giovedì 24 novembre 2011


Parkinson, Sla e Alzheimer: la ricerca ha fretta - Alessandra Turchetti, Avvenire, 24 novembre 2011

 Circa 63 mila casi di sclerosi multipla in Italia, quasi 800 mila persone affette da Alzheimer, 200 mila dal morbo di Parkinson. Anche nel nostro Paese le malattie neurodegenerative sono presenti con tutte le problematiche di assistenza sanitaria, tutela dei diritti, corretta informazione e ovviamente ricerca di cure sempre più efficaci. Ma su questo fronte l’orizzonte scientifico si è notevolmente ampliato producendo, in alcuni casi, nuovi protocolli terapeutici già funzionanti e altri promettenti in fase di sperimentazione. «Sul fronte delle terapie delle malattie degenerative che colpiscono il sistema nervoso i trattamenti sono per lo più mirati alla prevenzione del danno – spiega Antonio Uccelli, responsabile dell’Unità di neuroimmunologia del dipartimento di neuroscienze dell’Azienda Ospedale San Martino e Università di Genova –. I farmaci più efficaci sono quelli che bloccano le cause della degenerazione dei tessuti ma, grazie all’avanzamento delle conoscenze di questo processo, cominciamo ad avere molecole che non solo arrestano l’infiammazione ma agiscono direttamente sulle cellule nervose a favore della loro sopravvivenza». Antonio Uccelli e la sua équipe studiano da tempo il potere terapeutico delle cellule staminali adulte, frontiera d’avanguardia in questo settore. «Il problema maggiore è intervenire in quei casi in cui il danno si è stabilizzato – prosegue il ricercatore – e qui il trattamento è legato alla speranza generata dai buoni dati sperimentali ottenuti sui modelli animali nell’utilizzo delle staminali adulte. Queste cellule, da un lato, arrestano la progressione della malattia intervenendo sul danno autoindotto del sistema immunitario contro la mielina, dall’altro proteggono il tessuto nervoso mediante il rilascio di specifici fattori». l dato interessante è che le staminali iniettate, provenienti dal midollo osseo dell’animale trattato, sono in grado di risvegliare delle staminali endogene, cioè presenti in loco, favorendo la neurogenesi. «Il primo dei tre livelli di studio, prevenzione, neuroprotezione e neurorigenerazione, è stato attraversato con successo», conclude Uccelli. Sono circa 30 le sperimentazioni cliniche autorizzate nel mondo di fase I, tese a vagliare la sicurezza dell’utilizzo delle staminali su patologie quali traumi spinali, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica. «Le staminali adulte finora impiegate sono essenzialmente di due tipi – spiega Gianvito Martino, direttore dell’Unità di neuroimmunologia dell’Istituto scientifico San Raffaele di Milano e autore di ricerche di alto livello sulle staminali cerebrali –. Di tipo neurale, prelevate dalla zona subventricolare e subgranulare del cervello, oppure di tipo mesenchimale provenienti dal midollo osseo dello stesso paziente. Se siamo arrivati a questi studi di fase I, vuol dire che i dati pre-clinici lo hanno consentito ed è lecito avere ottimismo. L’obiettivo è di avere più tipi di staminali per curare la malattia nella sue varie fasi». Un mese fa è stato lanciato il primo grande studio multicentrico che vede coinvolte Europa e Nord America per dimostrare l’efficacia di una terapia con le staminali mesenchimali sulla sclerosi multipla. Allo studio di fase II, coordinato da Uccelli, partecipa l’Unità del San Raffaele diretta da Martino, e dovrà verificare se il meccanismo dimostrato sugli animali di protezione dall’attacco del sistema immunitario è efficace anche nell’organismo umano. 

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