Con 64 voti a favore (54 Democratici e 10 Repubblicani) e 32 contrari, il Senato degli Stati Uniti ha compiuto l’ennesimo passo della marcia dell’omosessualismo in salsa obamiana, che diverrà completo qualora anche la Camera dovesse votare analogamente. E’ stato infatti approvato l’Employment Non-Discrimination Act (Enda), una legge dal testo estremamente controverso che contiene riferimenti all’ideologia del gender. L’obiettivo dichiarato della legge è quello di proibire le discriminazioni da parte dei datori di lavoro in base all’«orientamento sessuale» e all’«identità di genere» dei dipendenti. A favore dell’Enda si è speso in prima persona il Presidente Obama con un invito a votare “sì” a tutti i membri del Congresso.
Gli aspetti non condivisibili della legge sono stati evidenziati dai vescovi statunitensi con una lettera inviata il 31 ottobre scorso a tutti i senatori, recante in calce le firme dell’Arcivescovo di San Francisco Salvatore J. Cordileone, membro della Commissione per la promozione e la difesa del matrimonio, e di William E. Lori, Arcivescovo di Baltimore, che per la Conferenza episcopale statunitense (Usccb) si occupa di libertà religiosa. Nella missiva, la Usccb invitava ad esprimere il proprio dissenso nei confronti dell’Enda. Sono infatti proprio la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e la libertà religiosa i principi che finiscono per essere inevitabilmente minati grazie ad una ormai consueta strategia: farcire leggi in linea puramente teorica condivisibili con contenuti totalmente estranei allo scopo dichiarato e funzionali alla diffusione dell’ideologia del gender e alla limitazione della libertà di chi ad essa intende opporsi.
E proprio questo viene sottolineato dai vescovi degli Usa, secondo i quali l’Employment Non-Discrimination Act va ben oltre il divieto di ingiusta discriminazione. Innanzitutto la legge, nella sezione 3, definisce l’identità di genere di una persona come una caratteristica svincolata dal sesso alla nascita. Ovviamente una legge i cui presupposti sono questi, non può essere accettata. Ma le perplessità dei vescovi – che non si fatica a far proprie – sono concentrate anche sul trattamento riservato agli enti religiosi. È vero che la sezione 6 dell’Enda è dedicata specificatamente alle «esenzioni per organizzazioni religiose», ma la Conferenza episcopale statunitense avanza dubbi su quali siano effettivamente i datori di lavoro tutelati da tale sezione.
Il copione è identico a quello dello scontro tra la Usccb e Obama in merito alla riforma sanitaria: per i datori di lavoro si configurava l’obbligo di pagare coperture assicurative ai propri dipendenti comprendenti servizi legati a contraccezione, sterilizzazione e aborto e da tale obbligo non furono esentate le organizzazioni religiose. Quello che si prospetta è uno scenario del tutto analogo, anche perché l’Employment Non-Discrimination Act non prevede eccezioni neppure in quei casi che il diritto americano definisce come “bona fide occupational qualification” (indicata anche nei documenti esplicativi della Usccb con l’acronimo Bfoq). La Bfoq è un requisito che può essere ragionevolmente richiesto per svolgere un particolare lavoro, senza che tale richiesta si configuri come una discriminazione. Si pensi, ad esempio, all’assunzione di personale in un carcere femminile, dove è ovvio che si preferisca un’agente di polizia penitenziaria di sesso femminile, o ad un barista con la mansione di servire alcolici, per il quale si può pretendere un’età minima. Si può forse protestare poiché in quei casi maschi e minorenni sono discriminati?
Si potrebbero fare innumerevoli esempi, ma evidentemente questo principio di ragionevolezza – prima ancora che di diritto – non è ritenuto applicabile quando di mezzo c’è l’ideologia di genere. Da notare infine, in merito alla “bona fide occupational qualification”, che fino ad oggi l’unico ambito in cui la Bfoq non era applicabile era quello della discriminazione razziale, alla quale da adesso viene equiparata quella basata sull’orientamento sessuale.
Da questo tipo di impostazione, derivano una serie di minacce ben immaginabili per la libertà religiosa e per chi volesse avanzare obiezioni relative all’incompatibilità di una determinata condotta sessuale con certi impieghi nell’ambito di organizzazioni religiose. I timori dei vescovi statunitensi sono stati fatti propri da molti commentatori che, al di là degli aspetti legati alla libertà religiosa, pur sempre evidenziati, hanno sottolineato come con l’entrata in vigore dell’Enda si metta a repentaglio la libertà di impresa: un imprenditore non è più libero di gestire la sua attività basandosi sui propri principi, ma si vede costretto ad allinearsi alla visione della società imposta dal governo centrale.
La nuova legge, poi, si presta ad essere usata come l’ennesimo grimaldello per scardinare l’idea di famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Cosa già accaduta a livello dei singoli Stati degli Usa, dove leggi analoghe, già approvate, sono state utilizzate come motivazione da alcune corti per definire il matrimonio omosessuale come un diritto costituzionale. Inoltre, un datore di lavoro si potrebbe trovare costretto a garantire alcuni benefit, come ad esempio l’assistenza sanitaria, anche ai partner dei propri dipendenti omosessuali, dovendo riconoscere implicitamente come famiglia una coppia di gay o lesbiche.
Ovviamente, il via libera federale all’Enda ha un peso specifico ben maggiore rispetto ai provvedimenti dei singoli Stati. Adesso, su tutto il territorio statunitense, i veri discriminati potrebbero diventare tutti coloro che non intendono piegarsi di fronte allo strapotere omosessualista. La palla passa alla Camera, dove la legge dovrebbe essere ostacolata dalla maggioranza in mano al Partito repubblicano, stando a quanto dichiarato dallo speaker John Boehner.
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