giovedì 23 settembre 2010

Consiglio d’Europa contro l’obiezione? «È gravissimo» di Andrea Galli – Avvenire, 23 settembre 2010 - Le unioni mondiali di medici, farmacisti e infermieri cattolici scrivono all’assemblea parlamentare che il 7 ottobre si pronuncerà su una risoluzione che restringe il diritto a poter obiettare contro l’aborto
Si avvicinano giorni caldi al Consiglio d’Europa, con una serie di votazioni su temi eticamente sensibili e dall’impatto potenzialmente pesante sui rapporti tra entità sovranazionali e autonomia degli Stati membri. Giorno-clou sarà giovedì 7 ottobre, quando l’assemblea parlamentare del Consiglio dovrà pronunciarsi sulla possibile restrizione all’obiezione di coscienza del personale medico e paramedico di fronte all’aborto, sollecitata da una risoluzione di cui è relatrice la socialista inglese Christine McCafferty. La bozza è stata approvata a maggioranza il 22 giugno nella commissione Affari sociali dell’assemblea. Il documento richiama, tra le altre cose, «l’obbligo per il Servizio sanitario di fornire il trattamento desiderato a cui il paziente ha diritto nonostante l’obiezione di coscienza» del personale medico. Il testo denuncia la mancanza di una regolamentazione «esaustiva e precisa» dell’obiezione nella maggior parte degli Stati membri che, soprattutto nel campo della «salute riproduttiva», bilanci l’obiezione di coscienza e il «diritto» delle pazienti ad abortire. Viene proposto anche un monitoraggio per verificare che quanto prescritto dalla risoluzione sia adempiuto, annunciando in caso contrario «un meccanismo efficace di ricorsi». L’obiezione di coscienza inoltre, secondo la McCafferty, andrebbe consentita in circostanze molto ristrette solo al medico che effettua l’aborto ma non al personale sanitario che lo assiste. Andrebbe inoltre cancellata la possibilità che possa essere un’intera istituzione sanitaria a obiettare. A far la voce grossa su questo passaggio delicatissimo sono stati ieri, con una lettera aperta, i presidenti della Federazione mondiale delle associazioni dei medici cattolici Josè Maria Simon, della Federazione internazionale dei farmacisti cattolici, l’italiano Piero Uroda, e del Comitato cattolico internazionale degli infermieri e assistenti medico-sociali, Marylee Meehan. I tre definiscono la risoluzione in esame «una gravissima violazione della deontologia professionale e della libertà dei cittadini europei, che, secondo i nostri rappresentanti, non dovrebbero tener conto degli aspetti morali della loro attività professionale, ma essere semplici esecutori delle direttive politiche». Ricordano che «se gli operatori sanitari vengono costretti ad agire contro la vita c’è il rischio di disumanizzare la medicina» e che «gli avvenimenti del XX secolo hanno dimostrato quello che può accadere quando gli Stati si arrogano il diritto di decidere a quali individui va concessa la piena dignità, e quali invece non hanno il diritto all’esistenza». I rappresentanti delle massime associazioni mediche cattoliche a livello internazionale ritengono «inaccettabile, poi, che sanitari non disposti a venire a compromessi quando si tratta del diritto alla vita vengano discriminati sul posto di lavoro e la loro obiezione di coscienza possa riportare di fatto all’impossibilità di esercitare la professione». «Già oggi, in diversi Paesi, per un medico obiettore di coscienza è molto difficile, se non impossibile, specializzarsi in ginecologia.
Questo lede non solo il diritto del medico, ma anche quello di tutte quelle donne che rifiutano l’aborto e vorrebbero essere curate da ginecologi che condividano i loro principi morali».
Ma è sul nesso inscindibile tra medicina ed etica che la lettera pone soprattutto l’attenzione: «si vuole garantire il pieno accesso delle donne a interventi come l’aborto o tecniche speciali per la riproduzione», ma «questi non sono strettamente problemi di salute, la gravidanza non è una malattia»; mentre «l’aborto dopo il concepimento è comunque un omicidio e tali sono anche gli interventi sugli embrioni prodotti in vitro». Quella che il Consiglio d’Europa rischia di varare sarebbe quindi una «una violazione della Dichiarazione del diritti dell’uomo del 1948; del Patto internazionale sui diritti civili e politici; della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali e della risoluzione del Parlamento europeo del 1993». La parola passa ora all’assemblea parlamentare di Strasburgo.

Nessun commento:

Posta un commento