mercoledì 20 luglio 2011

Avvenire, 19 luglio 2011 – TORINO - Volontari pro vita nei consultori: dal Piemonte un altro sì
A soli quattro giorni dalla secca bocciatura da parte del Tar, la giunta regionale del Piemonte non si arrende e così ha riapprovato, ieri mattina, la delibera che introduce i volontari pro life in ospedali e consultori. Un protocollo, chiaro, riveduto e corretto, che con le modifiche «recepisce le osservazioni contenute nella sentenza del Tar», spiegano dalla Regione. Pubblicata venerdì scorso, la sentenza giudicava la delibera lesiva della 194 e “discriminatorio” il requisito, in essa contenuto, che chiede alle associazioni di avere nello statuto la difesa della vita fin dal concepimento, per poter operare in corsia. Così la giunta guidata da Roberto Cota è corsa ai ripari, escogitando in tempi rapidi una nuova lista di requisiti, o meglio ampliandone il ventaglio. Le associazioni che vogliano far parte dell’elenco delle singole aziende sanitarie - la modulistica dovrebbe essere pubblicata a breve - devono infatti avere nello statuto la difesa della vita dal concepimento e/o - è questa la novità - di attività specifiche di sostegno alla maternità e al neonato, oppure un’esperienza biennale di sostegno alle donne e alla famiglia. Una modifica che senza dubbio allarga il campo delle associazioni che possono far richiesta di essere inserite negli elenchi in capo alle Asl. Carta bianca al Movimento per la Vita in corsia, dunque, come d’altra parte accade già di routine, ma al pari delle altre associazioni che vorranno essere presenti.
Nel comunicato diffuso dalla Regione si legge anche che la stipula delle convenzioni - i tempi non sono ancora definiti - si farà dopo la verifica dei requisiti di professionalità del personale: si tratta di un altro punto aggiunto dopo la sentenza del Tar, che insisteva proprio sulle caratteristiche professionali dei volontari.
Contro la delibera approvata dall’ex assessore Caterina Ferrero, dimessasi perché travolta dal recente scandalo della sanità piemontese, si erano mobilitati il gruppo consigliare “Insieme per Bresso”, con tanto di raccolta firme, e le associazioni Activa e Casa delle Donne, che hanno presentato il famoso ricorso al Tar.
Cota da parte sua fa sapere che con la nuova delibera «manteniamo un impegno che ci eravamo assunti», perché il protocollo va nella direzione del «rispetto della donna e dei suoi diritti di scelta responsabile della maternità, di tutela della vita e di alternativa all’interruzione volontaria di gravidanza».
Sull’altro fronte, il giudizio è opposto. Per Mirella Caffaratti, avvocato dell’accusa, l’esecutivo di Cota «con un ragionamento piuttosto contorto, di fatto ripropone ciò che il Tar ha giudicato illegittimo e discriminatorio». Il punto è che «si dà nuovamente la priorità alla tutela della vita dal concepimento, mentre chi non ha questo requisito deve avere almeno due anni di esperienza. È una disparità del tutto ingiustificata". Pertanto, Caffaratti confida: «Valuteremo se presentare un altro ricorso».
Soddisfazione, invece, è espressa dal presidente del Movimento per la Vita di Torino, Valter Boero: «Tutto ciò che va incontro alle esigenze della maternità non può che trovare il nostro appoggio. Vantiamo un’esperienza trentennale nel settore, con i nostri Centri di aiuto alla vita, e sarebbe un vero peccato che la Regione non ci valorizzasse». Sulla sentenza del Tar, Boero protesta: «Riconosce i diritti di tutti, meno quelli del nascituro». Valter Danna, direttore dell’ufficio famiglia della diocesi di Torino, aveva definito la sentenza «un segnale negativo, perché bisogna riconoscere la presenza di chi può aiutare a riflettere sul valore della vita».

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