mercoledì 25 settembre 2013

Storia della Neuroetica (2 ) - lunedì 23 settembre 2013 - http://acarrara.blogspot.it/




Lunedì scorso si apriva la Rubrica: Storia dellaNeuroetica: se ha una storia, è una disciplina . Continuiamo quest'oggi quest'appuntamento settimanale di approfondimento neuroetico.
…...... (continua)
Allo scopo di avvicinarci ad una definizione di Neuroetica, è utile formulare, come suggerisce all’inizio del suo libro Neuroética práctica. Una ética desde el cerebro il professor ordinario di Filosofia Morale presso l’Università di Salamanca (Spagna) Enrique Bonete Perales, alcune domande6. 
L’introduzione a questo interessante libro esordisce proprio in questo modo: «Che cos’è il cervello? Come funziona? Qual’è il ruolo che svolge nell’esistenza umana?».
Per una pagina e mezza l’autore elenca una serie di domande che inquadrano alcuni tra i più rilevanti ambiti di interesse di questa neo o pseudo-disciplina che è la Neuroetica. Le riporto ora per dare un’idea dell’impatto sociale di queste problematiche frutto degli sviluppi nella ricerca sul cervello e sul sistema nervoso umano.
Dopo essersi chiesto sul ruolo esistenziale del cervello, le domande successive toccano quel limite del vivere che è la morte: «E (qual’è il ruolo del cervello) nel processo del morire? Quali sono i vantaggi e gli inconvenienti della diagnosi di morte encefalica?», si domanda l’autore.
Viene poi abbozzato un altro grande ambito neuroetico, quello particolarmente dibattuto del cosiddetto willilusionism, che altro non è che lo studio neuroscientifico della libertà umana (o presunta tale), il più delle volte allo scopo di negare tale caratteristica peculiare umana, riducendola a meri meccanismi elettrochimici cerebrali; l’autore si chiede: «Agiamo liberamente o è l’attività cerebrale che ci impulsa verso una determinata direzione?». Ecco poi una domanda cardine, oserei affermare, che sia il perno attorno a cui si collocano e si strutturano le diverse visioni della neuroetica e che sostanzialmente non sono altro che diverse interpretazioni filosofiche, più o meno esplicite e conscie, del reale. La domanda viene formulata in questi termini: «Possiamo continuare a parlare di “anima” o questo concetto è stato già reso obsoleto grazie alle ricerche neuroscientifiche?».
Ritorna poi la tematica clinica relativa ai cosiddetti “stati alterati di coscienza”: «Qual’è il grado di coscienza che sperimentano i pazienti in stato vegetativo?... Che cosa significa “essere cosciente”?».
Altra serie di domande introducono il tema del “potenziamento cerebrale” e del conseguente e avvincente filone neuroetico denominato transhumanism: «È possibile intervenire direttamente sul cervello allo scopo di curare determinate patologie mentali?... È lecito intervenire direttamente sul cervello allo scopo di migliorare le nostre capacità cognitive? È lecito somministrare sensazioni di felicità attraverso la stimolazione elettrica del sistema nervoso centrale? Dobbiamo impiegare i farmaci che interferiscono con le funzioni cerebrali allo scopo di migliorare le capacità cognitive di soggetti privi di deficienze o di malattie mentali?».
Per quanto concerne l’agire libero e la responsabilità morale umana, l’autore si domanda: «Hanno quanche responsabilità morale coloro che sono affetti da malattie mentali?... Pensiamo ed agiamo moralmente, condizionati dal funzionamento del cervello?... In che modo una miglior comprensione delle basi cerebrali della cognizione morale, modificherà il nostro quadro etico-filosofico di riferimento? Gli sviluppi neuroscientifici minaranno le nostre nozioni di razionalità, volontà libera o responsabilità?».
Infine, come una sintesi, il nucleo del discorso neuroetico emerge dalle seguenti domande che trovano il vertice nell’ultima: «È possibile organizzare le società alla luce dei progressi neuroscientifici?... Sono “io” qualcosa di più del mio proprio cervello?»7.
È quest’ultima, a mio avviso, la “domanda sintetica”, il nocciolo duro di tutto il dibattito culturale, scientifico e mediatico relativo ai recenti sviluppi ed applicazioni delle neuroscienze sull’umano.
Come hanno sottolineato il neuroscienziato José Manuel Giménez-Amaya e il filosofo Sergio Sánchez-Migallón nell’introduzione al loro lavoro De la Neurociencia a la Neuroética. Narrativa científica y reflexión filosófica del 2010: vi sono alcune domande considerate “radicali” per comprendere la scienza contemporanea e il senso dell’umano in generale: «chi siamo?, esiste qualcosa come la cosiddetta libertà?, cos’è ciò che ci rende propriamente umani? (questa domanda suona al sottotitolo e allo sviluppo che il professor Michael S. Gazzaniga, uno dei “padri” delle moderne neuroscienze, apporta nel suo cospiquo volume, di ben 490 pagine nella versione italiana intitolata: Human. Quel che ci rende unici8), c’è qualche forma di conoscenza oltre a quella scientifico-sperimentale?, e se è così, come si inquadra in questo contesto multidisciplinare l’esperienza e la conoscenza religiose?»9. Come mettono in evidenza questi due autori lungo la loro trattazione relativa alla neuroetica quale “finestra aperta” e privilegiata che permette di scoprire e di diagnosticare i paradossi della scienza contemporanea e allo stesso tempo aiuta a individuarne possibili soluzioni, «è interessante osservare che la stessa postmodernità cerca che queste domande non emergano con chiarezza nel campo di discussione, perchè svelano i punti deboli e incongruenti delle sue prospettive insufficienti e poco solide»10.
Diverse risposte fornite dalle neuroscienze a queste domande e ad altre similari, anche se tuttavia ancora parziali e, il più delle volte troppo categoriche e dogmatiche, stanno plasmando, poco a poco, concetti classici relativi al nostro modo di intendere la vita morale e sociale dell’essere umano, di noi stessi. Termini tradizionali dell’etica e della filosofia vengono passati al vaglio dei più sofisticati studi sulle basi neuroscientifiche del pensiero e dell’agire umani11.
… (continua lunedì prossimo)
6 Cf. E. Bonete Perales, Neuroética práctica. Una ética desde el cerebro, Desclée, Bilbao 2010, 15-16.
7 Tutte le domande sono tratte da queste pagine d’introduzione. Non rispecchiano l’ordine, ma sono state da me suddivise secondo le principali tematiche neuroetiche. Cf. E. Bonete Perales, Neuroética práctica. Una ética desde el cerebro, Desclée, Bilbao 2010, 15-16.
8 Cf. M. S. Gazzaniga, Human. Quel che ci rende unici, Cortina, Milano 2009; l’originale inglese si intitola Human ed è stato pubblicato nel 2008.
9 Cf. J. M. Giménez Amaya – S. Sánchez-Migallón, De la Neurociencia a la Neuroética. Narrativa científica y reflexión filosófica, Eunsa, Navarra 2010, 16.
10 Cf. J. M. Giménez Amaya – S. Sánchez-Migallón, De la Neurociencia a la Neuroética. Narrativa científica y reflexión filosófica, Eunsa, Navarra 2010, 16.
11 Cf. E. Bonete Perales, Neuroética práctica. Una ética desde el cerebro, Desclée, Bilbao 2010, 16. 

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