mercoledì 27 luglio 2011

27/07/2011 – INTERVISTA - Nati per parlare, senza fine" - Linguistica. Chomsky: perché un bimbo può imparare qualunque lingua con la stessa facilità "Non credo che i sistemi di comunicazione degli animali ci aiutino a capire il nostro linguaggio". Secondo Chomsky la qualità che rende unico il linguaggio è il suo ruolo nella simbolizzazione e nell'evocare immagini cognitive di FELICE CIMATTI, UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA, http://www3.lastampa.it

Non è raro che i conoscitori del Noam Chomsky linguista e filosofo siano all'oscuro del Noam Chomsky intellettuale radicale, e viceversa. Non è facile capire quale sia il nesso, se uno ce n'è, tra questi aspetti diversi del suo lavoro. Molte sue opere, comunque, sono diventate veri e propri classici. Un esempio è rappresentato da «Il linguaggio e la mente», ripubblicato da Bollati Boringhieri con una serie di modifiche e aggiunte, come il testo «Biolinguistica e capacità umana».

Professor Chomsky, qual è la sua attuale definizione di biolinguistica?
«E’ lo studio del linguaggio come sistema biologico, in modo simile a quello visivo, digestivo o immunitario».

Come sono cambiate le sue idee sul linguaggio rispetto alla prima edizione del libro, che risale ormai al 1968?
«Sono cambiate molto. È un campo vitale e le idee cambiano in continuazione. Questo è evidente dalle mie pubblicazioni negli anni».

Se la facoltà del linguaggio, come lei sostiene, è un organo della mente, perché esistono così tante lingue e perché sono così diverse?
«La crescita e lo sviluppo di ogni organo corporeo - il sistema visivo o il cuore - in parte dipende dall'ambiente esterno e, infatti, la variazione può essere molto grande, come confermano l'esperienza, e in modo ancora maggiore gli esperimenti, quando sono possibili. Per quanto se ne sa, un bambino può imparare qualunque lingua con la stessa facilità. Ciò significa che la facoltà del linguaggio è una caratteristica umana condivisa. Quando c’è variazione, è fra i gruppi, non all' interno dei gruppi stessi. Se la prima esperienza di un bebè è con l'italiano, la sua facoltà del linguaggio prenderà la forma dell'italiano, e non, per esempio, dello swahili. E viceversa».

Secondo la sua teoria al centro del linguaggio c'è la capacità di generare un insieme infinito di espressioni a partire da un insieme finito di elementi (la «recursion»). Un altro modo di formulare questa idea potrebbe essere il seguente: il linguaggio è più di un codice comunicativo, in realtà è uno strumento biologico per generare nuovi pensieri. Se accetta questa riformulazione, sarebbe d'accordo con l’idea che l'Homo sapiens è l'unico animale che fa costantemente esperienza del possibile?
«Non posso considerare l'osservazione sulla “recursion” come una “mia teoria”. In realtà è vicina a essere un nudo fatto ed è stata osservata da molti altri prima di me, usando altri termini. Il linguaggio può certamente essere usato per la comunicazione, ma mi sembra che ci siano buone ragioni per accettare la conclusione, peraltro piuttosto tradizionale, secondo cui il linguaggio è primariamente uno strumento del pensiero, come sostiene il Nobel Francois Jacob, quando sostiene che “la qualità che rende unico il linguaggio non sembra essere il suo ruolo nelle caratteristiche della comunicazione animale”, ma “il suo ruolo nella simbolizzazione, nell'evocare immagini cognitive”, e quindi nel plasmare la nostra nozione della realtà e migliorare la nostra capacità di pensiero e pianificazione, attraverso la proprietà unica di permettere “infinite combinazioni di simboli” e, quindi, la “creazione mentale di mondi possibili”».

I sistemi di comunicazione animali possono essere d'aiuto per capire il linguaggio umano?
«Molti studiosi sostengono di sì, ma le prove sperimentali mi sembrano piuttosto scarse, benché alcuni aspetti dei sistemi cognitivi che hanno a che fare con il linguaggio abbiano senza dubbio degli analoghi in altri organismi».

Esiste un modo di vivere che sia più adatto di altri per l'Homo sapiens? E, al contrario, uno che gli è intrinsecamente inadatto?
«Ho delle idee sulla natura umana e di come gli esseri umani dovrebbero e non dovrebbero vivere. Ma non sono a conoscenza di una “teoria” sostanziale, ben confermata, e con un qualche grado di forza esplicativa, che ci dica molto su questi temi».

Negli ultimi anni le sue idee sul linguaggio si sono inquadrate in un modello chiamato «minimalismo». Lo può spiegare?
«Il programma minimalista è una ricerca scientifica che cerca di trovare le spiegazioni migliori: la definizione è stata usata da alcuni studiosi - me compreso - che sono arrivati alla conclusione che è stato acquisito abbastanza sul linguaggio da poter tentare una teoria su come dovrebbe essere strutturato».

Lei è il più famoso linguista del mondo, ma è anche uno dei più famosi intellettuali radicali. C'è qualche principio etico oppure teorico che tenga insieme questi due aspetti della sua attività?
«Ci sono alcuni principi-guida che dovrebbero tenere insieme questi e altri sforzi intellettuali - onestà, disponibilità al cambiamento, curiosità - ma quanto questi principi siano realizzati nel mio lavoro è qualcosa che solo altri giudicheranno».

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