lunedì 23 gennaio 2012


J'ACCUSE/ Povere bambine canadesi, se non piacete a papà siete morte di Carlo Bellieni, lunedì 23 gennaio 2012, http://www.ilsussidiario.net

Abortire le femmine? In Canada si può. Insorge però l’Editor in Chief del maggior giornale medico canadese, il Canadian Medical Journal, che ammettendo che ormai in certe comunità etniche il feticidio femminile sia ormai abbastanza diffuso, e propone di rivelare il sesso, ok, ma solo dopo la 30° settimana di gravidanza, quando l’aborto non è più permesso. “Se il Canada non riesce a regolare questa pratica ripugnante – scrive la direttrice della rivista – che speranza avranno India e Cina di farlo?”.
Ora facciamo ben attenzione, perché questo richiamo è certamente corretto e l’applaudiamo. Non capiamo però perché sia ripugnante far fuori i feti femmine e non quelli con sindrome Down, o quelli con anomalie gravi, ma anche quelli con anomalie lievi… e quelli che sono fatti fuori perché la mamma semplicemente vuole andare in vacanza e si sente così disturbata, ma così disturbata mentalmente (se lo autodiagnostica, unico caso in medicina in cu un paziente fa da sé la diagnosi e si dà la terapia da sé senza che nessuno possa obiettare)… che questo figlio sano ma non voluto deve sparire.
Facciamo ben attenzione a scandalizzarsi a “sesso unico”, perché i suddetti gruppi etnici ci possono dire che per loro la nascita di una figlia è un trauma tremendo….  Vagli a dire che non è vero, in un mondo in cui l’autonomia decisionale è la somma legge!
Ma se hanno ragione per la legge morale capitalista e postmoderna (chi può obiettare al sacro diritto di abortire?), come venirne fuori? Come impedire l’ecatombe di femminucce non ancora nate? O si cambia modo di pensare, o non c’è soluzione: sono condannate.
Siamo nella società del rifiuto, signori, e qui la vince solo chi fa la voce grossa: in questo caso far fuori i feti femmina è politically incorrect, e allora gli si dà contro (il vecchio femminismo ancora ha nostalgici, mentre i disabili per qualche oscuro motivo non riescono ad alzare altrettanto forte la loro voce, pur essendo milioni). Ma non andrà lontano: il diritto all’aborto non lo scalfiscono nemmeno le donne! E le femministe che sfilavano indignate (giustamente) contro lo sfruttamento del corpo femminile, dove sono finite?

Siamo nella società del rifiuto, e tutto quello che non piace deve essere possibile buttarlo via! E’ una società che cannibalizza i propri figli, dall’utero all’obbligo schiavizzante in età adulta di non procreare. La società del rifiuto non accetta l’imperfezione, non accetta l’imprevisto; e siccome tutto il mondo è imperfezione e imprevisto (e la perfezione e le previsioni azzeccate stanno solo nei romanzi rosa), allora la società del rifiuto si riduce a non accettarsi, a rinchiudersi davanti alla TV dove tutto è perfetto e prevedibile, e ad occhieggiare al suicidio: a quello morale e a quello fisico che inizia ad andare di moda.
Povere bambine canadesi, non avete scampo: la società del rifiuto vi ha già segnate a morte se a papà non piacete.  In barba alla mamma e ai suoi (e vostri) diritti. Le femministe hanno altro da pensare.


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