Sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa il 9 aprile scorso in cui la Corte Costituzionale sopprimeva il divieto di accedere alla fecondazione eterologa presente nella legge 40.
Molti sono i passi critici, ma qui ne vogliamo mettere sotto la lente di ingrandimento uno in particolare. «La determinazione di avere o meno un figlio anche per la coppia assolutamente sterile o infertile – spiegano i giudici - concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali».
Dunque per la Consulta esiste – ed è una novità sotto il profilo giurisprudenziale – una libertà incoercibile di avere figli. Detto in altri termini, il divieto in merito all’accesso dell’eterologa lederebbe un supposto diritto al figlio che non tollera compressione alcuna. Ora gli unici diritti incoercibili sono i diritti fondamentali o diritti inviolabili ex art. 2 della Costituzione. Il desiderio di avere un figlio è dunque elevato dalla Corte costituzionale a rango di diritto fondamentale.
È curiosa la motivazione per cui il diritto al figlio dovrebbe essere inteso in senso assoluto, cioè senza limiti: è un diritto che nasce dal foro interno, dai desideri intimi e personalissimi della coppia. Dunque tanto più un’aspirazione è profonda e radicata nella sfera privatissima della coscienza personale tanto più esige tutela da parte dell’ordinamento giuridico. Le conseguenze di questo approccio sarebbero delle più bizzarre: il desiderio di essere ricambiati in amore diventerebbe diritto incoercibile, l’anelito di primeggiare nella propria professione non potrebbe che essere appagato dal Parlamento, la stessa sete di felicità verrebbe ammantata dalle sacre insegne di diritto costituzionale.
Ma andiamo oltre. Legge 40 alla mano, verifichiamo le conseguenze sul piano normativo di questa nuova categoria giuridica. L’art. 1 ci dice che la fecondazione artificiale è praticabile se rispettiamo i diritti di tutti i soggetti coinvolti, concepito compreso. Già l’omologa metteva a repentaglio il diritto alla vita del nascituro, ora l’eterologa manda in soffitta anche il diritto del figlio di crescere con i suoi genitori naturali e di conoscere le proprie radici biologiche. Se il diritto al figlio è incoercibile occorre infatti passare sopra anche ai suoi diritti, nonostante la stessa Consulta affermi che non si deve praticare l’eterologa qualora questa attenti ad “interessi di pari rango”.
Anche l’art. 5 dovrà essere rivisto: essendo il diritto al figlio un diritto fondamentale, potrà essere oggetto di giusta rivendicazione da chicchessia, e quindi sarà diritto esigibile da qualsiasi coppia anche quella omosessuale. Se il diritto poi deve essere soddisfatto sempre e comunque, via anche il limite relativo al fatto che la donna deve essere in età fertile (già saltato nella pratica) e quello che attiene alla situazione in cui entrambi i membri della coppia siano viventi. Infatti se la coppia avrà deciso di avere un figlio dopo la morte di uno dei due tramite il congelamento dei gameti, questo desiderio, essendo diritto incoercibile, non potrà che essere esaudito.
Va da sé che anche il divieto di maternità surrogata cola a picco perché ora il diritto incoercibile del figlio esige che si tentino tutte le strade per mettere al mondo il bebè (a questo punto sarebbe meglio ripristinare la vecchia pratica veterotestamentaria della schiava usata a fini procreativi qualora la legittima sposa sia sterile). E così anche il divieto di sperimentazione sugli embrioni e di clonazione farà una brutta fine. È infatti da osservare che se il desiderio del figlio è diventato un diritto fondamentale, questo diritto non può che essere perfetto in ogni sua parte. Detto in soldoni: dato che il figlio è un diritto incomprimibile, si deve garantire alla coppia di avere un discendente così come lo si desidera, ovviamente sano – quindi porte aperte alla selezione pre-impianto – e programmato geneticamente per avere gli occhi azzurro-cielo e i capelli color del grano.
A rigore poi le cose cambieranno assai in merito al tipo di contratto che dovrà intercorrere tra coppia e centro di fertilità. Attualmente tale contratto è di mezzi e non di risultato: i medici si impegnano a far di tutto perché la coppia esca dalla clinica con il bambino in braccio, però non metteteci la mano sopra il fuoco. Ma ora di fronte ad un diritto incoercibile, come fare ad assolvere al dovere ineludibile di dare il figlio alla coppia?
Ma il nocciolo di questa sentenza l’avevamo già messo in luce qualche giorno fa quando commentavamo un articolo apparso sul Corriere a firma del prof. Lambertenghi Deliliers (“Il professore cattolico che vuole l’eterologa”). Parlare di libertà incoercibile ad avere un figlio significa ridurre il figlio a proprietà. E questa prospettiva di reificazione del nascituro era già presente nella legge 40: nel momento stesso che concepisci una persona in provetta ecco che la tratti come una cosa. Anzi a ben vedere la legge 40 mima questo aspetto dalla legge 194 sull’aborto procurato. Se il nascituro fosse davvero considerato persona di certo non potrebbe essere ucciso. Ed infatti il diritto incoercibile ad avere un figlio ex lege 40 è lo specchio fedele del diritto altrettanto incoercibile a non avere un figlio ex lege 194. Perciò oggi i giudici della Consulta non hanno fatto altro che trarre le debite conclusioni di quanto deciso sulla vita nascente dai legislatori di 36 anni fa.
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