Perché la società tace di fronte all’uomo-cavia - Michele Aramini - Avvenire, 30 settembre 2010
La cronaca di questi ultimi giorni ha registrato le ru morose manifestazioni contro la vivisezione degli animali, svoltesi in molte città europee (in Italia a To rino). Scopo delle associazioni ver di e animaliste era la contestazione della nuova di rettiva europea sulla ricerca, che consente, in parti colari casi, l’uso di animali per la ricerca scientifica sulle malattie e sulla produzione di nuovi farmaci. Per inciso va detto che la protesta adotta il termine 'vivisezione' per drammatizzare la questione, quan do la prassi corretta della ricerca ricorre a metodi e attenzioni per gli animali che consentono di evitare dolori inutili.
Dall’altra parte del mondo, in Australia, sempre in questi giorni sono state diffuse notizie circa alcuni progressi nella conoscenza del morbo di Huntington ottenuti attraverso studi su embrioni do nati per la ricerca da coppie che hanno effettuato la fecondazione artificiale. Anche da noi questo tipo di ricerca gode di largo favore da parte dei media, che tentano di condurre in questa direzione l’opinione pubblica. Sembra tutto normale. In realtà si stanno usando due pesi e due misure, a sfavore dell’uomo. Il primo peso e la prima misura è quella relativa a gli animali. La giusta considerazione del loro valore nel pensiero di molti contemporanei sta sbandando verso una sorta di intoccabilità, una salvaguardia a tutti i costi che non si ferma neppure di fronte alle necessità della ricerca con finalità terapeutiche a fa vore dell’uomo. Non possiamo non rilevare anche una certa mancanza di spirito critico, in quanto so lo alcuni animali vengono difesi così strenuamente. E tutti gli altri che vengono allevati, uccisi e mangia ti? Forse non si ha il coraggio di andare fino in fon do sulla questione del rapporto e della distinzione fondamentale tra uomo e animale.
Dall’altra parte troviamo il secondo peso e la se conda misura nella considerazione dell’em brione umano. In questo caso le finalità della ri cerca, quasi sempre frettolosamente e conveniente mente etichettate come terapeutiche, dovrebbero consentire qualunque tipo di azione sull’embrione, compresa la sua uccisione. E non c’è quasi nessuno che protesti. Lo smarrimento della giusta gerarchia dei valori, tipico del nostro tempo, trova qui il suo momento culminante. L’uomo diventa un oggetto sottoponibile a qualunque interesse, gli animali no. La soluzione va trovata nel ristabilimento dell’ordi ne dei valori. Al primo posto bisogna mettere sem pre l’uomo, ma possiamo persino accontentarci del piano di uguaglianza con gli animali. Quindi pro viamo a usare il metodo dei difensori degli anima li, affermando il loro alto valore morale e si chiede che la ricerca segua altre strade, anche se più labo riose o costose. Ebbene: si faccia lo stesso per il pic colo uomo allo stadio embrionale: stabiliamo anche il suo altissimo valore e chiediamo che la ricerca non si fermi ma che segua altre strade. Rispettose della sua vita. Alcuni scienziati seri l’hanno fatto e lo fan no. Possono farlo anche altri. Se sono uomini di buona volontà.
Michele Aramini
Dall’altra parte del mondo, in Australia, sempre in questi giorni sono state diffuse notizie circa alcuni progressi nella conoscenza del morbo di Huntington ottenuti attraverso studi su embrioni do nati per la ricerca da coppie che hanno effettuato la fecondazione artificiale. Anche da noi questo tipo di ricerca gode di largo favore da parte dei media, che tentano di condurre in questa direzione l’opinione pubblica. Sembra tutto normale. In realtà si stanno usando due pesi e due misure, a sfavore dell’uomo. Il primo peso e la prima misura è quella relativa a gli animali. La giusta considerazione del loro valore nel pensiero di molti contemporanei sta sbandando verso una sorta di intoccabilità, una salvaguardia a tutti i costi che non si ferma neppure di fronte alle necessità della ricerca con finalità terapeutiche a fa vore dell’uomo. Non possiamo non rilevare anche una certa mancanza di spirito critico, in quanto so lo alcuni animali vengono difesi così strenuamente. E tutti gli altri che vengono allevati, uccisi e mangia ti? Forse non si ha il coraggio di andare fino in fon do sulla questione del rapporto e della distinzione fondamentale tra uomo e animale.
Dall’altra parte troviamo il secondo peso e la se conda misura nella considerazione dell’em brione umano. In questo caso le finalità della ri cerca, quasi sempre frettolosamente e conveniente mente etichettate come terapeutiche, dovrebbero consentire qualunque tipo di azione sull’embrione, compresa la sua uccisione. E non c’è quasi nessuno che protesti. Lo smarrimento della giusta gerarchia dei valori, tipico del nostro tempo, trova qui il suo momento culminante. L’uomo diventa un oggetto sottoponibile a qualunque interesse, gli animali no. La soluzione va trovata nel ristabilimento dell’ordi ne dei valori. Al primo posto bisogna mettere sem pre l’uomo, ma possiamo persino accontentarci del piano di uguaglianza con gli animali. Quindi pro viamo a usare il metodo dei difensori degli anima li, affermando il loro alto valore morale e si chiede che la ricerca segua altre strade, anche se più labo riose o costose. Ebbene: si faccia lo stesso per il pic colo uomo allo stadio embrionale: stabiliamo anche il suo altissimo valore e chiediamo che la ricerca non si fermi ma che segua altre strade. Rispettose della sua vita. Alcuni scienziati seri l’hanno fatto e lo fan no. Possono farlo anche altri. Se sono uomini di buona volontà.
Michele Aramini