venerdì 25 novembre 2011


La droga come pedagogia iniziatica di Mario Iannaccone, 25-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it/

Non ne fanno mistero: gli antiproibizionisti vicini alle lobby farmaceutiche vorrebbero reintrodurre nella nostra società arcaici riti di passaggio giacché giudicano la religione cristiana inadatta a gestire i momenti cruciali della vita. Stiamo parlando di una galassia di associazioni, riviste, fondazioni, think-tank, che operano anche in ambito accademico per legittimare l’uso di droghe non più a scopo ricreativo ma medico o enteogenico (“rivelatrici del divino”). Farmaci dell’anima da usare con giudizio, dicono, all’interno di setting tanto sicuri da poter coinvolgere minori. Persino bambini.

Per gli antropologi le cerimonie dei “riti di passaggio” sono un fenomeno transculturale. Esse aiutano l’individuo a gestire l’ansia generata dai cambiamenti della vita, dall’ingresso nella prima maturità, al matrimonio sino alla morte. Nella nostra civiltà, dalla fondazione della Chiesa, vengono gestiti nella forma dei sacramenti: il battesimo, il matrimonio, l’estrema unzione. Segni esteriori istituiti da Gesù per donare la Grazia ma anche, e contemporaneamente, riti di passaggio. Persino nelle confessioni protestanti il legame fra rito di passaggio e fede è rimasto operante sino a tempi recenti. Ora, però, intellettuali laicizzati ma affascinati dal sacro sanzionano tali riti cristiani come del tutto inadatti. Piano piano, vecchi guru della droga e scienziati antiproibizionisti, come Ralph Metzner o Rick Doblin, sono riemersi dal passato.

Divenuti professori o presidenti di pingui società di ricerca, essi si sono alleati alle nuove leve dell’ingegneria sociale per istituire progetti ambiziosi ovvero ridisegnare riti di passaggio “laici”, inventati ex novo (self-designed) oppure mutuati dalle religioni misteriche. Ingredienti fondamentali di questi riti sono potenti sostanze allucinogene o enteogene. Leggiamo, ad esempio, nelle brochure del progetto Rites of Passage di MAPS, uno dei più noti: «il progetto Riti di Passaggio offre un contesto sicuro e protetto per indurre esperienze psichedeliche in particolar modo in relazione al passaggio dalla prima adolescenza all’età adulta…». I genitori garantirebbero una crescita sana ai loro figli grazie alle trance sciamaniche indotte da cannabis, LSD, ayahuasca, peyote, psilocibina, mescalina, l’ecstasy e persino la potentissima ketamina.

Fantasociologia?  Esperimenti da comune rivoluzionaria? Niente affatto.  Dal 1987, gli esperti del progetto Rites of Passage hanno coinvolto numerose famiglie in esperimenti di riti di passaggio infantili (bambini dai 9 anni ma anche più giovani a discrezione dei genitori) o adolescenziali. Il contesto è «ritualizzato e protetto» perché partecipano mamma e papà. Si rifiuta a priori l’idea che l’assunzione di potenti psicoattivi sia pericoloso in sé «perché la probizione stessa è nociva». Eppure la storia novecentesca della droga dimostra che gli assuntori «scientifici e responsabili» – un caso clamoroso è Leary ma si può ricordare lo stesso Jünger – sono stati i primi a cadere in dipendenze durate decenni. La letteratura che descrive queste esperienze familiari è abbondante e riguarda soprattutto americani, australiani, inglesi, olandesi, tedeschi. In un resoconto, tra i tanti, si legge ad esempio il caso di una madre consumatrice che si sentì ad un certo punto «matura» per accompagnare il figlio quattordicenne «oltre la proibizione distruttiva». Così lo portò in una cerimonia vagamente sciamanica, dove l’elemento centrale erano i tamburi, i profumi, i canti, gli abbracci, lo «spirito di unità» e, naturalmente, la droga. La donna afferma di essere diventata da allora più «onesta» e confessa d’aver coinvolto il figlio – a suo avviso assai maturato grazie al rito – in ulteriori esperienze con cannabis ed ecstasy.

In mancanza di statistiche note (queste esperienze sono illegali), non sappiamo quante famiglie partecipino agli esperimenti raccontati nella documentazione fornita da MAPS, ma una rapida scorsa suggerisce che si tratta di centinaia di famiglie e migliaia di soggetti. Quello che conta, al di là dei numeri, è la forma mentis che ispira tali esperimenti: il ritorno ad una sorta di sacro tribale e sciamanico. L’idea della spiritualità chimica che pareva una moda passata è invece sopravvissuta nei centri ricerca, nelle fondazioni finanziate dalle grandi farmaceutiche e nelle loro riviste patinate. Non ultimo, un elemento centrale in queste realtà è l’enfasi attribuita all’eutanasia, al diritto di morire serenamente sotto l’effetto di sostanze allucinogene anche prima che il tempo naturale sia arrivato. Eutanasia, morte volontaria, staccata dal tema delle cure palliative. Da qui si capisce come una posta in gioco sia istituzionalizzare il rito di passaggio della morte per tutti coloro che, per sofferenza fisica o tedio e depressione, vogliano muovere gli ultimi passi in mezzo alle multicolori, ondeggianti, nebbie psichedeliche. Pardon, enteogeniche.

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