di Robert Cheaib

ZI12092513 - 25/09/2012
Permalink: http://www.zenit.org/article-32792?l=italian

ROMA, martedì, 25 settembre 2012 (ZENIT.org) - La vita diventa breve, un noioso ed eterno ritorno del simile, quando si assopisce alla meraviglia della sua continua novità. L'eccesso di prosa forse definisce i contorni del vissuto, ma di certo non arriva a rendere la vita vivibile. È la riscoperta del fuoco della poesia, del profumo, dell'armonia e della bellezza che si cela dietro le ceneri del tedio quotidiano a ridare al cuore della vita i suoi ritmi, rime e palpiti.
La poesia giunge a trasmettere la pienezza del suo slancio vitale quando sa coniugare all'incanto della terra il canto del Cielo e viceversa. Pochi poeti del sacro sanno salire e scendere con destrezza questa scala di Giacobbe come David Maria Turoldo. Ogni volo mistico nella sua poesia è equilibrato dalla discesa kenotica verso gli abissi della storia, verso la solitudine dell'uomo, verso la denuncia dell'indifferenza al Cristo nel fratello emarginato.
«Il sapore del pane» è una raccolta di poesie e testi del famoso poeta-mistico che si aggiunge al patrimonio della «Biblioteca universale cristiana» di San Paolo Edizioni. In ogni pagina e ogni strofa di questo libro si sente lo stile e la sensibilità di un uomo che sa calibrare i voli mistici con gli inchini della penitenza e con la concretezza della mano tesa dell'amore intrastorico. La potenza di queste poesie non nasce tanto dal fascino delle parole e delle immagini quanto dalla convergenza tra gli alti temi teologici e i comuni temi esistenziali.
Recuperare il sapore del pane, un sapore così comune ma così straordinario è un'impresa difficile che richiede una continua risurrezione dei sensi, una rinascita nello spirito a una rinnovata infanzia e così il poeta prega:
«Restituiscimi all'infanzia, Signore, fa' che ritorni fanciullo, al sapore vero delle cose, al gusto del pane e dell'acqua».
Ritornare all'infanzia è riscoprire lo stupore che non sa stare indifferente ma che con gli occhi spalancati all'accoglienza costituisce il distintivo dell'infante in un mondo di adulti anonimi e standardizzati:
«Signore, salvami dall'indifferenza, da questa anonimia di uomo adulto. È il male di cui soffriamo senza averne coscienza»
La riscoperta del gusto è una scoperta del colore che irriga il mondo e che salva dalla monocromia, morbo degli spiriti invecchiati:
«Signore, salvami dal colore grigio dell'uomo adulto e fa' che tutto il popolo sia liberato dalla senilità dello spirito».
Il ritorno all'infanzia visita anche i meandri del sacro e spazza via la polvere dell'abitudine per scoprire la luce delle cose, la Luce che non tramonta:
«Salvami dall'abitudine delle cose sacre e fammi godere il miracolo della luce e quello dell'acqua viva che sgorga dalle pietre; il miracolo delle primavere come quando, fanciullo, mi sorprendevo nei campi uguale a un calice colmo di gioia per il dialogo amoroso con le piante e i monti e gli uccelli».
Risvegliare i sensi al sapore del pane, se è autentico, non può che essere anche un risveglio alle lacrime della terra. Così in un'altra poesia Turoldo presta la sua voce e la sua parola ai poveri e si fa denuncia:
«La più amara inondazione della terra
sono le lacrime della povera gente,
lacrime silenziose e segrete:
acqua e sangue che gonfiano i fiumi
di tutti i paesi».
Ascoltare il grido dei poveri e degli oppressi, apportare salvezza è condizione per gustare realmente il pane che altrimenti si avvelenerebbe con il siero dell'indifferenza:
«Non credo, terra, che fiorirai ancora
a lungo: troppe sono le lacrime
dei poveri, lacrime divenute
veleno di questi giardini,
e del pane e dell'acqua che beviamo».
Il ritmo che redime il gusto è chinarsi di nuovo verso «fratel Nessuno», quell'emarginato, quel Lazzaro dimenticato alle porte delle nostre chiusure, quella «antica immagine di Cristo sparpagliato in ogni lembo di umanità, vessillo che ci manca».
In questo Cristo, «ragione di questo esistere, folle bellezza», Pane spezzato per amore è possibile recuperare il sapore del pane.
A ragione la Prefazione del libro che porta la firma di Mons. Gianfranco Ravasi raccomanda questo libro come «un piccolo breviario da tenere in mano quando si è nella penombra soffusa di una chiesa, ma anche in treno, tra facce assonnate all'alba, quando si corre alla città del lavoro o quando, a sera, si chiude la giornata e si prega...»

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