martedì 18 settembre 2012


Peter Cameron, il matrimonio è una cosa innaturale - Peter Cameron, lo scrittore americano sarà fra i protagonisti della kermesse  - PordenoneLegge che si apre domani nella città friulana e si concluderà domenica prossima - "Chi si sposa è coraggioso ma anche presuntuoso" Lo scrittore americano presenta il suo ultimo romanzo - ALESSANDRA IADICICCO - 18/09/2012 -  http://www3.lastampa.it

Peter Cameron, 53 anni, è tra i più raffinati scrittori americani contemporanei e - eccellenza rara per chi ha una scrittura così sofisticata - gode di un grande successo di pubblico. Scrive avventure sentimentali e intellettuali. Storie di amore e di crucci letterari. Di tormenti emotivi e creativi. Di lui molti ammiratori ricordano, nel 2002, il fortunato romanzo di esordio, Quella sera dorata la storia di un falso letterario e di un triangolo amoroso ambientata in Uruguay da cui nel 2007 è stato tratto il film con Anthony Hopkins The City of your Final Destination. Il romanzo di formazione giovanile Un giorno questo dolore ti sarà utile - da cui l’omonimo film di Roberto Faenza uscito l’anno scorso - raccontava le inquietudini adolescenziali di un giovane newyorchese omosessuale ed è stato proclamato la versione anni Duemila de Il Giovane Holden. Con Paura della matematica nel 2008 ha realizzato invece una serie di racconti autobiografici che valgono come una difesa a tutto campo delle belle lettere sulle scienze dell’esattezza e del calcolo.

Quest’estate, in edizione contemporanea italiana e americana, è uscito il suo ultimo romanzo. Coral Glynn (Adelphi, 212 pagine, 18 euro). Racconta di una giovane neanche 25enne che, nella primavera del 1950 si ritrova nei panni di infermiera privata, appena diplomata, a prestare servizio in una grande e tetra villa persa nella campagna inglese, risuonante di scricchiolii e carillon, abitata da una vecchia signora malata di cancro e dal figlio di costei ex ufficiale invalido di guerra. Appena muore la sua paziente, Coral è chiesta in sposa dal dolente Maggiore Hart. Uno strano matrimonio: «An Odd Marriage» avvisa il sottotitolo della versione originale del romanzo.

Alla vigilia dell’arrivo in Italia dello scrittore che domenica prossima presenterà Coral Glynn al pubblico della kermesse Pordenone Legge, lo abbiamo raggiunto per chiedergli che cosa pensa di questa «strana» istituzione: il matrimonio. Nel libro se ne celebrano o sciolgono almeno sei.

Peter Cameron qual è il più strano tra i tanti matrimoni di cui racconta?
«All’inizio pensavo al legame tra Coral e il maggiore Hart, i due protagonisti che, profondamente diversi tra loro per età, educazione, preferenze ed esperienza, rinchiusi ciascuno nella propria solitudine, arrivano tuttavia per un attimo quasi a toccarsi ma, quando decidono di legarsi, già si perdono. Per loro sulle prime avevo immaginato il titolo originale del romanzo, An Odd Marriage. Le altre nozze cui accenno sono immaginate per lo più come situazioni comiche: un pretesto per fare della satira su morale e costumi. Ma credo che tutti i matrimoni siano strani, eccome, lo credo davvero. L’idea di dedicarsi esclusivamente a una sola persona per il resto dei propri giorni mi pare incredibilmente coraggiosa, certo, ma anche presuntuosa. Forse è perfino un atto innaturale. Inoltre, come nelle famiglie infelici dei romanzi di Tolstoj, sono sicuro che i matrimoni strani siano soggetti ben migliori per i romanzi di quelli ben riusciti».

E l’amore, è un legame più plausibile? Non sembra meno bizzarro e spiazzante. In questo suo romanzo se ne trovano due o tre contraddittorie definizioni…
«Io scrivo libri per esplorare e capire che cosa penso dell’amore. Fino ad oggi ne ho sperimentate – letterariamente: leggendo e scrivendo – una varietà di forme e concezioni assai diverse. Non mi arrischierei a darne un’unica definizione. Il Maggiore Hart, diviso da Coral e risposato con Dolly, analizzando ciò che prova in quel preciso momento della sua vita, dice che amare significa desiderare con tutto se stesso che l’altro resti in vita. Probabilmente avrebbe definito il suo amore per Coral, o per Robin il suo amante omosessuale degli anni della gioventù, in termini molto diversi. Dolly, annunciando a Coral le nozze tra la governante Mrs Prence e l’ispettore Hoke dice che “l’amore è sconcertante”. È proprio così».

Perché Coral si sposa? È innamorata, spaventata, sprovveduta, ingenua, sventata?
«Coral Glynn, nel corso della sua storia, è ciascuna di queste cose. Dapprima una giovane smarrita, incosciente e innocente, benché le capiti di essere accusata di omicidio e del furto di un anello. Ma la vediamo crescere, cambiare. Diventare una donna autonoma, indipendente, libera. Come potrei caratterizzarla in un solo modo? Lei stessa lo dice: «esiste mai la possibilità di sapere chi sono gli altri? Come le monete hanno tutti due facce; o come i dadi, sei».

Ci sono nel romanzo certe figure di donne detestabili: doppiogiochiste, ficcanaso, petulanti. E Coral è più volte vittima di dispetti e cattiverie. Non sarà che lei è un po’ misogino?
«Mi dispiace che dica così. Io, nel concepirli, cerco di provare simpatia per tutti i miei personaggi. Certo Coral si trova più di una volta esposta a gratuite crudeltà. Soprattutto all’inizio, quando è così timida e impaurita, c’è sempre qualcuno che cerca di manipolarla. Il mondo è un luogo terribilmente misogino, credo, e io intendevo rispecchiare le angherie che assai spesso le donne sono costrette a subire, specie se sole e indifese come era Coral negli anni Cinquanta».

Gli anni Cinquanta, l’Inghilterra, la villa vicino al bosco: immaginava già una trasposizione cinematografica del romanzo mentre lo scriveva?
«Pur apprezzando l’equilibrio estetico dei film tratti dai miei romanzi, non li ho mai riconosciuti come miei. Mentre scrivevo, anche visivamente, avevo in mente figure e scene molto diverse. È naturale che sia così. Perciò vedere le mie storie trasposte sul grande schermo mi mette molto a disagio. Il mio mondo, piuttosto, è tutto letterario, scritto, e se per Coral Glynn ho scelto quell’ambientazione è stato perché, mentre lo scrivevo, stavo leggendo numerose grandi autrici britanniche del XX secolo: Virginia Woolf, Rose Macaulay, Penelope Mortimer, Barbara Pym, Elizabeth Taylor, Dorothy Whipple, e altre…. Inevitabile che le loro opere diventino una parte di me e finiscano per contaminare le mie pagine senza che quasi me ne accorga». 

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