venerdì 17 settembre 2010

Biotestamenti: senza legge, i Comuni fanno da sé - Mentre il disegno di legge sulle Dat è ostaggio delle incertezze politiche, più di sessanta Consigli comunali e provinciali si sono arrangiati da soli cedendo alle pressioni dei radicali e varando registri dove depositare le proprie volontà di Ilaria Nava – Avvenire, 16 settembre 2010
L’ultima in ordine di tempo è stata Pistoia, che con la delibera comunale approvata il 9 giugno ha istituito un registro per depositare il testamento biologico. Il modello fornito dall’amministrazione comunale e scaricabile dal sito del capoluogo toscano, è l’unico utilizzabile per la validità dell’atto. Il testo prestampato prevede esclusivamente l’ipotesi che la persona «in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale invalidante e irreversibile» chieda «di non essere sottoposta ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno (alimentazione e idratazione forzata)».
Ma è solo uno dei 63 Comuni italiani che nelle more della politica ha deciso di attrezzarsi e fare da sé, istituendo una singolare disciplina municipale del fine vita. Un fenomeno che ha raggiunto proporzioni significative, considerando che non sempre si tratta di sparuti paesini, ma di centri come Genova, Lecco, Cagliari, Piacenza. D’altra parte, non lo si potrebbe neppure leggere come una sollevazione popolare: si tratta piuttosto di una ben orchestrata campagna radicale, con significative alleanze locali: «Come Associazione Luca Coscioni – si legge sul sito del gruppo – abbiamo deciso di promuovere una mobilitazione militante su tutto il territorio, utilizzando gli strumenti che abbiamo individuato: sia a livello comunale (con raccolte firme su petizioni o referendum per l’istituzione del registro comunale), sia a livello nazionale (con la petizione al Parlamento su eutanasia e testamento biologico), sia a livello individuale, con la sottoscrizione del proprio testamento biologico e l’invio presso la nostra associazione e 'A Buon diritto' di Luigi Manconi».
Fatto sta che oggi, in una delle materie più delicate in discussione in Parlamento, c’è una disciplina disomogenea sul territorio nazionale, applicabile sulla base della sola residenza anagrafica. È sufficiente, nella maggior parte dei casi dove il registro è operativo, recarsi nel proprio Comune muniti di documento d’identità ed eventualmente essere accompagnati da un fiduciario, ossia da una persona a cui si affida l’applicazione e l’interpretazione delle proprie volontà in caso di incapacità di intendere e di volere. E se i cittadini di Acquapendente, in provinciali Viterbo, hanno la possibilità di scaricare il modello prestampato di testamento biologico e di compilarlo davanti al funzionario comunale, quelli di Novellara, nei pressi di Reggio Emilia, sono tenuti a presentarsi allo sportello con la busta già sigillata, controfirmando al momento solo l’atto di notorietà. A Bolzano l’amministrazione locale si è preoccupata nei giorni scorsi di editare un opuscolo informativo sulle direttive di fine vita. olto diversi anche i testi delle dichiarazioni: alcuni modelli si limitano genericamente a escludere i trattamenti di sostegno vitale, altri presentano invece un elenco di patologie e di trattamenti da selezionare e barrare. A Rimini da pochi giorni è in vigore la delibera per depositare le ultime volontà davanti all’impiegato dell’anagrafe; ma proprio gli stessi promotori dell’iniziativa, ossia l’associazione Coscioni e l’Uaar (l’Unione atei agnostici razionalisti), hanno annunciato di voler impugnare il provvedimento appena approvato dalla giunta. Attraverso il loro legale, fanno sapere che quanto previsto sarebbe illegittimo perché il testo della dichiarazione anticipata sarebbe troppo restrittivo della libertà terapeutica. Nel modulo del testamento biologico approvato dal Comune si legge: «Nel caso io non possa più manifestare la mia volontà, su di me non devono essere prese misure di prolungamento della vita se secondo scienza e coscienza medica viene verificato che qualsiasi misura di sostegno vitale sarebbe senza prospettiva di miglioramento e prolungherebbe soltanto la mia agonia.
L’accompagnamento e il trattamento medico, così come l’assistenza scrupolosa, devono essere in questi casi rivolti ad alleviare i disturbi».
Per quanto si tratti di una disciplina di carattere comunale, quantomeno il Comune di Rimini ha cercato di allinearsi a quanto si sta discutendo in Parlamento.
Questa consistente attività locale, infatti, è certamente vanificata non solo dalla dubbia legittimità di tali atti ma anche dall’approvazione della legge in discussione alla Camera e già approvata al Senato l’anno scorso.
E se in alcuni Comuni, come Ravenna, Riccione, Brescia e Ferrara, il registro dei testamenti biologici è in via di approvazione, in altri la proposta è già stata avanzata e bocciata. Come a Vicenza, dove dalla segreteria comunale hanno motivato la scelta con le «obiezioni molto forti per l’assenza di una legislazione nazionale in materia», discutendo il «grado di utilità di questo registro perché la stessa assenza di legge lo renderebbe a rischio di validità». Anche il Consiglio comunale di Terni con una delibera approvata ad aprile, ha deciso di respingere la richiesta proveniente da alcune associazioni, di istituire un ufficio di raccolta delle Dat mentre a Bologna la segreteria generale del Comune ha espresso un parere giuridico negativo.

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