Cile e Irlanda: aborto illegale ed elevata salute della donna - 29 aprile, 2013 - di Elard Koch - Epidemiologo presso l’Institute of Molecular Epidemiology (MELISA) - da Mercatornet.com, 21/03/13 - http://www.uccronline.it
Nel settembre 2012 ho avuto la preziosa opportunità di partecipare come membro della Committee on Excellence in Maternal Healthcare, convocata a Dublino per analizzare l’esperienza di Irlanda, Cile e altri paesi con un elevato standard di salute materna in tutto il mondo. L’incontro è stato coronato con la Declaration of Dublin: «Come professionisti esperti e ricercatori in ostetricia e ginecologia, affermiamo che l’aborto diretto – la distruzione intenzionale del nascituro – non è medicalmente necessario per salvare la vita di una donna. Noi sosteniamo che vi è una differenza fondamentale tra l’aborto e i necessari trattamenti medici che vengono effettuati per salvare la vita della madre. Confermiamo che il divieto di aborto non influisce in alcun modo, e in nessun caso, sulla disponibilità di cure ottimali per le donne in gravidanza».
Sia il Cile e l’Irlanda sono collocati tra le nazioni al mondo più sicure per la maternità nelle rispettive regioni. Nel caso del Cile, esclusi i decessi dovuti a cause non-ostetriche (chiamate anche cause indirette), 30 morti materne sono state registrate nel corso del 2010, con un tasso di mortalità dell’11,9 per 100.000 nati vivi. Questo colloca il Cile secondo dopo al Canada nel continente americano, con una migliore salute materna rispetto agli Stati Uniti d’America. In Irlanda, solo tre decessi materni sono stati registrati su 74.976 nati vivi, dando un tasso di mortalità di 4 per 100.000 nati vivi, e ponendo questo paese tra le cinque nazioni con il più basso tasso di mortalità materna in Europa.
È interessante notare che questi due paesi hanno le leggi meno permissive sull’aborto nel mondo e nello stesso tempo la visualizzazione di mortalità legata all’aborto è trascurabile. Questo sfida il mito secondo il quale la limitazione di aborto porta a centinaia -se non migliaia- di morti a causa dell’aborto. Questo è falso.
Le morti a causa dell’aborto in Cile sono diminuite del 99% in 50 anni. Inoltre, questa diminuzione è continuata anche dopo la messa al bando dell’”aborto terapeutico”, nel 1989, a conferma che la legge dimostra che tali aborti erano completamente inutili a ridurre la mortalità materna o nell’affrontare i casi eccezionali in cui la vita della madre in gravidanza è a rischio. Questo non è un problema minore dato che la mortalità a causa dell’aborto è un argomento ricorrente utilizzato per promuovere la legalizzazione dell’aborto in Irlanda, Cile, e in America Latina in generale.
Nel corso del 1960, quasi il 45% dei ricoveri per aborto sono stati associati all’aborto indotto. In Cile, dal 1967, la continua diminuzione dei tassi di ospedalizzazione a causa di qualsiasi tipo di aborto, spontaneo o provocato, suggerisce che la pratica dell’aborto indotto è anche diminuita in parallelo con la diminuzione della mortalità per aborto. In effetti, le stime effettuate fino a pochi mesi mostrano che soltanto il 10-19% di tutti i ricoveri per aborto in Cile può essere attribuito all’aborto indotto negli ultimi dieci anni. La maggior parte degli aborti indotti in Cile oggi avrebbe luogo ricorrendo alla acquisizione illegale di Misoprostolo nel mercato nero, un business lucrativo apparentemente senza un adeguato controllo.
In termini statistici, i tassi di aborto in Cile e in Irlanda sono, in media, da 10 a 12 volte inferiori rispetto a quelli dei paesi in cui l’aborto è legale, come la Spagna, il cui tasso di aborto è aumentato di 10 volte dal momento della sua depenalizzazione nel 1985. La ripetizione dell’aborti da parte delle stesse donne è aumentato dal 20 ad oltre il 35%, il che suggerisce che l’aborto legale è utilizzato come una sorta di metodo contraccettivo dalle giovani donne spagnole.
La spiegazione di questa differenza è logica: mentre il permesso legale facilita l’accesso e aumenta l’incidenza di aborto, la sua restrizione legale ostacola l’accesso e diminuisce l’incidenza. Ovviamente, l’effetto dissuasivo di una legge meno permissiva non può eliminare completamente il problema, ma può diminuirlo. Infatti, lo scopo di una tale legge è simile a quella della legislazione che vieta farmaci dannosi.
Sorprendentemente, gli anacronistici riferimenti all’”aborto terapeutico” sono usati in modo stressante più e più volte per ripristinare l’inutile legislazione, prestandosi ad abusi interpretativi. La libera interpretazione delle cause dell’aborto, che portano all’abuso di leggi più permissive, sembra essere un problema più generale. In realtà, la maggior parte degli aborti effettuati in Inghilterra e in Spagna vengono eseguiti per “ragioni di salute mentale”, anche se non ci sono prove scientifiche a sostegno dell’aborto come indicazione terapeutica per eventuali problemi relativi alla salute mentale.
La preziosa esperienza cilena dimostra che l’etica medica è sufficiente per far fronte a tutti i casi di apparente conflitto tra la vita della madre e quella del bambino in gestazione. Inoltre, un ragionamento operativo sul diritto etico all’interno della legge attuale consente un adattamento dinamico al progresso della tecnologia e della conoscenza scientifica, la promozione di una sana, riflessiva e responsabile prassi medica. Infine, se l’obiettivo di nazioni come il Cile e l’Irlanda è quello di mantenere il loro elevato standard nella sanità materna, proteggendo allo stesso tempo la salute della donna e della vita umana in gestazione, mantenendo anche un basso tasso di aborto indotto, il modo per procedere non comporta la modifica delle loro attuali leggi vigenti sull’aborto.
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