Reg. ord. n. 60 del 2012 pubbl. su G.U. del 18/04/2012 n. 16
Ordinanza del Giudice tutelare di del Tribunale di Spoleto del 03/01/2012
Notifica del 16/01/2012
Tra: F. N.
Oggetto:
Aborto e interruzione volontaria della gravidanza - Interruzione della gravidanza nei primi novanta giorni dal concepimento - Facoltà della gestante (nella specie, minorenne) che accusi circostanze comportanti "serio pericolo" per la sua salute fisica o psichica - Incompatibilità di tale previsione con la definizione e la tutela dell'embrione umano enunciate dalla Corte di giustizia UE in sede di interpretazione del divieto di brevettabilità delle utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e commerciali (art. 6 della direttiva 98/44/CE) - Contrasto con la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo - Lesione del diritto alla vita dell'embrione (in quanto uomo in fieri) - Lesione del diritto fondamentale dell'individuo alla salute.
Norme impugnate
Num. Art. Co. Nesso
legge 22/05/1978 194 4 (collegamento a Normattiva)
Parametri costituzionali
Num. Art. Co. Nesso
Costituzione 2 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 11 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 32 1 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 117 1 (collegamento a Normattiva)
Sentenza Corte Di Giustizia C.E. 18/10/2011 proc. C-34/10
Camera di Consiglio del 20 giugno 2012 rel. MORELLI
Testo dell'ordinanza
N. 60 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 gennaio 2012.
Ordinanza del 3 gennaio 2012 emessa dal giudice tutelare del
Tribunale di Spoleto nel procedimento relativo a F.N..
Aborto e interruzione volontaria della gravidanza - Interruzione
della gravidanza nei primi novanta giorni dal concepimento -
Facolta' della gestante (nella specie, minorenne) che accusi
circostanze comportanti "serio pericolo" per la sua salute fisica o
psichica - Incompatibilita' di tale previsione con la definizione e
la tutela dell'embrione umano enunciate dalla Corte di giustizia UE
in sede di interpretazione del divieto di brevettabilita' delle
utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e commerciali
(art. 6 della direttiva 98/44/CE) - Contrasto con la tutela dei
diritti inviolabili dell'uomo - Lesione del diritto alla vita
dell'embrione (in quanto uomo in fieri) - Lesione del diritto
fondamentale dell'individuo alla salute.
- Legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 4.
- Costituzione, artt. 2, 11, 32, primo comma, 117 [primo comma];
sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea 18 ottobre
2011, nel procedimento C-34/10, resa su rinvio pregiudiziale ex
art. 267 TFUE circa la corretta interpretazione dell'art. 6, n. 2,
lett. c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
98/44/CE del 6 luglio 1998.
(GU n. 16 del 18.04.2012 )
IL TRIBUNALE
Esaminati gli atti del procedimento in epigrafe, introdotto con
relazione della ASL 3 Umbria - Distretto sanitario di Spoleto del 2
gennaio 2012 - prot. 0024 concernente la manifestata volonta' della
minore N.F. (nata il 14 gennaio 1995) di sottoporsi ad interruzione
volontaria della gravidanza senza coinvolgimento dei genitori;
Visto l'art. 12, secondo comma, legge n. 194/1978;
Premesso in fatto che:
il competente Servizio presso l'ASL 3 di Spoleto con la
relazione indicata in premessa riferiva all'intestato giudice
tutelare la situazione della minore N.F., compiutamente generalizzata
in atti, la quale, proveniente da altro centro cittadino, si era
presentata in data 27 dicembre 2011 presso il consultorio familiare
spoletino accompagnata dal fidanzato, anch'egli minorenne,
manifestando «con chiarezza e determinazione» la propria decisione di
sottoporsi ad I.V.G. «in quanto non si ritiene in grado di crescere
un figlio, ne' disposta ad accogliere un evento che non solo
interferirebbe con i suoi progetti di crescita e di vita ma
rappresenterebbe un profondo stravolgimento esistenziale».
Opportunamente invitata dalle assistenti sociali ad esternare
anche le motivazioni piu' profonde della propria decisione, la
ragazza, rifiutando di prendere in considerazione eventuali soluzioni
alternative a norma di legge, si diceva «... certa che comunicare ai
genitori l'accaduto determinerebbe una crisi intra familiare
ingestibile: non solo i genitori non capirebbero e non sarebbero in
grado di accoglierla, ma lei stessa, consapevole delle gravi
questioni che la famiglia ha dovuto affrontare negli anni, verrebbe
travolta da un senso di colpa che, sommato alla delicatezza del
momento, le diverrebbe insostenibile».
Nel successivo colloquio del 30 dicembre 2011 l'interessata aveva
ribadito all'assistente sociale la propria decisione «in maniera
ancora piu' accentuata», rivendicando nel contempo la propria
maturita' e capacita' di compiere scelte autonome; contestualmente
aveva sottolineato, per un verso, la fragilita' dei propri genitori
ed il timore di ferirli in maniera irreversibile e, per altro verso,
il dialogo limitatissimo con essi esistente di talche' «... parlare
con i genitori significherebbe esporsi ad ulteriori tormenti».
Segnalando che la ragazza era «apparsa piuttosto matura e
cosciente, contenuta nelle esternazioni», argomentava il servizio che
seppur non si ravvisassero nella descritta situazione elementi
concreti di gravita' o elementi esplicitamente ostativi al
coinvolgimento dei familiari, «la percezione che ha delle fragilita'
e debolezze dei genitori, sommata da una storia familiare
oggettivamente difficile appare talmente condizionante per cui puo'
ritenersi verosimile che in questo momento non vi siano i presupposti
per poter effettuare una mediazione che richiede energie e tempi
diversi da quelli indotti dall'emergenza attuale». Esprimeva dunque
un parere sostanzialmente favorevole all'accoglimento della
richiesta, seppur in parallelo ad un necessario percorso di sostegno
ed elaborazione da effettuarsi in favore della giovane nei successivi
mesi.
Alla relazione veniva allegato un referto datato 30 dicembre 2011
del servizio di ecografia-ostetrica dell'ospedale di Spoleto
attestante una gravidanza alla sesta settimana in regolare
evoluzione.
Ritenuto in diritto che:
1) la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea
del 18 ottobre 2011 nel procedimento C-34/10, resa su una domanda di
pronunzia pregiudiziale ex art. 267 TFUE circa la corretta
interpretazione dell'art. 6, n. 2, lettera C) della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998 - 98/44/CE sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, contiene fra
l'altro (paragrafo 38 della motivazione) la definizione della nozione
di «embrione umano»; al riguardo la Corte europea, dopo aver
opportunamente rammentato (paragrafo 30 motivazione) che «quanto al
significato da attribuire alla nozione di "embrione umano" prevista
all'art. 6, n. 2, lettera c) della direttiva, si deve sottolineare
che, sebbene la definizione dell'embrione umano costituisca un tema
sociale particolarmente delicato in numerosi Stati membri,
contrassegnato dalla diversita' dei loro valori e delle loro
tradizioni, la Corte non e' chiamata, con il presente rinvio
pregiudiziali, ad affrontare questioni di natura medica o etica, ma
deve limitarsi ad un'interpretazione giuridica delle pertinenti
disposizioni della direttiva» cosi' testualmente si esprime
(paragrafo 38 motivazione): «Alla luce delle precedenti
considerazioni la prima questione deve essere risolta come segue:
costituisce un "embrione umano" qualunque ovulo umano fin dalla
fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato
impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo
umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto
a dividersi e svilupparsi;»;
2) trattandosi di decisione resa in seguito a rinvio
pregiudiziale, ex art. 267 TFUE, da parte di un giudice nazionale, il
principio interpretativo affermato dalla Corte deve ritenersi
assumere, per cio' solo, efficacia diretta e vincolante per tutti gli
Stati membri (ex pluribus, Cassazione - sentenza 14468 del 22
dicembre 1999) i cui operatori del diritto sono dunque chiamati ad
applicare la legislazione interna dello Stato in maniera armonica e
non confliggente con quanto affermato dalla Corte europea; cio' in
linea con la giurisprudenza costituzionale (da ultimo, con sentenza
n. 227 del 2010) che, affermando il principio di prevalenza del
diritto comunitario in forza dell'art. 11 della Costituzione, ha
sancito il potere-dovere del giudice dello Stato di dare immediata
applicazione alle norme comunitarie, se provviste di efficacia
diretta, in luogo di norme nazionali che risultino in contrasto
insanabile in via interpretativa ovvero, negli altri casi, di
sollevare questione di legittimita' costituzionale anche in relazione
al novellato art. 117 della Costituzione;
3) non puo' non intravvedersi nel dictum della Corte europea
l'affermazione, decisa ed inequivoca quanto mai prima d'ora,
dell'assoluto rilievo giuridico attribuito all'«embrione umano», il
quale non soltanto viene definito tale «sin dalla fecondazione» -
cosi' sgombrandosi il campo da qualsivoglia possibilita' di
interpretazione alternativa eventualmente finalizzata
all'affermazione dell'esistenza di un embrione umano soltanto a
partire da un determinata epoca successiva a quella della
fecondazione dell'ovulo - ma considerato un soggetto di primario
valore giuridico da tutelare in modo assoluto avverso il pericolo di
qualsivoglia indebita utilizzazione mediante invenzioni per finalita'
industriali o commerciali e, ancor piu' espressamente, escludendosi
qualsivoglia brevettabilita' «... ove l'attuazione dell'invenzione
richieda la distruzione di embrioni umani» (paragrafo 49 motivazioni
Sentenza);
4) non sembra inesatto affermare, dunque, che l'«embrione umano»
debba qualificarsi alla luce dell'intervenuta decisione europea come
«essere» provvisto di una autonoma soggettivita' giuridica della cui
tutela l'ordinamento deve farsi carico anche (e soprattutto) a
cagione della mancanza di qualsivoglia capacita' di auto-tutela da
parte del diretto interessato; mutatis mutandis, sembra potersi
richiamare in via analogica quella tutela che l'Ordinamento appresta
in favore della persona umana anche allorche' sia colpita da casi
gravissimi di inabilita' assoluta determinanti la perdita totale ed
irreversibile delle funzioni primarie di comunicazione e locomozione
proprie dell'individuo il quale, pero', conservando integri i
processi vitali primari e la propria sensibilita', proprio per questo
non potra' mai esser retrocesso al rango di «cosa inanimata»;
5) e del resto, se tale non fosse stata l'argomentazione
logico-giuridica sottesa al ragionamento della Corte europea, non
potrebbe altrimenti comprendersi il perche' delle relative
conclusioni circa il divieto assoluto di brevettabilita' delle
invenzioni recanti lo sfruttamento a fini industriali-commerciali o
addirittura la «distruzione» degli «embrioni umani»; vietare la
«distruzione» dell'«embrione umano» equivale infatti ad affermare il
disvalore assoluto in ogni caso, ai sensi dei principi fondanti il
diritto dell'Unione europea, della perdita dell'embrione umano per
consapevole intervento dell'uomo, se anche effettuato invocando
esigenze di progresso scientifico; trattasi quindi di affermazione,
nemmeno troppo implicita, della giuridica esistenza di un soggetto,
l'«embrione umano» che, in ogni caso, deve trovare tutela in forma
assoluta;
6) se tale interpretazione non erra, sembra necessario farne
diretta applicazione nel diritto interno allo Stato e, per i fini qui
ci occupano, porre d'ufficio la questione della compatibilita' fra
tale affermato principio e la facolta' prevista dall'art. 4 della
legge n. 194/1978 di procedere volontariamente all'interruzione della
gravidanza entro i primi novanta giorni dal concepimento: cio'
comportando, come e' ovvio, l'inevitabile risultato della distruzione
di quell'embrione umano che, come si e' visto, e' stato riconosciuto
quale soggetto da tutelarsi in modo assoluto nel diritto vivente
della Corte europea;
7) sembra dunque necessario e imprescindibile per l'intestato
giudice - assolutamente consapevole e rispettoso dei profili di
delicatezza e drammaticita' che la scelta di procedere ad comporta
per qualsiasi donna - sollevare la questione di legittimita'
costituzionale dell'indicata norma dell'art. 4 legge n. 194/1978 in
correlazione ai principi generali della Carta costituzionale e, in
particolare, a quelli di tutela dei diritti inviolabili dell'uomo
(art. 2) e del diritto fondamentale alla salute dell'individuo (art.
32, primo comma), fermi restando i gia' ricordati rapporti di rilievo
costituzionale fra diritto comunitario e diritto interno ricavabili
dall'interpretazione sistematica degli articoli 11 e 117 della
Costituzione;
8) in relazione all'art. 2 della Costituzione, poiche' dalla
definizione di principio contenuta nella decisione della Corte
europea sembra doversi ritrarre la conclusione sostanziale che
l'«embrione umano» e' suscettibile di tutela assoluta in quanto
«uomo» in senso proprio, seppur ancora nello stadio di sua
formazione/costituzione mediante il progressivo sviluppo delle
cellule germinali: si legge infatti nelle motivazioni della decisione
(paragrafo 16), nella parte in cui si richiamano le direttive
europee: «considerando che il diritto dei brevetti dev'essere
esercitato nel rispetto dei principi fondamentali che garantiscono la
dignita' e l'integrita' dell'uomo; che occorre ribadire il principio
secondo cui il corpo umano, in ogni stadio della sua costituzione e
del suo sviluppo, comprese le cellule germinali la semplice scoperta
di uno dei suoi elementi o di uno dei suoi dei suoi prodotti, nonche'
la sequenza o sequenza parziale di un gene umano, non sono
brevettabili;»; se dunque l'«embrione umano» deve ritenersi
correttamente qualificabile come «uomo», seppur «in fieri», per il
diritto vivente europeo, necessaria conseguenza logico-giuridica e'
il ritenere costituzionalmente illegittima qualsivoglia norma di
legge che, prevedendo la facolta' di addivenire alla volontaria
distruzione dell'«embrione umano» leda irreparabilmente quel diritto
alla vita che e' il primo fra i «diritti inviolabili» dell'uomo;
9) in relazione all'art. 32, primo comma della Costituzione,
poiche' la volontaria distruzione dell'«embrione umano» sembra
costituire condotta fortemente violativa anche di quel diritto alla
salute che viene affermato e tutelato in quanto «fondamentale diritto
dell'individuo» e dunque spettante a chiunque possieda una
individualita' giuridicamente rilevante: tale e' il caso
dell'«embrione umano» che, anche qualora volesse disattendersi la
definizione di «uomo in fieri» come sopra delineata, e' di certo
qualificabile come «individuo» in senso proprio, tale dovendosi
definire quel centro di imputazione soggettiva di relazioni
giuridicamente rilevanti che sia diverso, sotto il profilo
ontologico, dalle cose inanimate e, sotto il profilo di genere e
specie, dai vegetali e dagli animali.
Se dunque l'«embrione umano» e' di certo qualificabile almeno
come «individuo» in senso proprio ad esso e' sicuramente da
riconoscersi quella tutela del fondamentale diritto alla salute che e
sancita dall'art. 32, primo comma della Carta costituzionale;
10) le considerazioni sopra brevemente esposte militano a favore
della rilevanza ai tini dell'odierna decisione della delineata
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 legge n.
194/1978, la cui non-manifesta infondatezza impone al giudice di
sollevarla di ufficio contestualmente disponendo la sospensione del
procedimento nelle forme di legge e la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale, oltreche' le prescritte notifiche ex art. 23,
ultimo comma legge n. 87/1953.
Per ovvie ragioni di riservatezza la presente ordinanza dovra'
essere comunicata all'interessata mediante consegna di copia a mani
proprie esclusivamente per il tramite del competente Servizio sociale
ASL 3 Spoleto, il quale curera' le forme piu' idonee a garantire in
ogni caso l'assoluta riservatezza.
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953, n.
87.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 22 maggio 1978,
n. 194, in relazione agli articoli 2, 32, primo comma, 11 e 117 della
Carta costituzionale.
Solleva d'ufficio la suddetta questione.
Dispone la sospensione del procedimento in corso e l'immediata
trasmissione di tutti gli atti alla Corte costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza sia comunicata alla parte
interessata per il tramite del competente servizio sociale ASL 3
mediante consegna di copia a mani proprie, curandosi in ogni caso le
forme piu' idonee a garantire l'assoluta riservatezza.
Dispone inoltre che la presente ordinanza sia notificata al
Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del
Senato ed al Presidente della Camera dei deputati.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni e gli adempimenti di
competenza.
Spoleto, 3 gennaio 2012
Il Giudice tutelare
Nessun commento:
Posta un commento