Nozze gay: l’APA senza credibilità, smentita dagli studi - 3 maggio, 2013 - http://www.uccronline.it/
Nel luglio 1998 l’American Psychological Association (APA) ha sostenuto, tramite uno studio scientifico, che gli abusi sessuali sui bambini non sarebbero dannosi se vengono da essi “consentiti”. Nello studio vi si legge che «le esperienze sofferte da bambini, sia maschi che femmine, che hanno avuto abusi sessuali sembrano abbastanza moderate», inoltre, «l’abuso sessuale su un bambino non necessariamente produce conseguenze negative di lunga durata». Così, si conclude, «il sesso consensuale tra bambini e adulti, e tra adolescenti e bambini, dovrebbe venire descritto in termini più positivi, come “sesso adulto-bambino” e “sesso adolescente- bambino”». L’APA ha invitato a non usare lo studio come un avvallo della pedofilia, ma non ha mai preso le distanze dalle affermazioni contenute.
L’American Psychological Association è anche nota per essere fortemente influenzata (e alcuni dicono ricattata) dall’attivismo omosessuale, fin dagli anni ’70. Un noto ricercatore e attivista gay, Simon LeVay, lo ha ammesso dopo la decisione del 1973 di cancellare l’omosessualità dal DSM (manuale diagnostico dei disturbi mentali): «l’attivismo gay era chiaramente la forza che ha spinto l’APA a declassificare l’omosessualità dai disturbi di mente». Su questa decisione (giusta o sbagliata che sia, non è questo l’argomento), presa per alzata di mano (sic!), sono intervenuti anche due ex presidenti della stessa organizzazione, ovvero Rogers H. Wright e Nicholas A. Cummings.
Nel loro libro “Destructive Trends in Mental Health: The Well Intentioned Path to Harm” (Routledge 2005), scrivono da testimoni oculari dei fatti: «Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders della American Psychiatric Association ha ceduto improvvisamente e completamente a politiche di pressione quando nel 1973 ha rimosso l’omosessualità dalle condizioni di curabilità. Una tempesta politica era stata creata dagli attivisti gay all’interno dell’associazione e gli psichiatri fortemente contrari alla normalizzazione dell’omosessualità sono stati demonizzati e persino minacciati di morte, piuttosto che scientificamente confutati» (pag. 9). All’interno del volume si parla frequentemente dei «gruppi gay all’interno dell’APA» che ne condizionano l’attività ed i pronunciamenti pubblici. Le accuse contro l’APA di inattendibilità scientifica sulla tematica dell’omosessualità sono arrivate anche numerosi altri ex presidenti e responsabili dell’associazione, come Jack G. Wiggins, Robyn Dawes, David Stein e Robert Perloff, che hanno supportato pubblicamente le affermazioni del libro.
Nel 2008 sempre Nicholas A. Cummings, uno degli ex presidenti dell’APA (nonché tra i più influenti psicologi in America) ha raddoppiato la dose: «L’APA ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale. Il pubblico non può più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove sull’omosessualità, piuttosto si deve basare su essa per quel che riguarda l’essere politicamente corretti. Al momento la governance dell’APA è investita da un gruppo elitario di 200 psicologi che si scambiano le varie sedi, commissioni, comitati e il consiglio dei Rappresentanti. La stragrande maggioranza dei 100.000 membri sono essenzialmente privati dei diritti civili. Alla Convenzione APA del 2006 a New Orleans, ho tenuto un discorso intitolato “Psicologia e la necessaria riforma dell’APA”, che è stato ampiamente diffuso nei listserves di psicologia ma è stato totalmente ignorato dalla leadership dell’APA».
Come può dunque essere presa sul serio un’associazione scientifica che si lascia condizionare da forme di lobbysmo, priva di democrazia interna e che ha come nemici così tanti suoi ex presidenti? Come può essere attendibile su questa specifica tematica se la sua principale ricercatrice è Charlotte Patterson, lesbica, convivente e attivista LGBT? Eppure il quotidiano La Stampa ha dato voce ad uno degli attuali responsabili, Clinton Anderson, il quale ha speso buone parole circa le relazioni omosessuali paragonate a quelle eterosessuali, anche se -ha detto- «ancora non possiamo paragonare coppie sposate omo ed eterosessuali perché, negli Usa, il matrimonio gay è consentito solo in alcuni Stati». L’unica differenza, secondo lui, sarebbe la minor durata delle relazioni omosessuali. Peccato che sia stata solo un’intervista di chiaro intento propagandistico (che dovrebbe essere evitato dalle organizzazioni scientifiche) e non abbia potuto citare alcuno studio a suo supporto.
Siamo tuttavia contenti che abbia taciuto sulle adozioni a persone dello stesso sesso, probabilmente consapevole che nel luglio 2012 uno studio pubblicato su “Social Science Research” ha di fatto mostrato la completa infondatezza della posizione “possibilista” dell’American Psychological Association, secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eterosessuali. E’ stato dimostrato che i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi sono inaffidabili dal punto di vista scientifico e, se interpretati correttamente, attestano notevoli differenze sussistenti tra figli adottati da coppie gay conviventi e figli naturali di coppie eterosessuali.
Interessante infine rilevare una sorprendente dichiarazione rilasciata dallo stesso Clinton Anderson, probabilmente considerata pesantemente omofobica dalle lobby di pressione interne all’APA. Egli ha infatti affermato nel 2006: «Io non penso che chiunque di noi sia in disaccordo con l’idea che le persone possano cambiare, perché noi sappiamo che eterosessuali sono diventati omosessuali, così è totalmente ragionevole che persone omosessuali diventino eterosessuali. La questione non è se l’orientamento sessuale può cambiare, ma se risultano efficaci le terapie di cambiamento dell’orientamento sessuale». E’ evidente che la frase finale non ha senso ma è unicamente giustificata da motivi di avversione ideologica. Ribadiamo le parole del dott. Nicholas Cummings, ex presidente dell’APA: «le persone non possono più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove sull’omosessualità, piuttosto ci si deve basare su essa per quel che riguarda l’essere politicamente corretti».
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