domenica 24 luglio 2011

UNA RIFLESSIONE SULLE DAT: PROPORZIONALITA’ DEI TRATTAMENTI E RELAZIONE DI CURA di Luciano Eusebi, Ordinario di Diritto Penale, UCSC, Milano, Pubblicato il 22 luglio 2011 da http://www.blogscienzaevita.org/

Il disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) approvato dalla Camera dei Deputati gestisce una problematica difficile nell’ambito di un’utilizzazione corretta dei principi etici rilevanti. In questo senso, soprattutto, scongiurando quella che è sempre stata la maggiore preoccupazione dell’Associazione Scienza e Vita, vale a dire il fatto che, se si fosse introdotto (più o meno esplicitamente) il c.d. diritto di morire, ne sarebbe derivata un’enorme pressione psicologica sulle persone in condizioni di non recuperabile precarietà esistenziale (e sulle loro famiglie) a liberare la società dai costi economici delle terapie appropriate rispetto alle loro patologie.

Il testo chiarifica, ora anche in sede legislativa, la non doverosità di trattamenti terapeutici sproporzionati: e, in tal senso, le Dat in esso regolate possono esplicitare la rinuncia agli stessi da parte del dichiarante. Nel medesimo tempo prevede che quest’ultimo, attraverso le Dat, possa esprimere “orientamenti e informazioni utili per il medico” (art. 3, co. 1) con riguardo all’eventualità di una futura perdita permanente della coscienza, così che il medico stesso – in perfetta aderenza alla Convenzione europea di biomedicina (o di Oviedo) – li prenderà in considerazione, motivando, onde assumere nel modo migliore le decisioni terapeutiche: dunque, onde operare al meglio il suo giudizio riferito, pur sempre, al principio di proporzionalità (come pure ai princìpi di precauzione e prudenza), nonché condotto nel rispetto del principio dell’inviolabilità della vita e della tutela della salute (art. 7).

Un’ottica la quale valorizza il ruolo di garanzia del medico (e la stessa nozione di alleanza terapeutica) evitando di renderlo mero esecutore di prescrizioni formali vincolanti.

Parallelamente, si riconosce il fatto che idratazione e alimentazione hanno un ruolo ben diverso da quello proprio di una terapia: essendo necessarie, infatti, anche ai soggetti sani, non contrastano alcuno stato patologico. Rappresentano, pertanto, cure di base non suscettibili di essere interrotte, stante la dignità dell’essere umano in qualsiasi condizione esistenziale: salvo il caso, ovviamente, in cui il corpo non sia più in grado di assimilarle (art. 3, co. 5).

Una scelta, questa, la quale evita a sua volta di offrire uno strumento per portare rapidamente al decesso pazienti con menomazioni molto gravi, ma non terminali, né tenuti in vita attraverso particolari presìdi tecnici.

Il rilievo delle dichiarazioni anticipate è riferito al venire a determinarsi di un’incapacità permanente ad assumere decisioni coscienti particolarmente grave, secondo i parametri precisati all’art. 3, co. 5. Tuttavia i princìpi in esso accolti non potranno non avere rilievo interpretativo anche al di fuori di tali confini, così da evitare letture molto libere, quali si sono avute in questi anni, dell’impianto normativo tradizionale, argomentate in rapporto all’essenza di ulteriori precisazioni recenti da parte del legislatore.

Nessun commento:

Posta un commento