venerdì 7 marzo 2014

La Svizzera apre a tutto, dall’utero in affitto in giù. I vescovi: «Ci aspettavamo un po’ di riflessione», 7 marzo 2014, di Redazione, www.tempi.it

«Una società dove è permesso tutto ciò che può soddisfare i desideri individuali non necessariamente diventa più umana, ma corre il grande rischio di generare una destrutturazione e una perdita di senso del bene comune». Reagisce «con forza» il Comitato di bioetica della Conferenza episcopale svizzera al parere pubblicato il mese scorso dalla Commissione nazionale d’etica svizzera (Cne). Quest’ultima, come riporta l’Osservatore Romano, prendendo le mosse dall’analisi della fecondazione assistita, regolata da una legge “restrittiva” del 2001, si esprime a favore di uno stravolgimento del concetto di famiglia e dell’approvazione di tecniche controverse come l’utero in affitto.

SÌ ALL’UTERO IN AFFITTO. Nello specifico, il Cne raccomanda l’autorizzazione «della diagnosi pre-impianto», «della donazione di sperma per coppie eterosessuali non sposate», «della donazione di sperma per coppie dello stesso sesso e persone sole» (in quanto «i concetti di “natura” e “naturale” sono costrutti culturali» e la famiglia non è altro se non «una comunità di adulti e bambini»), «della donazione di ovuli e di embrioni» (perché «ritiene che il divieto sia discriminatorio nei confronti della donazione di sperma»), «ritiene che la maternità sostituiva (utero in affitto, ndr) possa essere accettata in linea di principio», raccomanda di riconoscere i bambini concepiti all’estero con maternità surrogata e «si rallegra del progetto di legge riguardante la soppressione del divieto di crioconservazione degli embrioni e ritiene opportuno non determinare il numero massimo di embrioni che possono essere sviluppati».

«ETICA UTILITARISTICA». Il Cne, accusa il Comitato di bioetica dei vescovi, «solleva un profondo malessere da un lato per le sue proposte di liberalizzazione in tutte le direzioni, ma più in generale per la sua concezione della vita e del ruolo dello Stato». Il testo infatti «decostruisce completamente il vivere comune per proporre un’etica minima liberale e utilitaristica». Per Thierry Collaud, presidente del Comitato, la parte più grave del documento è la negazione dell’esistenza «di una struttura di famiglia tradizionale» e l’apertura «alla pratica molto contestata della maternità surrogata».
L’utero in affitto, infatti, «viola la dignità dell’embrione perché posto in un utero estraneo. Viola anche la dignità delle donne che vendono non solo il loro corpo, ma un elemento specifico della loro identità femminile che è quello di essere il ricettacolo del primo sviluppo di una vita umana e di legami inalienabili che si tessono in questa occasione».

ANALISI SUPERFICIALE. Infine, rileva Collaud, il Cne è incredibilmente superficiale nelle sue analisi: «Ci si sarebbe aspettato un serio lavoro di riflessione e sintesi su questioni centrali che riguardano la procreazione medicalmente assistita. Ma la maggior parte del documento non fa che partire dal riconoscimento del “cambiamento sociale” nel campo della procreazione, della vita coniugale e familiare. Non considera tutto questo con uno sguardo critico, ma semplicemente cerca di adattare il suo pensiero. (…) Non si riflette su ciò che veramente è famiglia, ma si rileva che al momento attuale “diverse combinazioni” sono possibili. Si va quindi alla ricerca di una definizione di famiglia che rientra in questo quadro», cioè una banale «comunità di adulti e bambini».

Nessun commento:

Posta un commento