mercoledì 21 novembre 2012


L'Europa del sapere sta in una tabellina ma pochi lo sanno

La Stampa (MASSIMIANO BUCCHI UNIVERSITA' DI TRENTO) - http://www.swas.polito.it/


RICERCA 
I 79 miliardi di euro che cambieranno le nostre vite 
Qual è il futuro della ricerca europea? Messa così, sembra una domanda da addetti ai lavori, se non da chiromanti.
Eppure la risposta non richiede, da un certo punto di vista, grandi capacità di previsione strategica.
Sta scritta in una tabellina sul sito della Commissione Europea.
Ed è una risposta che ci riguarda tutti.
Riguarda certamente in primo luogo il mondo della ricerca e della politica, perché gli interessati ormai sanno che le vere risorse per la ricerca si trovano sempre più a livello europeo, e sempre meno a livello nazionale.
Per il programma «Horizon 2020», che accompagnerà ricerca e innovazioneeuropea dal 2014 al 2020, si parla al momento di circa 79 miliardi - quasi 30 miliardi in più rispetto al suo predecessore, il Settimo Programma Quadro.
Ma naturalmente questa tabellina riguarda anche tutti i contribuenti e più in generale i cittadini europei.
Questa, infatti, disegna le priorità dell'Europa, vale a dire le aree scientifico-tecnologiche considerate strategiche per i prossimi sette anni: i settori più promettenti e meritevoli di investimenti, quelli che dovrebbero portarci i risultati più significativi in termini di conoscenza e sviluppo.
Quali sono dunque? Come si suddivide la «torta europea della ricerca»? Quasi un terzo, 25 miliardi, è destinato a quella che l'Ue chiama «eccellenza scientifica».
Metà di questa fetta di finanziamenti sarà gestita dallo «European Research Council», che li assegnerà alle proposte più originali di scienziati europei giovani e meno giovani, nei vari settori.
Il resto di questa fetta è destinato alla mobilità dei ricercatori, alle infrastrutture di ricerca, alle tecnologie «emergenti e del futuro».
La seconda fetta, un po' più piccola (18 miliardi), è destinata alla «leadership industriale» e cercherà di rendere le aziende europee più innovative e attraenti per gli investitori internazionali.
I settori privilegiati sono le tecnologie della comunicazione e dell'informazione, le biotecnologie e le tecnologie spaziali.
La terza fetta è la più consistente, quasi 32 miliardi di euro.
E' destinata alle cosiddette «sfide sociali», le grandi sfide per le nostre società nei prossimi anni, con la speranza che scienza e tecnologia possano darci una mano ad affrontarle: salute, benessere, cambiamento demografico; sicurezza del cibo, agricoltura sostenibile, studi marini; energia pulita, sicura, ed efficiente; trasporti sostenibili; clima; sicurezza.
Una parte di questi 32 miliardi è già riservata allo European Institute of Technology, un'istituzione di recente fondazione che ha il proprio quartier generale a Budapest e sostiene reti innovative di aziende e istituzioni di ricercain vari Paesi europei.
Restano quasi due miliardi: l'Europa li assegna a Euratom, l'organizzazione che si occupa di ricerca e sicurezza nel settore dell'energia nucleare.
Questo, dunque, è a grandi linee il futuro della ricerca europea.
Il budget totale sarà oggetto di discussione nell'incontro di domani e dopodomani tra i capi di governo europei e alcuni temono che qualche Paese membro chiederà di ridurre gli investimenti in ricerca a favore di altri obiettivi.
Ma le priorità interne resteranno, con ogni probabilità, queste.
E tuttavia la vera domanda è: qualcuno di noi aveva mai sentito parlare di questa tabellina? Qualcuno dei nostri rappresentanti politici o istituzionali ci ha mai spiegato perché queste, e non altre, sono le priorità della ricercaeuropea? Nelle migliaia di incontri e tavole rotonde organizzate ogni anno nei vari Festival della Scienza qualcuno dei nostri scienziati più noti e autorevoli ha mai detto se questa ripartizione riflette le priorità della comunità scientifica internazionale per i prossimi sette anni? Se è opportuno che una quota così consistente dei fondi europei vada al settore industriale o se sarebbe più importante destinarli alla ricerca di base, che gli Stati membri riescono sempre meno a finanziare? Non sarebbe, questo, un bel modo di fare quella comunicazione della scienza che tutti a parole dichiarano di voler rafforzare?
Massimiano Bucchi Sociologo
RUOLO : È PROFESSORE DI SCIENZA TECNOLOGIA E SOCIETÀ ALL'UNIVERSITÀ DI TRENTO IL LIBRO : «SCIENTISTI E ANTISCIENTISTI.
PERCHÉ SCIENZA E SOCIETÀ NON SI CAPISCONO» ­ IL MULINO

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