La sottile linea di separazione tra profilassi e interruzione volontaria di gravidanza, www.zenit.org/it
Roma, 15 Dicembre 2013 (Zenit.org) Elisabetta Bolzan | 367 hits
Fino a pochi decennio fa, nel linguaggio medico comune, con il termine “aborto” si intendeva l’interruzione volontaria di una gravidanza in atto prima che il feto potesse essere autonomamente vitale, puntando l’attenzione sull’evento biologico più che sulla vita del concepito e assumendo allo stesso tempo come definizione di “gravidanza” quel processo generativo che ha inizio col concepimento (quindi con la fecondazione dell’ovocita da parte del gamete maschile) e ha termine con la nascita di un bambino, così come suggerisce l’obiettività dei dati scientifici.
Nel 1972, però, venne pubblicato dall’American College of Obstetrics and Gynecology (ACOG) un testo dal titolo Obstetric-Gynecologic Terminology in cui si definì la gravidanza come «lo stato di una donna dopo il concepimento e fino al termine della gestazione»[1], associando però il concetto di concepimento non più all’evento della fecondazione bensì a quello dell’impianto in utero dell’embrione a stadio di blastocisti, con ciò oscurando quel periodo di cinque giorni precedenti in cui lo zigote si affaccia all’utero dopo aver attraversato la tuba di Falloppio in cui ha avuto inizio[2].
Ma cos’è – in fondo – un travisamento linguistico di fronte alla trasparenza del dato biologico? Non siamo forse nell’epoca del trionfo della tecnica e della conoscenza come frutto dell’evidenza scientifica? Certo, non ci si sarà lasciati fuorviare da un errore così macroscopico. E invece questa definizione, frutto di una visione ideologica, venne subito recepita, giustificandola in relazione alle tecniche di fecondazione artificiale – che proprio negli anni ’70 conobbero i primi risultati auspicati e perseguiti già da decenni da parte dei ricercatori – tecniche che prevedono che l’ovulo, già fecondato in provetta, venga successivamente – in un tempo più o meno lungo – inserito nell’utero della donna per la quale, in questo caso, l’evento della gestazione ha inizio solo ora. In tal modo però si giunse a riscrivere il concetto di gravidanza in generale. Ma ciò che più interessa è che si giunse ad affermare che ogni intervento che precede l’impianto dell’embrione in utero e che ne provochi un’interruzione nello sviluppo non rientra più nella fattispecie di aborto, e questo rimane tuttora sulla base della vecchia definizione di aborto e della nuova definizione di gravidanza. Ci si chiede, quasi increduli: «Come può essere accaduto che una ridefinizione di un fenomeno così importante, come la gravidanza, sia stata largamente accolta senza che nuovi dati embriologici o ginecologici avessero mutato sostanzialmente le nostre conoscenze?»[3]. Girando le parole hanno creato una nuova realtà o, come meglio scrive John Wilks trattando il tema della Contraccezione preimpiantatoria e di emergenza, «l’ideologia si sostituisce all’oggettività dei fatti scientifici universali»[4]. Infatti nel 1985 la Federazione Internazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici ha ratificato questa comprensione ideologica mediante un pronunciamento della Commissione sugli aspetti medici della riproduzione umana, la quale «condivide i seguenti punti: “la gravidanza avviene solo con l’impianto dell’ovulo fecondato”. Secondo le precedenti definizioni di “concepimento” e di “gravidanza”, un intervento abortivo interrompe una gravidanza solo se successivo all’impianto»[5]. Non si tratta di una semplice definizione stampata su carta, ma della dichiarazione di un organo di portata mondiale capace di influenzare l’opinione pubblica orientandola a considerare una pillola intercettiva come si trattasse di un sistema anticoncezionale e di giustificare una certa azione politica ed economica orientata in tal direzione. Si legge in un articolo – comparso nel 1997 sulla rivista medica The New England Journal of Medicine a firma di D. A. Grimes –: «La gravidanza inizia con l’impianto, non con la fertilizzazione. Le organizzazioni mediche e il governo federale convergono su questo punto»[6]. Da qui a far passare il messaggio che la contraccezione d’emergenza rappresenta un prolungamento della normale metodica anticoncezionale il passo è breve.
Nello stesso anno negli Stati Uniti d’America, considerando che «è stato calcolato che l’uso diffuso della contraccezione di emergenza negli Stati Uniti potrebbe prevenire oltre un milione di aborti e 2 milioni di gravidanze non desiderate che terminano nella nascita di un bambino»[7], la Food and Drug Administration dichiarò che la contraccezione d’emergenza ormonale era un metodo efficace per prevenire gravidanze indesiderate[8]. Si resta sconcertati dinnanzi a dichiarazioni come quella appena citata che non solo oscura totalmente il fatto che anche la contraccezione di emergenza può provocare l’uccisione di un concepito ma che pone pure sullo stesso piano un milione di aborti e la nascita di due milioni di persone con il fatto che queste non sarebbero desiderate. Il criterio di decisione che porta alla diffusione della contraccezione d’emergenza e al suo utilizzo è dunque il desiderio che una donna, una coppia hanno o meno nei confronti del figlio, ideale o reale che sia, sopprimendo di conseguenza l’oggettività che si è di fronte a una vita umana.
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Bibliografia
[1] E. Hughes, Committee of terminology. American College of Obstetrician and Gynaecologists. Obstetric-Gynaecologic Terminology, citato in M. P. faggioni, Aspetti etici della contraccezione d’emergenza, in L. Romano, M. L. Di Pietro, M. P. Faggioni, M. Casini, RU-486, Dall’aborto chimico alla contraccezione di emergenza. Riflessioni biomediche, etiche e giuridiche, ART, Roma, 2008, 130.
[2] Ibid. Cfr. anche J. Wilks, Contraccezione preimpiantatoria e di emergenza, in Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia, EDB, Bologna 20062, 151.
[3] M. P. faggioni, Aspetti etici della contraccezione d’emergenza, 131.
[4] J. Wilks, Contraccezione preimpiantatoria e di emergenza, 150.
[5] H. J. Tatum, E. B. Connell, A decade of intrauterine contraception: 1976 to 1986, citato in J. Wilks, Contraccezione preimpiantatoria e di emergenza, 151.
[6] D. A. Grimes, Emergency contraception. Expanding opportunities for primary prevention, citato in M. P. faggioni, Aspetti etici della contraccezione d’emergenza, 130.
[7] A. Glasier, Emergency postcoital contraception, citato in A. Serra, Deviazioni della medicina: contraccezione di emergenza e aborto chimico, in La Civiltà Cattolica 157 (2006), 535.
[8] Ibid.
(15 Dicembre 2013) © Innovative Media Inc.
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