venerdì 30 novembre 2012


IL PREVEDIBILE “SOCCORSO BIANCO” - Pubblicato il 30 novembre 2012 - http://www.blogscienzaevita.org/

L’immediata reazione pubblicata, prevedibile per tempistica e argomentazione,  su La Nuova Bussola Quotidiana – a commento del Congresso nazionale di Scienza & Vita sul tema “Embrioni crioconservati. Quale futuro?” – merita alcune riflessioni. Certamente sintetiche, perché rappresentare in poche righe la ricchezza e lo spessore delle relazioni congressuali, svolte da autorevoli studiosi, docenti e ricercatori, sarebbe davvero improbabile.

Che nella letteratura biomedica, bioetica e giuridica si annoveri l’adozione per la nascita (APN), o adozione prenatale o comunque adozione degli embrioni, consta a tutti coloro che hanno dimestichezza sulle tematiche in oggetto. Così, certamente, non sfugge minimamente il dibattito, per certi versi sommerso, che ha caratterizzato questa tematica negli ultimi anni.

Scienza & Vita ha voluto, con onestà intellettuale e rigore argomentativo, tematizzare con metodologia interdisciplinare il grave dilemma del futuro degli embrioni crioconservati, altresì destinati in un futuro a essere abbandonati o dei quali si è già fatta rinuncia all’impianto. Ha offerto un contributo, appunto di riflessione, e non è stata una “sortita” come “l’ortodossia” dell’estensore dell’articolo su La Nuova Bussola Quotidiana ha voluto rubricare. Peccato che lo stesso autore si contraddica, con palese “ortodossa coerenza”, quando afferma che “la questione è ancora aperta, ed esiste un confronto serrato tra favorevoli e sfavorevoli”. Insomma si vuole affermare quanto segue: esistono posizioni contrapposte, esistono sfavorevoli e favorevoli all’APN, esiste un dibattito anche nel mondo cattolico ma non bisogna affrontare l’argomento. Fatta salva l’usuale manichea dicotomia, efficace sotto il profilo mediatico e che tanta acqua porta – senza richiesta – al mulino dei laicisti, si provvede anche alla personalizzazione delle posizioni e alla individuazione di schieramenti. Ancora una volta nulla di nuovo secondo usuale metodologia.

Sempre nell’articolo in oggetto, si ammonisce di amnesia circa l’Istruzione Dignitas Personae su alcune questioni di bioetica della Congregazione della Dottrina per la Fede, affermando improvvidamente che “pochi la conoscono e che oggi è quasi impossibile trovarla, stampata, nelle librerie cattoliche.” Forse, per inconsapevole distrazione o imperfette relata refero, non sono stati presi in giusta considerazione i continui richiami al Magistero fatti nel corso delle relazioni congressuali, con attinenti approfondimenti aperti alle problematicità che il tema richiede.  Forse, e con tanta umiltà, sarebbe stato sufficiente leggere la sintesi della relazione introduttiva al Congresso. Risulta evidente che sarà un’adeguata e non preconcetta lettura degli Atti congressuali, che verranno pubblicati, a favorire ogni ulteriore e meritevole approfondimento.

In sintesi: premessa l’illiceità del “criterio convenzionale”, della “distruzione” e “donazione per la ricerca” degli embrioni crioconservati, le relazioni hanno approfondito nello specifico il tema della “crioconservazione a lungo termine” (evolutività degli embrioni allo scongelamento, epigenetica, vitrificazione, live birth post embryo thawed da crioconservazione per anni, ecc.) e della APN (semantica, antropologia, etica, analisi delle criticità versus APN e delle argomentazioni pro APN, analisi giuridica, ecc.).

Una penultima e sintetica considerazioni finale che deve farci riflettere. L’American Society for Reproductive Medicine Ethics Committee Report, così afferma: “This Committee has made clear its view that embryos should be accorded an elevated moral status compared with other human tissues, but that they should not be viewed as persons. […] The legal term ‘‘adoption’’ can not and does not apply to embryos, which hold the potential for life but are not persons.”

Questo è l’humus culturale nel quale dobbiamo offrire la nostra testimonianza, secondo scienza, fede e per la vita.

Un’ultima considerazione. Ricordava Pietro Nenni con un famoso aforisma: «A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura».

A questa gara non voglio partecipare con l’ambizione del puro che ritiene di rappresentare la Verità, ma partecipo “con un attento sforzo di discernimento”. “Alla parresia della fede deve corrispondere l’audacia della ragione” (Fides et Ratio, n.48).

Lucio Romano

Presidente nazionale Associazione Scienza & Vita

Farmaco giusto, paziente sbagliato?











Corriere della Sera - Il mistero genetico del grano, la pianta intelligente come l'uomo di Edoardo Boncinelli


Il Manifesto - Quando un gene viene ammutolito di Franco Voltaggio



Il romano che ha messo Einstein sotto esame- Corriere della Sera - Sette (Giovanni Caprara) - http://www.swas.polito.it


Ignazio Ciufolini sta verificando un aspetto della teoria della relatività con sfere lanciate nel cosmo. E alla guida di un gruppo internazionale di scienziati vuole svelare nuovi misteri sulla questione "spazio-tempo"

Quasi cento anni fa, nel 1913, Albert Einstein scriveva allo scienziato e filosofo ceco Ernst Mach ringraziandolo per alcune sue idee che lo avevano ispirato nello studio di una teoria generale dello "spazio-tempo".
Einstein era già noto per la teoria della relatività ristretta concepita nel 1905 e allora lavorava alla teoria della relatività generale che avrebbe presentato due anni più tardi.
Mentre stava conquistando la sua seconda straordinaria meta scopriva un effetto a essa legato alla cui base c'è la deformazione dello "spaziotempo" causato dalla gravità di un corpo celeste in rotazione per cui, per esempio, il tempo scorre diversamente rispetto a un corpo che non ruota e un raggio di luce si piega in modo differente.
«Lo chiamiamo "frame-dragging", cioè effetto di trascinamento dello "spaziotempo", e interessa ovviamente anche l'ambiente che circonda la nostra Terra» racconta Ignazio Ciufolini.
Da quel momento i fisici sono andati a caccia di una conferma che si unì quasi subito a quella della relatività generale.
È trascorso quasi un secolo e le discussioni sono ancora accese.
«Anzi», precisa Ciufolini, «negli ultimi anni la famosa teoria delle stringhe, che generalizza le visioni di Albert Einstein, potrebbe prevedere alcuni altri fenomeni non descritti dalle sue straordinarie intuizioni.
Ciò ha spinto ancor di più verso la ricerca di conferme delle idee del genio e tra queste c'è l'effetto di trascinamento».
Per spiegarlo possiamo immaginare una pallina che ruota spostandosi in un vaso di miele.
Muovendosi trascina il miele modificandone la forma.
Altrettanto accade con lo "spazio-tempo" tanto intorno al nostro pianeta azzurro quanto a un buco nero, ma in tal caso con conseguenze ben più accentuate data la sua gravità ben più considerevole.
Ignazio Ciufolini ha dedicato la vita alla misura di questo strano effetto diventandone un'autorità.
Ora è alla sfida finale guidando un team internazionale di scienziati.
La strada percorsa è stata lunga ma sempre all'insegna della passione per la teoria della relatività e degli enigmi legati alla gravità.
Infatti nel 1982 era andato all'università del Texas ad Austin per il dottorato ma anche perché voleva lavorare con uno degli scienziati-mito della gravità, John Archibal Wheeler; quello che aveva battezzato buchi neri i mostri del cielo di cui era maestro.
Ne diventa uno degli allievi prediletti ma dopo sette anni il romano Ciufolini decideva di tornare in Italia nonostante le seducenti offerte del Caltech, il politecnico della California.
Ora insegna fisica all'Università del Salento ma dall'America all'Italia una costante lo accompagna: la misura del famoso effetto di Einstein.
«Studiando i comportamenti dei due satelliti Lageos, uno della Nasa e l'altro dell'Asi italiana, arrivai a misurarlo con un errore del 10 per cento pubblicando i risultati sulla rivista britannica Nature nel 2004 e nel 2007.
Ero sulla buona strada ma ancora non bastava per dimostrare definitivamente e con precisione che esiste».
Intanto allo stesso scopo la Nasa lanciava il complicato e costoso (1,5 miliardi di dollari) satellite Gravity Probe-B arrivando a un errore più elevato del 19 per cento.
Le nuove opportunità.
I Lageos di Ciufolini erano invece due economiche (pochi milioni di dollari) sfere di alluminio di 60 centimetri di diametro simili a due grandi palle da golf, ricoperte da prismi di silicio.
Sparando contro di loro un raggio laser e misurando i tempi di percorrenza si stabiliva che cosa succedeva nello spazio e pure tra i continenti da dove partiva e arrivava il segnale, vale a dire come si muovevano.
E questo secondo aspetto consentiva di indagare i fenomeni all'origine dei terremoti.
Quando l'agenzia spaziale europea Esa collaudava il nuovo vettore Vega per piccoli satelliti, l'Asi offriva a Ciufolini l'opportunità di mettere a bordo un nuovo satellite di questa specie battezzato Lares.
Lo progettava il professor Antonio Paolozzi dell'Università La Sapienza di Roma.
Più piccolo (36 centimetri) dei predecessori, era invece più pesante (una sfera di tungsteno) e collocato su un'orbita diversa avrebbe consentito di misurare il fatidico effetto con l'errore dell'uno per cento; in pratica conquistare la precisa conferma a lungo inseguita.
«Dal febbraio scorso Lares ruota intorno alla Terra in una posizione perfetta», precisa Ciufolini, «e le misure che stiamo raccogliendo ci dicono che siamo sulla giusta via».
Il gruppo diretto da Ciufolini, che si è riunito per un primo bilancio delle indagini all'Accademia dei Lincei a Roma, comprende una decina di scienziati soprattutto tedeschi e americani, più un russo-armeno.
Assieme c'è inoltre il celebre fisico-matematico britannico Sir Roger Penrose autore di libri famosi ( La mente nuova dell'imperatore e La strada che porta alla realtà, Rizzoli).
E una volta conquistato l'ambitissimo risultato? «Intanto abbiamo la certificazione che il tempo e lo spazio non sono valori assoluti come nella fisica di Newton», risponde Ciufolini.
«In aggiunta possiamo comprendere comportamenti degli astri ora sconosciuti, come le emissioni di getti di materia dai nuclei delle galassie, o che cosa succede intorno ai buchi neri o alle compatte stelle a neutroni rotanti.
Ma penetrare questi segreti della relatività significa anche arrivare a sofisticatissime tecnologie riguardanti, per esempio, il Gps americano e il Galileo europeo.
Se questi strumenti non tenessero conto della teoria della relatività sbaglierebbero a indicare la posizione di molti chilometri come un esperimento ha verificato».
La più celebre verifica della relatività di Einstein la effettuò l'astronomo britannico Arthur Eddington, nel 1919, recandosi nelle isole di São Tomé e Principe, nell'Oceano Atlantico, dimostrando durante un'eclisse che la luce era deviata dalla massa del Sole.
Per Einstein fu la consacrazione ma per le idee del genio di Ulm gli esami continuano.
La Lettera di aLbert a Mach

carteggio tra geni

La lettera che Albert Einstein ha scritto nel 1913 allo scienzato e filosofo ceco Ernst Mach, con la quale lo ringraziava per avergli dato delle idee che lo avevano ispirato nello studio di una teoria generale dello "spazio-tempo".
Einstein, in quegli anni, era già noto per la teoria della relatività ristretta, concepità nel 1905.

Famiglia dimenticata e in difficoltà - La precarietà più applaudita - http://www.avvenire.it

I dati dell’Istat relativi al 2011 sono eloquenti: i matrimoni sono in calo in tutte le regioni italiane; ci si sposa sempre più tardi, sono in calo anche le seconde nozze, aumentano velocemente le convivenze. Comunque si vogliano interpretare questi dati, essi sono l’evidente segno di una difficoltà profonda, che colpendo matrimonio e famiglia colpisce una struttura antropologica di primario valore, sulla quale si reggono tre dinamiche sociali fondamentali, quali l’educazione delle giovani generazioni, l’assistenza delle generazioni anziane e la cura dei soggetti fragili e malati. Ma sembra che di tutto questo la nostra classe politica non sia affatto consapevole. E alle rare, lodevoli, eccezioni, fanno da contraltare gli applausi di coloro che per questa crescente precarietà e per questo drammatico infragilimento addirittura gongolano.

La prova di quanto detto? Basti sottolineare certo entusiasmo che ha accompagnato l’approvazione della legge che equipara legalmente sotto ogni profilo, anche quello lessicale, tutti i figli, comunque nati, dentro o fuori dal matrimonio (e che, ahinoi, consente anche il riconoscimento dei figli da parte di genitori incestuosi). Si è parlato di una svolta di civiltà, del crollo di barriere arcaiche e secolari, di archiviazione di norme odiose, del definitivo superamento di un anacronistico senso della morale. Espressioni comprensibili, anche se fastidiosamente enfatiche, che dimostrano però una preoccupante assenza di consapevolezza della complessità della questione. Se infatti è indubbio che sia doveroso garantire la massima tutela ai figli nati fuori dal matrimonio e ancor più doveroso prevenire qualsiasi discriminazione legale nei loro confronti (e sotto questo profilo la legge – sempre mettendo da parte la gravissima questione dei figli incestuosi – trova anche me perfettamente consenziente) è pur vero che è altrettanto doveroso riconoscere che il matrimonio, e il matrimonio soltanto, è il luogo <+corsivo>privilegiato<+tondo> nel quale il diritto ritiene che i figli debbano essere messi al mondo.

In altre parole: i figli sono tutti eguali, ma non è vero che i genitori siano tutti uguali. Coloro che sposandosi assumono (e per di più in forma pubblica) una prospettiva di reciproco affidamento, destinata, almeno intenzionalmente, a durare nel tempo, sono psicologicamente, moralmente e sociologicamente non assimilabili a coloro che, rifiutando di sposarsi e attivando una mera convivenza (che raggiunge a volte i limiti dell’evanescenza), danno una prova esplicita dalla loro volontà di non legarsi, cioè della loro volontà di non contribuire alla costruzione di un solido futuro familiare. Si badi bene: non sto dicendo che sia compito del diritto discriminare o meno che mai penalizzare i conviventi; il suo compito è quello di aiutare i coniugi a costruire il futuro di quella famiglia, che, come sostiene l’art. 29 della nostra Costituzione, è una società naturale, che solo nel matrimonio trova il suo fondamento. La nuova legge, nei limiti in cui procede a riconoscere vincoli di parentela legale a prescindere dai vincoli coniugali, opera obiettivamente per indebolire il dettato dell’art. 29.

Giustissimo quindi operare per potenziare i diritti dei figli. Giustissimo abolire l’odiosa distinzione tra figli di serie A e figli di serie B: si tratta di un lodevole passo in avanti. Per essere autentico, però, e non ideologico, questo passo in avanti andrebbe accompagnato – cosa che il Parlamento ancora una volta si è ben guardato dal fare – da un ulteriore e ancor più importante passo in avanti, quello di una tutela potenziata del matrimonio. Aspettiamo da anni nuove coraggiose normative che riconoscano concretamente alle coppie sposate ciò che loro spetta (e che invece non spetta alle coppie di fatto, ma per loro libera e insindacabile scelta), cioè un riconoscimento del valore sociale e non semplicemente affettivo del loro vincolo. In assenza di queste normative, che prendano atto delle inedite difficoltà cui vanno incontro i coniugi nelle società avanzate, i risultati continueranno ad essere quelli che i dati dell’Istat hanno posto sotto i nostri occhi: i matrimoni continueranno a diminuire, le famiglie a diventare sempre più fragili e ai figli naturali ben poco tornerà utile la loro definitiva equiparazione formale e lessicale ai figli legittimi. Perché la crisi della famiglia – di questo passo, con questi propositi e con queste omissioni – è destinata a coinvolgere tutti, vecchie generazioni e nuove generazioni, genitori sposati e genitori non sposati, figli di serie A e figli di serie B. E in modo sempre più tragico e pesante.

Francesco D'Agostino

Spot per l'eutanasia, i radicali ci riprovano
di Giuliano Guzzo30-11-2012 - http://www.lanuovabq.it

Lo spot dei radicali
L’obiettivo è uno ed uno soltanto: la legalizzazione dell’eutanasia. Questo i radicali vogliono e per questo, ormai da anni, si battono. L’ultima conferma di questa ostinazione ci viene dal video che ieri, presso la sala stampa della Camera dei deputati, l'Associazione Luca Coscioni e l'Associazione Exit Italia hanno scelto di trasmettere. Si tratta di un filmato che ha come protagonista un malato terminale, il quale aveva risposto all'appello "A.A.A. Malato terminale cercasi" lanciato dall'Associazione Luca Coscioni con un primo spot.
Non è la prima volta che quanti si battono per il cosiddetto diritto a morire optano per questa efficace quanto discutibile strategia pubblicitaria: poco più di due anni fa, era l’8 dicembre 2010, venne presentata e messa in rete la versione italiana – sempre ad opera dell'Associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale – dello spot pro-eutanasia ideato dall'associazione Exit international, bloccato dall'autorità australiana per le Comunicazioni. L’iniziativa fece discutere come discutere certamente farà, nei prossimi giorni, il video trasmesso ieri.
Ora, delle tante osservazioni critiche che possono essere mosse a questo genere di iniziative, crediamo sia interessante soffermarci su un aspetto sovente poco considerato eppure centrale per smascherare certa propaganda mortifera, e cioè il fatto che non è la sofferenza fisica – contrariamente a quello si è portati a pensare, e che gli anzidetti spot lasciano intendere – la ragione per cui, nella stragrande maggioranza dei casi, delle persone malate arrivano a chiedere di morire.
Una prima evidenza, a pensarci bene, viene proprio dal citato appello,"A.A.A. Malato terminale cercasi"; se davvero fosse comune, fra i malati terminali, la volontà di porre fine alle loro sofferenze, non ci sarebbe stato bisogno di alcun genere di appello, di filmato o di conferenza stampa, perché la cosa sarebbe risaputa e lo stesso Legislatore, in un modo o nell’altro, sarebbe da tempo stato pressato ad agire in questo senso tramite appositi provvedimenti.Che però, allo stato, non solo non sono stati approvati, ma risultano addirittura osteggiati dal nostro ordinamento che, ex. art. 579 c.p., equipara l’eutanasia all’omicidio del consenziente, reato punito con reclusione da 6 a 15 anni.
Un secondo riscontro al fatto che non vi sia alcuna specifica “esigenza eutanasica” da parte dei malati, ci viene poi dall’esperienza e da ricerche scientifiche. Possiamo per esempio ricordare come con uno studio condotto sui soggetti affetti dalla sindrome locked-in si sia rilevato come appena il 7% di questi abbia manifestato intenzioni di morte (Cfr. British Medical Journal Open, 2011). Da non trascurare poi è il fatto che non di rado quanti versano in una condizione difficile o terminale risultano affetti da depressione; uno su cinque lo è, per esempio, tra i malati di cancro (Cfr. European Journal of Cancer Care, 1998).
Che vi sia più la paura della sofferenza che la sofferenza stessa alla base dell’eutanasia, è poi testimoniato da un celebre caso ricordato da Francesco d’Agostino. Il riferimento è al processo celebratosi «in Olanda nel 1973 contro il dott. Potsma, accusato di aver soppresso la propria madre, malata terminale di tumore. Alla richiesta se i dolori della donna avessero raggiunto il limite dell’intollerabilità, l’accusato rispose: “No, non erano intollerabili. Certamente le sue sofferenza fisiche erano aspre. Ma erano le sue sofferenze spirituali ad essere divenute insopportabili”» (L’eutanasia come problema giuridico, «Archivio Giuridico», Mucchi, 1987, p. 37).

Checché ne dicano i soci dell'Associazione Luca Coscioni e dell'Associazione Exit Italia, non esiste dunque alcuna emergenza che il Legislatore dovrebbe sanare  legalizzando l’eutanasia. Vi è invece – ed è comprovata – l’esigenza di rafforzare il più possibile le attuali misure ed i sostegni a favore delle famiglie che accudiscono una persona disabile o affetta da gravi malattie. Si tratta di famiglie meno rare di quanto si creda, molto spesso eroiche, che sperimentano quotidianamente la dimensione del sacrificio e ai quali ben pochi, fino ad oggi, hanno scelto di riservare visibilità. Loro sì che, per l’esempio che offrono, meriterebbero uno spot. 

giulianoguzzo.wordpress.com


LETTURE/ Tutto è lecito finché non fa male agli altri? - http://www.ilsussidiario.net/

Giovanni Maddalena
venerdì 30 novembre 2012
È lecito offrire soldi (3500 dollari negli Stati Uniti e 300 in India) a donne drogate per non mettere al mondo dei figli? È giusto dare un incentivo economico ai bambini delle elementari per ogni libro letto? Si può pagare un homeless per fare la coda al posto nostro e prendere i biglietti che la città di New York offre gratis per lo spettacolo shakespeariano a Central Park? C’è qualche problema nel fare del bagarinaggio sulla messa del Papa al Yankee Stadium? Una società può mettere una polizza assicurativa sulla vita dei suoi dipendenti – che ha formato e per cui ha speso dei soldi – a loro insaputa? Si può mettere in vendita il nome da dare al proprio figlio?
Sono alcune delle centinaia di questioni che compaiono nell’ultimo libro di Michael Sandel: “Quello che i soldi non possono comprare”.
Michael Sandel è da sempre un pensatore interessante. Dagli attacchi degli anni 70 alla concezione liberal-kantiana di un io indipendente dalla società fino al bestseller di tre anni fa Justice, il professore di Harvard ha il dono di far pensare attraverso casi semplici e concreti.
Nel caso qualcuno volesse delle risposte: esiste un Project Prevention che paga donne drogate per la sterilizzazione, l’amministrazione Obama ha promosso un programma per la lettura con incentivo in Texas, gli homeless in fila erano moltissimi, nonostante le proteste della Chiesa la messa papale poteva costare più di 200 dollari, Walmart ha guadagnato 300mila dollari dalla morte di un suo dipendente (mentre la famiglia non ha avuto niente), il nome in vendita – per 500mila dollari – non ha trovato acquirente.
Il ragionamento di Sandel è semplice: il mercato ha invaso sfere della società che non gli competevano. Si è passati da un’economia di mercato a una società di mercato. Partendo dall’assunto che la morale è una questione privata e non è materia di dibattito pubblico, abbiamo lasciato che il mercato invadesse quasi ogni area della vita e i tecnici del mercato sono così diventati gli unici veri arbitri della società. Ciò che Sandel propone ha in fondo la più classica matrice aristotelica. Il metodo di valutazione di un oggetto dipende dalla natura dell’oggetto. Se il mercato va bene per giudicare inflazione, disoccupazione, depressione non è detto che esso debba entrare a valutare amicizia, educazione, amore, vita e morte. L’economia ha un’applicazione limitata e non è la scienza che studia l’intera gamma delle interazioni umane. Lo scotto che si paga a non rispettare la natura degli oggetti e a piegarli alle regole di mercato, è che si ottiene l’effetto contrario: i beni si corrompono e la società diventa ingiusta.
Visivamente, Sandel identifica questa trasformazione della società con lo skybox(il palco riservato) degli stadi: lo skybox è una creazione della mercificazione dello sport che non è più stato considerato – senza dibattito – un valore sociale non soggetto al mercato. D’altro canto, la creazione dello skybox, con la distanza che genera fra spettatori ricchi e poveri, incrementa a ogni partita la possibilità che lo sport non sia un luogo comune e corrompe la concezione dello sport stesso che diventa occasione di sfoggiare uno status symbol più che di godere del gioco.
L’osservazione di per sé non è originale (oltre ad Aristotele, l’economista Hirsch l’aveva già avanzata nel 1976) ma richiama a pensare a quale sia la natura degli oggetti in questione. Il punto originale è invece il dire che, visto che la natura, anche solo funzionale, degli oggetti non è sempre (e non è più) chiara, occorre una società che favorisca un dibattito acceso su tale natura. La finta discrezione e neutralità liberale sulle scelte morali ha di fatto privato la società di uno spazio comune. Partita dall’idea che qualsiasi scelta morale vada bene purché non leda la libertà altrui, e quindi purché non entri nel sacro spazio pubblico, la società liberale si è ritrovata ad avere un solo signore dello spazio pubblico – il mercato – che alla fine ha invaso anche lo spazio delle scelte private.
L’osservazione è acuta. Lascia più perplessi, invece, il tono moralista e un po’ nostalgico di molti giudizi – lo sport ha davvero qualcosa di sacro che non può essere alterato da uno skybox? – che in fondo tradisce qualche pregiudizio di troppo e una certa incomprensione della radice della libertà umana che sta anche al fondo dello sfrenato liberismo denunciato. È la libertà in quanto capacità del bene e del possesso che è anche all’origine del mercato. È la stessa libertà che ci fa premere per qualcosa di migliore. Non si calmerà la spinta del mercato solo dicendo che il mondo sarebbe più giusto e buono se dialogassimo sulla natura degli oggetti. Il dialogo proposto da Sandel diventa un calmante razionale interessante solo per certe persone già convinte della validità di alcuni valori.
Occorrerebbe, invece, capire come quel dialogo risponderebbe di più all’esigenza di qualcosa di meglio e di buono. È la natura totalizzante della libertà – e quindi l’assolutezza della verità e del bene – che andrebbero tematizzate e affrontate.Ma questa natura totalizzante e questa assolutezza dei beni a cui la libertà tende (imperfettamente) sono ben più impopolari del dire che il mercato non è tutto.
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SANITA' A RISCHIO/ Ricciardi (Cattolica): spendiamo male i soldi privati - http://www.ilsussidiario.net

venerdì 30 novembre 2012
Sottolineare la necessità di rendere il servizio sanitario nazionale pienamente sostenibile non ha nulla a che vedere con la logica della privatizzazione. Mario Monti, dopo le polemiche di questi giorni, torna a parlare di Servizio sanitario nazionale. Riformare, ha detto, significa riconoscere che in passato non sono state sempre prese decisioni responsabili, ma “servire i cittadini e non servirsi dei cittadini deve essere il principio a sostegno dell'azione di governo del Paese”.Monti intende così chiarire le dichiarazioni di due giorni fa, quando aveva espresso diversi dubbi sulla sostenibilità economica dell'intero sistema italiano: “Il diritto alla salute e l'organizzazione pubblica del servizio - ha aggiunto oggi - sono requisiti irrinunciabili di sviluppo sociale e convivenza civile”. IlSussidiario.netha chiesto un commento al professor Walter Ricciardi, direttore dell’istituto di Igiene all’Università Cattolica di Roma.
Professore, come giudica le parole di Monti?
Bisogna innanzitutto prendere queste dichiarazioni per quello che sono, vale a dire un segnale di allarme. Il presidente del Consiglio ha semplicemente ribadito una verità cristallina: di fronte all’invecchiamento della popolazione, alla disponibilità di nuove tecnologie e alla crisi finanziaria, il servizio sanitario nazionale corre il serio rischio di diventare difficilmente sostenibile, ma Monti non ne ha mai messo in dubbio la rilevanza o la necessità. Poi, siccome lui è un economista, ha fornito anche la sua chiave di lettura.
Riguardo la necessità di trovare altre fonti di finanziamento?
Esatto. E credo che il giudizio espresso sulle sue parole sia andato ben oltre ciò che lui realmente intendeva. Dal suo punto di vista, Monti voleva solamente chiarire la necessità di trovare fonti integrative di finanziamento, ma non ha mai detto di voler privatizzare. Anzi, credo che quanto abbia detto il premier sia anche troppo poco. 
In che senso?
Perché non basta trovare fonti alternative di finanziamento, ma è necessario riorganizzare in una chiave decisamente diversa tutto ciò di cui già disponiamo.E' unendo questi due aspetti che si può trovare la risposta. 
Cosa può dirci dell’attuale rapporto pubblico-privato?
Il servizio sanitario nazionale è finanziato attraverso la tassazione generale e queste risorse vengono successivamente distribuite alle Regioni per l’erogazione di servizi. Solo la Lombardia ha adottato un modello particolare, separando acquirenti pubblici ed erogatori che possono invece essere sia pubblici che privati, mentre le altre Regioni adoperano sistemi misti in cui i privati vengono gestiti in maniera differente. L’Italia spende attualmente il 31% della propria spesa sanitaria in quella privata che però, contrariamente agli altri Paesi in cui tale spesa avviene attraverso la mediazione di assicurazioni, è finanziata direttamente dalle tasche dei cittadini.
Cosa ne pensa?
E’ certamente sintomo di disorganizzazione. Se questa spesa fosse canalizzata attraverso dei mediatori, infatti, come fondi integrativi o le stesse assicurazioni, ci sarebbe una maggiore possibilità di utilizzare al meglio le risorse.
Quindi che cambiamenti prevede, anche alla luce delle dichiarazioni di Monti?
Visto che in Italia i tagli alla sanità hanno avuto un impatto superiore rispetto a qualsiasi altro Paese, credo che un primo passaggio possa essere rappresentato da una migliore regolamentazione del contributo dei fondi integrativi, a cui non si mette mano da almeno dieci anni. Sarebbe poi opportuno cercare di favorire, attraverso interventi di defiscalizzazione, i contributi privati: se infatti un privato avesse la possibilità di scalare dalla propria dichiarazione dei redditi un’assicurazione sanitaria, questo potrebbe aiutare certamente a far arrivare altre risorse.
E’ ipotizzabile imitare sistemi di altri Paesi, come Olanda o Germania, dove è obbligatorio stipulare polizze assicurative?
In questi Paesi, dove il modello di organizzazione è chiamato proprio assicurativo-sociale, i cittadini sono obbligati dallo Stato a stipulare polizze assicurative. L’Italia ha invece scelto nel 1978 di avere un Servizio sanitario nazionale, finanziato attraverso la tassazione generale, e credo che nessuno al momento voglia metterne in dubbio le caratteristiche pubbliche. E’ però chiaro che, come è avvenuto in altri Paesi gravemente colpiti dalla crisi, le sempre più esigue risorse non riescono più a tenere in piedi tali servizi. Quindi anche in Italia sarà inevitabile operare scelte diverse dal passato, ma è molto difficile pensare di poter modificare l’intero sistema.
Quanto è possibile invece intervenire sullo stile di vita delle persone prima dei servizi sanitari?
Questo dovrà essere senza dubbio un altro passaggio a cui pensare, vista l’importanza di agire sui determinanti di salute o di malattia, che sono in gran parte gli stili di vita, per cercare di evitare che la gente possa ammalarsi. Si tratta di un’altra azione assolutamente necessaria soprattutto in Italia, l’ultimo dei Paesi dell’Ocse, insieme a Cipro, a investire in questo tipo di attività.
(Claudio Perlini)
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LEGGE 40/ Roccella: una volta al governo Bersani legalizzerà l’eugenetica - http://www.ilsussidiario.net/

venerdì 30 novembre 2012
“Il Governo italiano ha depositato presso la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, quale giudice di seconda istanza, la domanda per il riesame” nei confronti della sentenza Costa-Pavan sulla legge 40. E’ quanto si apprende da un comunicato della presidenza del Consiglio, dopo che il tribunale Ue ha dato torto allo Stato italiano in primo grado. Una coppia portatrice sana di fibrosi cistica aveva presentato ricorso contro la parte della norma sulla fecondazione assistita in cui si vieta la diagnosi preimpianto per conoscere quali dei tre feti siano sani e quindi selezionare quali impiantare nell’utero. Ilsussidiario.net ha intervistato l’onorevole del Pdl, Eugenia Roccella.
Che cosa ne pensa della domanda di riesame presentata dal governo di fronte alla Grande Camera?
Da un punto di vista giuridico era un atto dovuto. Non è mai successo che in seguito a una sentenza della Corte dei diritti dell’uomo sfavorevole allo Stato italiano, quest’ultimo non ricorresse, cioè che un governo non difendesse le leggi dello Stato. Ciò vale a maggior ragione contro una sentenza con dei profili così discutibili da un punto di vista anche solo procedurale, e in cui tra l’altro si chiede un risarcimento. Quindi se il governo avesse deciso di non ricorrere, c’era anche la possibilità di un danno erariale.
Si rischia anche si creare un precedente?
Sì, concedere un risarcimento a una coppia che non aveva avuto accesso alla procreazione assistita, vuol dire che tutte le coppie che per legge ne sono state escluse a quel punto possono chiedere un risarcimento. Ciò apre la strada a un grande problema da tutti i punti di vista. Sia istituzionale, cioè in quanto un governo che non difende le leggi del suo Parlamento, sia economico, per il danno erariale, sia politico, perché un esecutivo tecnico finirebbe per decidere la modifica di una legge votata dal Parlamento. Questo la dice lunga su quello che potrebbe succedere nella prossima legislatura, con un governo che potrebbe fare a polpette il rispetto delle istituzioni.
In che senso?
Nel caso possibile che gli elettori scelgano un governo di sinistra Vendola-Bersani, devono anche sapere che non solo sui temi etici ci sono posizioni molto chiare, ma soprattutto che si è disposti a non rispettare le istituzioni pur di raggiungere lo scopo. Bersani ha dichiarato che era disposto a modificare la legge 40 non difendendo il Parlamento, le leggi e lo Stato italiano di fronte alla Corte europea, invece di ridiscutere la norma di fronte alle due camere come prevede la Costituzione.
Per Livia Turco, il governo avrebbe scelto “in modo clandestino di fare ricorso” senza prima discuterne in Parlamento …
Se la Turco voleva che il governo ne discutesse in parlamento, bastava presentare un’interrogazione o un question time. Ma il governo non è tenuto a spiegare al Parlamento perché difende le leggi dello Stato, il problema è il contrario: se decidesse di non difenderle sarebbe sorprendente e allora sì che dovrebbe dare una spiegazione. E’ assurdo che la Turco chieda perché il governo difende le leggi italiane in sede europea, è tipico di una sinistra che non rispetta le istituzioni e le rovescia a proprio uso e consumo.
Che cosa ne pensa invece del merito della sentenza della Corte europea?
Il Paese si è già espresso su questo con un referendum, se avesse voluto modificare quella legge avrebbe avuto la possibilità di farlo. Neanche la Consulta ha deciso di modificare l’aspetto relativo alla diagnosi preimpianto, nonostante i diversi ricorsi che sono stati presentati. Non è stato fatto perché evidentemente nell’opinione pubblica c’è sensibilità sulla questione di merito, che è relativa alla selezione genetica.
Che cosa c’entra la diagnosi preimpianto con la selezione genetica?
Quest’ultima non c’è solo quando si scelgono il colore degli occhi o dei capelli del nascituro, ma tutte le volte che si viola un principio basilare, e cioè il fatto che nessuno può essere selezionato in base al suo patrimonio genetico in qualunque modo ciò avvenga. Questa è eugenetica, e quindi rappresenta una questione di estrema delicatezza, perché l’Europa ha molto da farsi perdonare su questo piano. Non c’è stata solo l’eugenetica nazista, ma anche quella social-democratica nei Paesi del Nord per un lungo periodo del Dopoguerra. Bisogna quindi stare molto attenti e interrogarsi sulla questione dell’eugenetica. Per questo dico che se si vuole modificare questo fatto bisogna coinvolgere il Parlamento e aprire una discussione.
(Pietro Vernizzi)

giovedì 29 novembre 2012


Vita su Marte, l’entusiasmo sfida le prove 

Ma l’onere della prova tocca agli europei, nel 2016 - http://www.lastampa.it/
Curiosity ha fatto l’uovo? Ne ha trovato uno su Marte? Per ora sembra di no: si parla, con giusta cautela, di «molecole organiche, non biologiche». In soldoni, la stessa differenza che passa tra il metano e l’emoglobina.  
Ne sapremo di più tra poco, quando la Nasa farà il suo annuncio ufficiale negli Usa (sarebbe stato ben strano che un politico attento come Charles Elachi, direttore del prestigioso Jpl californiano, fosse venuto in Italia ad annunciare la scoperta della vita su Marte). No, per ora non è la vita su Marte. Vedremo settimana prossima, e speriamo che sia la volta buona. Di molecole organiche, anche molto più complesse del metano, è pieno l’ambiente interplanetario. Sono molecole che dallo spazio ci cadono sulla testa a bordo di polveri cosmiche, di comete e di meteoriti, tutti oggetti che, globalmente arrivano sulla Terra all’impressionante ritmo di 40 mila tonnellate l’anno. Riceviamo regolarmente, per esempio, quella ventina di aminoacidi dei quali siamo fatti noi, ovvero i mattoni della vita. Che ci siano molecole organiche su Marte, quindi, proprio non è una grossa scoperta: i meteoriti cadono anche su Marte. Ricordiamo che qualche anno fa un gruppo di scienziati italiani, guidati da Vittorio Formisano, scoprì tracce di metano nell’atmosfera marziana: poteva essere lo sbuffo di un vulcano ma anche, magari, una colonia di batteri. Neanche allora, e la tentazione fu grossa, annunciammo la scoperta (anche se indiretta) di vita su Marte.  
La Nasa, diciamolo tra noi, è più incline a cadere in simili tentazioni.Spettacolare, anche se già un po’ dimenticata, quella del «verme» sul sasso marziano del 1996. Si trattava di un meteorite partito da Marte in seguito ad un impatto sul Pianeta rosso, arrivato sulla Terra (da solo, senza l’aiuto della Nasa) e infine ritrovato in Antartide. Guardandolo con un potente microscopio, scienziati della Nasa ci videro una «cosina» di millesimi di millimetro, che sembrava proprio un piccolo verme. Lo pubblicarono su «Science», la più prestigiosa rivista scientifica americana, con «impact factor» stellare. Grande annuncio con fanfare del presidente Clinton, che disse: «Oggi questa roccia ci parla da milioni di miglia, e ci parla della possibilità di vita». Poetico, ma falso: la roccia stava zitta e il «verme» era una concrezione minerale. Ma ci volle un po’ a capirlo. Nel frattempo, la Nasa aveva avuto un grosso aumento: certo per un caso, l’annuncio era stato fatto al momento della presentazione del budget davanti al Congresso.  
Esattamente due anni fa, il 29 novembre 2010, altro annuncio spettacolare di astrobiologi della Nasa: scoperta, addirittura sulla Terra, la vita aliena, la vita 2.0! Alcuni batteri, raccolti in un lago della California con acque ricchissime di arsenico, sembravano aver sostituito, nella loro chimica, il fosforo con l’arsenico. Davvero alieni: come insegna Madame Bovary, per la normale vita 1.0 (cioè per tutti noi e per tutto ciò che di vivo si conosce sulla Terra) l’arsenico è un potente veleno. Anche qui, fanfara e pubblicazione, sempre su «Science». Poco dopo, con molta onestà, la smentita: sì, l’arsenico in giro c’è, ma i batteri non lo mangiano, se ne guardano bene: è come se nuotassero con la bocca chiusa. Non si hanno, in questo caso, dati sulle variazioni del budget Nasa. Ma Curiosity è una macchina fantastica e potrebbe aver fatto l’uovo davvero, stavolta. Noi tifiamo per la Nasa, ma un po’ ci verrebbe da gufare. Perché ci aspettiamo la grande scoperta (della vita su Marte, voglio dire) dalla missione europea Exomars, appena confermata dalla Agenzia spaziale europea, ora in costruzione a Torino. Nel 2016-2018 atterrerà su Marte (magari vicino a Curiosity), sarà capace di scavare fino a due metri di profondità, e lì, al calduccio, cercare la vita.Che strano: se la trovasse, come in fondo tutti ci aspettiamo, ci sembrerebbe normale, ma allo stesso tempo sarebbe la più grande scoperta del millennio, se non della storia dell’uomo.