mercoledì 15 febbraio 2012


Se la cristianofobia è un'occasione, di Marco Respinti, 15-02-2012, http://www.labussolaquotidiana.it

«Nel mondo islamico, i cristiani vengono massacrati per la loro fede religiosa. Siamo davanti a un genocidio dilagante che dovrebbe suscitare allarme a livello globale». Lo sappiamo. Ma che la denuncia campeggi dalla copertina di Newsweek è una vera notizia.

Il settimanale statunitense ha dedicato al tema un ampio servizio che porta la firma famosa e impegnativa di Ayaan Hirsi Magan Ali. Nata a Mogadiscio, figlia di un signore della guerra somalo, "rinata" nei Paesi Bassi, Ayaan diventa famosa quando, il 2 novembre 2004, il regista neerlandese Theo van Gogh, per il quale aveva scritto la sceneggiatura del cortometraggio Submission, viene ucciso da Mohammed Bouyeri, killer musulmano di origini marocchine. Da allora la Ali vive sotto scorta, si è trasferita a Washington dove lavora per il neoconservatore American Enterprise Institute for Public Policy Research e della sua irriducibile avversione all’islam non fa alcun mistero. Meno digeribile è invece le sua critica piuttosto laicista della religione.

Ayaan non rivela certo novità travolgenti quando ricorda le stragi efferate di Boko Haram in Nigeria, le mattanze che lordano di sangue cristiano il Sudan, l’ordalia continua di un Paese, l’Egitto, le cui "giovani promesse" hanno pensato bene di inaugurare la "corsa alla democrazia" massacrando 23 copti il 1° gennaio 2011 nella Chiesa dei Santi di Alessandria (famosissima la foto del Cristo macchiato di sangue che anche Newsweek sceglie per la copertina), le violenze anticristiane in Iraq, la situazione intollerabile del Pakistan e l’Arabia Saudita custode dei "luoghi santi" dell’islam che vieta con rigore più che zelante la costruzione di qualsiasi edificio di culto cristiano. Ma il punto vero è che questo compitino diligente e utile compaia con grande enfasi sulla copertina di un settimanale non certo di apologetica cristiana scritto non certo da una missionaria (chi non masticasse l’inglese può contare sulla traduzione, parziale, che il 13 febbraio ne ha offerto il Corriere delle Sera nella pagina degli Esteri, la 17esima, senza nemmeno un richiamo in prima).

Ciò - ipotizziamo - avviene per tre motivi. Il primo è che l’evidenza dei massacri anticristiani è tanto grande e cogente che nessuno, meno ancora un entourage di professionisti di primo piano come quello che produce Newsweek, può permettersi di continuare a bucare la notizia.

Il secondo è il fallimento palese delle cosiddette "primavere arabe", indossate acriticamente da tutti ma ora rovesciatesi (ed era facilissimo prevederlo da subito) nell’esatto contrario di quanto auspicati dal "buonismo". Che i copti rimpiangano i giorni di Hosni Mubarak - che pure li angheriava - per non rassegnarsi alla “piazza salafita” e che ai “ribelli” gli assiri preferiscano Bashar Assad - che, ricambiati, non amano - è totalmente paradossale quanto altamente significativo.

Terzo, ultimo e forse a lungo termine più fecondo motivo è che un certo mondo, quello che Newsweek se non altro fotografa bene, quello per intendersi che pensa ai propri tornaconti, alle "magnifiche sorti e progressive", alla Chiesa se può darle addosso, insomma un certo mondo laico-laicista e radical-chic, si rende conto che solo i cristiani sono seme di civiltà. Che una sola è la cultura che genera il vero umanesimo dei diritti e delle libertà. Che se in Medioriente, Africa e Asia trionfasse il modello islamico, il mondo come lo abbiamo conosciuto finirebbe, prospettando poco di buono per quello che lo sostituirà. Insomma, che se là dove sono minoranza vessata e perseguitata perdiamo i cristiani come interlocutori del nostro mondo diviso tra postcristianesimo e nuova evangelizzazione, cioè come pilastri e architravi di isole di società autenticamente «a misura d’uomo e secondo il piano di Dio» (beato Giovanni Paolo II) dove invece di Dio vige un’idea errata e quindi l’uomo muore, tutto è perduto.

Ai tempi in cui il Libano era lacerato tra quattro eserciti invasori e i cristiani ne pagavano il prezzo, l’allora Segretario di Stato americano cinico e liberal Henry Kissinger pensò che la soluzione ottimale fosse che i maroniti, segno di contraddizione ma unica condizione di pace vera, lasciassero il Paese, ridislocandosi per esempio in quel Canada dove di spazio ne hanno da vendere. Ecco, la mano che Newsweek decide di tendere oggi alla lotta contro la "cristianofobia" suggella il tramonto definitivo di quella prospettiva sciagurata, un’azione fattualmente meritoria quali che ne siano le ragioni.

Da che conseguono due cose fondamentali: la prima è che, giunta pure la benedizione liberal, ora non ci sono più scuse per tollerare oltre la strage; la seconda è che la difesa pur strumentale dei cristiani da parte dei liberal è comunque un’occasione d’oro per cominciare a rievangelizzare anche la parte peggiore dell’Occidente. Finché infatti i popoli e le persone continueranno a saltare il mare per venire da noi, mentre invece nessuno fa l’inverso - se ne rende conto pure Newsweek -, avremo su tutti un incommensurabile vantaggio apologetico. Se la cristianofobia è un'occasione
«Nel mondo islamico, i cristiani vengono massacrati per la loro fede religiosa. Siamo davanti a un genocidio dilagante che dovrebbe suscitare allarme a livello globale». Lo sappiamo. Ma che la denuncia campeggi dalla copertina di Newsweek è una vera notizia.

Il settimanale statunitense ha dedicato al tema un ampio servizio che porta la firma famosa e impegnativa di Ayaan Hirsi Magan Ali. Nata a Mogadiscio, figlia di un signore della guerra somalo, "rinata" nei Paesi Bassi, Ayaan diventa famosa quando, il 2 novembre 2004, il regista neerlandese Theo van Gogh, per il quale aveva scritto la sceneggiatura del cortometraggio Submission, viene ucciso da Mohammed Bouyeri, killer musulmano di origini marocchine. Da allora la Ali vive sotto scorta, si è trasferita a Washington dove lavora per il neoconservatore American Enterprise Institute for Public Policy Research e della sua irriducibile avversione all’islam non fa alcun mistero. Meno digeribile è invece le sua critica piuttosto laicista della religione.

Ayaan non rivela certo novità travolgenti quando ricorda le stragi efferate di Boko Haram in Nigeria, le mattanze che lordano di sangue cristiano il Sudan, l’ordalia continua di un Paese, l’Egitto, le cui "giovani promesse" hanno pensato bene di inaugurare la "corsa alla democrazia" massacrando 23 copti il 1° gennaio 2011 nella Chiesa dei Santi di Alessandria (famosissima la foto del Cristo macchiato di sangue che anche Newsweek sceglie per la copertina), le violenze anticristiane in Iraq, la situazione intollerabile del Pakistan e l’Arabia Saudita custode dei "luoghi santi" dell’islam che vieta con rigore più che zelante la costruzione di qualsiasi edificio di culto cristiano. Ma il punto vero è che questo compitino diligente e utile compaia con grande enfasi sulla copertina di un settimanale non certo di apologetica cristiana scritto non certo da una missionaria (chi non masticasse l’inglese può contare sulla traduzione, parziale, che il 13 febbraio ne ha offerto il Corriere delle Sera nella pagina degli Esteri, la 17esima, senza nemmeno un richiamo in prima).

Ciò - ipotizziamo - avviene per tre motivi. Il primo è che l’evidenza dei massacri anticristiani è tanto grande e cogente che nessuno, meno ancora un entourage di professionisti di primo piano come quello che produce Newsweek, può permettersi di continuare a bucare la notizia.

Il secondo è il fallimento palese delle cosiddette "primavere arabe", indossate acriticamente da tutti ma ora rovesciatesi (ed era facilissimo prevederlo da subito) nell’esatto contrario di quanto auspicati dal "buonismo". Che i copti rimpiangano i giorni di Hosni Mubarak - che pure li angheriava - per non rassegnarsi alla “piazza salafita” e che ai “ribelli” gli assiri preferiscano Bashar Assad - che, ricambiati, non amano - è totalmente paradossale quanto altamente significativo.

Terzo, ultimo e forse a lungo termine più fecondo motivo è che un certo mondo, quello che Newsweek se non altro fotografa bene, quello per intendersi che pensa ai propri tornaconti, alle "magnifiche sorti e progressive", alla Chiesa se può darle addosso, insomma un certo mondo laico-laicista e radical-chic, si rende conto che solo i cristiani sono seme di civiltà. Che una sola è la cultura che genera il vero umanesimo dei diritti e delle libertà. Che se in Medioriente, Africa e Asia trionfasse il modello islamico, il mondo come lo abbiamo conosciuto finirebbe, prospettando poco di buono per quello che lo sostituirà. Insomma, che se là dove sono minoranza vessata e perseguitata perdiamo i cristiani come interlocutori del nostro mondo diviso tra postcristianesimo e nuova evangelizzazione, cioè come pilastri e architravi di isole di società autenticamente «a misura d’uomo e secondo il piano di Dio» (beato Giovanni Paolo II) dove invece di Dio vige un’idea errata e quindi l’uomo muore, tutto è perduto.

Ai tempi in cui il Libano era lacerato tra quattro eserciti invasori e i cristiani ne pagavano il prezzo, l’allora Segretario di Stato americano cinico e liberal Henry Kissinger pensò che la soluzione ottimale fosse che i maroniti, segno di contraddizione ma unica condizione di pace vera, lasciassero il Paese, ridislocandosi per esempio in quel Canada dove di spazio ne hanno da vendere. Ecco, la mano che Newsweek decide di tendere oggi alla lotta contro la "cristianofobia" suggella il tramonto definitivo di quella prospettiva sciagurata, un’azione fattualmente meritoria quali che ne siano le ragioni.

Da che conseguono due cose fondamentali: la prima è che, giunta pure la benedizione liberal, ora non ci sono più scuse per tollerare oltre la strage; la seconda è che la difesa pur strumentale dei cristiani da parte dei liberal è comunque un’occasione d’oro per cominciare a rievangelizzare anche la parte peggiore dell’Occidente. Finché infatti i popoli e le persone continueranno a saltare il mare per venire da noi, mentre invece nessuno fa l’inverso - se ne rende conto pure Newsweek -, avremo su tutti un incommensurabile vantaggio apologetico. Se la cristianofobia è un'occasione
«Nel mondo islamico, i cristiani vengono massacrati per la loro fede religiosa. Siamo davanti a un genocidio dilagante che dovrebbe suscitare allarme a livello globale». Lo sappiamo. Ma che la denuncia campeggi dalla copertina di Newsweek è una vera notizia.

Il settimanale statunitense ha dedicato al tema un ampio servizio che porta la firma famosa e impegnativa di Ayaan Hirsi Magan Ali. Nata a Mogadiscio, figlia di un signore della guerra somalo, "rinata" nei Paesi Bassi, Ayaan diventa famosa quando, il 2 novembre 2004, il regista neerlandese Theo van Gogh, per il quale aveva scritto la sceneggiatura del cortometraggio Submission, viene ucciso da Mohammed Bouyeri, killer musulmano di origini marocchine. Da allora la Ali vive sotto scorta, si è trasferita a Washington dove lavora per il neoconservatore American Enterprise Institute for Public Policy Research e della sua irriducibile avversione all’islam non fa alcun mistero. Meno digeribile è invece le sua critica piuttosto laicista della religione.

Ayaan non rivela certo novità travolgenti quando ricorda le stragi efferate di Boko Haram in Nigeria, le mattanze che lordano di sangue cristiano il Sudan, l’ordalia continua di un Paese, l’Egitto, le cui "giovani promesse" hanno pensato bene di inaugurare la "corsa alla democrazia" massacrando 23 copti il 1° gennaio 2011 nella Chiesa dei Santi di Alessandria (famosissima la foto del Cristo macchiato di sangue che anche Newsweek sceglie per la copertina), le violenze anticristiane in Iraq, la situazione intollerabile del Pakistan e l’Arabia Saudita custode dei "luoghi santi" dell’islam che vieta con rigore più che zelante la costruzione di qualsiasi edificio di culto cristiano. Ma il punto vero è che questo compitino diligente e utile compaia con grande enfasi sulla copertina di un settimanale non certo di apologetica cristiana scritto non certo da una missionaria (chi non masticasse l’inglese può contare sulla traduzione, parziale, che il 13 febbraio ne ha offerto il Corriere delle Sera nella pagina degli Esteri, la 17esima, senza nemmeno un richiamo in prima).

Ciò - ipotizziamo - avviene per tre motivi. Il primo è che l’evidenza dei massacri anticristiani è tanto grande e cogente che nessuno, meno ancora un entourage di professionisti di primo piano come quello che produce Newsweek, può permettersi di continuare a bucare la notizia.

Il secondo è il fallimento palese delle cosiddette "primavere arabe", indossate acriticamente da tutti ma ora rovesciatesi (ed era facilissimo prevederlo da subito) nell’esatto contrario di quanto auspicati dal "buonismo". Che i copti rimpiangano i giorni di Hosni Mubarak - che pure li angheriava - per non rassegnarsi alla “piazza salafita” e che ai “ribelli” gli assiri preferiscano Bashar Assad - che, ricambiati, non amano - è totalmente paradossale quanto altamente significativo.

Terzo, ultimo e forse a lungo termine più fecondo motivo è che un certo mondo, quello che Newsweek se non altro fotografa bene, quello per intendersi che pensa ai propri tornaconti, alle "magnifiche sorti e progressive", alla Chiesa se può darle addosso, insomma un certo mondo laico-laicista e radical-chic, si rende conto che solo i cristiani sono seme di civiltà. Che una sola è la cultura che genera il vero umanesimo dei diritti e delle libertà. Che se in Medioriente, Africa e Asia trionfasse il modello islamico, il mondo come lo abbiamo conosciuto finirebbe, prospettando poco di buono per quello che lo sostituirà. Insomma, che se là dove sono minoranza vessata e perseguitata perdiamo i cristiani come interlocutori del nostro mondo diviso tra postcristianesimo e nuova evangelizzazione, cioè come pilastri e architravi di isole di società autenticamente «a misura d’uomo e secondo il piano di Dio» (beato Giovanni Paolo II) dove invece di Dio vige un’idea errata e quindi l’uomo muore, tutto è perduto.

Ai tempi in cui il Libano era lacerato tra quattro eserciti invasori e i cristiani ne pagavano il prezzo, l’allora Segretario di Stato americano cinico e liberal Henry Kissinger pensò che la soluzione ottimale fosse che i maroniti, segno di contraddizione ma unica condizione di pace vera, lasciassero il Paese, ridislocandosi per esempio in quel Canada dove di spazio ne hanno da vendere. Ecco, la mano che Newsweek decide di tendere oggi alla lotta contro la "cristianofobia" suggella il tramonto definitivo di quella prospettiva sciagurata, un’azione fattualmente meritoria quali che ne siano le ragioni.

Da che conseguono due cose fondamentali: la prima è che, giunta pure la benedizione liberal, ora non ci sono più scuse per tollerare oltre la strage; la seconda è che la difesa pur strumentale dei cristiani da parte dei liberal è comunque un’occasione d’oro per cominciare a rievangelizzare anche la parte peggiore dell’Occidente. Finché infatti i popoli e le persone continueranno a saltare il mare per venire da noi, mentre invece nessuno fa l’inverso - se ne rende conto pure Newsweek -, avremo su tutti un incommensurabile vantaggio apologetico.

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