Insegnanti, genitori, cittadini comuni uniti con l’obiettivo di «salvare la scuola». Sono gli “Insegnanti per i bambini”, organizzazione nata l’anno scorso in Francia dopo che «il 4 gennaio 2013 il ministro dell’Educazione Vincent Peillon ha inviato una lettera a tutti i presidi, che cominciava così: “Il governo si è impegnato a lavorare sui giovani per cambiare la loro mentalità”. Più avanti si parlava di “identità di genere“. È allora che abbiamo capito che dovevamo avvertire i genitori e vigilare sugli alunni, perché stavamo per diventare strumenti di propaganda». A raccontare a tempi.it la battaglia dei francesi contro «l’introduzione subdola» a scuola dell’ideologia di genere è Olivier Gosset, presidente dell’associazione.
Quanti insegnanti compongono la vostra associazione?
La nostra associazione comprende 250 membri: una sessantina di iscritti, più di 150 aderenti non iscritti e una trentina di simpatizzanti, genitori di alunni o amici che ci sostengono. Il nostro obiettivo è che l’ideologia di genere scompaia dalla scuola.
Che cosa fate per raggiungere questo obiettivo?
Noi informiamo prima di tutto gli aderenti a questo progetto sul contenuto di questa ideologia, così che ognuno possa constatare e comprendere l’incompatibilità di questa dottrina con le prerogative della scuola. Noi facciamo anche incontri a Lione e in tutta la Francia.
Solo questo?
No, ci facciamo anche sentire manifestando: è tempo di far vedere ai nostri politici che una parte degli insegnanti non è d’accordo e si rifiuta di diventare uno strumento di una causa particolare. Anche per questo lavoriamo con dei giuristi. Bisogna mettere la scuola davanti alle sue responsabilità: il genere viene infatti inserito a scuola in modo illegale.
Quando è nata l’associazione?
È nata dopo che il 4 gennaio 2013 il ministro dell’Educazione Vincent Peillon ha inviato una lettera a tutti i presidi, che cominciava così: «Il governo si è impegnato a lavorare sui giovani per cambiare la loro mentalità». Più avanti si parlava dell’identità di genere. Allora abbiamo capito che dovevamo cominciare a vigilare sui nostri alunni e avvertire i genitori della strumentalizzazione che stava per essere introdotta. In più, abbiamo capito che il ministero voleva farci diventare strumenti di propaganda. Abbiamo deciso di proteggere il nostro mestiere e la nostra vocazione.
Che cosa pensate del programma ABCD dell’uguaglianza?
Questo programma è la prima fessura dalla quale si cerca di introdurre l’ideologia di genere nella scuola: con la scusa di promuovere l’uguaglianza dei sessi, si cerca di negarli. Gli esercizi che questo programma propone incitano i bambini a sperimentare il cambio di sesso. L’esercizio “Danser le Petit Chaperon rouge” propone ai piccoli di mimare il celebre conte di Perrault e chiede ai bambini di fare le bambine e alle bambine di fare il personaggio del lupo. Come si vede, è la nozione di arbitrarietà dei generi che viene utilizzata per lottare contro le disuguaglianze. Questa variazione dell’identità e i presunti benefici che dovrebbe portare sono il cuore della dottrina di genere.
Come si difendono i genitori francesi?
Credo che la prima cosa sia conoscere l’avversario contro cui ci si batte. Il genere è una pseudo-teoria artificiale e complessa che può essere imposta solo con la menzogna e quindi bisogna conoscerla per capire i sotterfugi con cui la si vuole far passare. Bisogna poi essere convinti dei fondamentali: l’alterità sessuale è una realtà ontologica che fa parte del nostro essere umani. Non c’è bisogno di essere cristiani per affermarlo. Lo stesso Marx scriveva: «Il rapporto tra uomo e donna è il più naturale tra esseri umani». Il genere impone dunque una nuova soggettività che vuole fabbricare un’umanità a sua immagine e somiglianza. Bisogna perciò riscoprire che cosa fa di noi uomini e donne per ostacolare l’utopia della indifferenziazione. Infine, questa ideologia che entra a scuola in modo subdolo viola i diritti fondamentali iscritti al cuore delle repubbliche moderne: inviolabilità della coscienza, neutralità dello Stato, libertà educativa lasciata ai genitori. Queste cose dobbiamo conoscerle. La lotta contro il gender è quindi teorica, antropologica e giuridica e ci chiede di diventare più consapevole, più informati e più attivi. Questo compito può sembrare faticoso ma ne va dell’avvenire della nostra società.
I genitori hanno il diritto di decidere l’educazione che la scuola dà ai loro figli?
Sì, questo è un diritto garantito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che all’articolo 26 stipula: «I genitori hanno il diritto…». In Francia il codice civile afferma che «lo Stato garantisce il rispetto della personalità del bambino e dell’azione educativa delle famiglie». Il gender, che vuole far credere che la differenziazione dei sessi sia un costrutto sociale, fa entrare a scuola un’opinione che viola il principio di neutralità dello Stato. Il nostro governo, del resto, ne è del tutto cosciente e per questo si impegna a negare l’esistenza di questa dottrina nelle misure educative che propone. Questo è quasi comico perché i documenti ufficiali non smettono, da due mesi, di essere riscritti: cancellano da tutti sistematicamente il termine “genere”. Questo mi ricorda il celebre romanzo 1984. E per tornare seri, noi sappiamo da Annah Arendt che il tentativo di falsificare il passato è proprio il processo che distingue un regime totalitario. È chiaro quindi che non siamo più in una situazione normale, dove le cose possono essere esposte, dibattute e decise in modo oggettivo. L’utopia del gender non può affermarsi che attraverso la dissimulazione, la menzogna e la violenza legislativa.
E ora che il governo sta sperimentando l’ABCD dell’uguaglianza?
È per questo che stiamo combattendo: perché una volta che questo programma pilota sarà approvato dal ministro, noi saremmo costretti a insegnarlo. È per questo che mettiamo in guardia l’opinione pubblica, i giornalisti e i politici su quello che sta succedendo. La nostra prima missione, in questo senso, è rendere testimonianza alla verità.
Anche in Italia questa ideologia comincia a imporsi. Che consiglio dà ai nostri insegnanti e genitori?
Sono contento di questa domanda perché si può resistere solamente se stiamo uniti. Lo Stato, nel suo tentativo egemonico, cerca di separare gli uni dagli altri: ai genitori nasconde questo obiettivo, agli insegnanti lo impone. Essere uniti vuol dire che gli insegnanti devono informare i genitori, che devono proteggere i loro figli. Solo così potremo salvare la scuola. Da noi poi è stata organizzata da una donna, Farida Belghoul, una protesta particolare: la “Giornata di ritiro dalla scuola”: 18 mila bambini non vanno in classe un giorno al mese. Questa iniziativa radicale ha smosso le acque e ha costretto il governo a tornare indietro sull’introduzione del gender nelle scuole, cercando di minimizzare la cosa. Ma questo gesto ha fatto capire che sono i genitori i primi responsabili dell’educazione dei loro figli. È venuto il momento di rivendicare l’autorità dei genitori sui figli, che viene prima dello Stato. Questa dignità ci fa grandi. Dante, il vostro grande poeta, scriveva: «Lo maggior don che Dio per sua larghezza/ fesse creando, e a la sua bontate/ più conformato, e quel ch’e’ più apprezza,/ fu de la volontà la libertate;/ di che le creature intelligenti,/ e tutte e sole, fuoro e son dotate».
@LeoneGrotti
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